Politica
Colonna: "Il caso 'tartufi' in Consiglio regionale" della Puglia
Il consigliere regionale interviene sull'ok in commissione regionale
Corato - martedì 21 gennaio 2020
10.39 Comunicato Stampa
In merito al via libera in commissione regionale alle modifiche del regolamento sulla raccolta dei tartufi interviene il consigliere regionale Colonna.
Stamane, in IV Commissione consiliare, il voto compatto di tutti i componenti dei gruppi di opposizione (centrodestra e M5S) ha consentito nuovamente (dopo un precedente tentativo risalente ad un anno fa) la soppressione della disposizione, contenuta nella legge regionale n. 8/2015 in materia di raccolta dei tartufi, che prevede, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni per la raccolta nelle aree protette, un criterio di priorità a favore dei residenti in tali ambiti territoriali.
Tutto mi sarei aspettato, tranne che prendere atto di un impulso, tenace e irrefrenabile, a creare ad arte un caso "tartufi" in Consiglio regionale, di cui, credo, alcuno avvertiva e avverte la necessità.
Le argomentazioni offerte dai colleghi promotori dell'iniziativa non convincono, non tengono conto del quadro normativo d'insieme, deformano la realtà.
La norma attualmente vigente (art. 4 della l.r. 8/2015), letta nel suo complesso, prevede che sia la Regione, assieme agli organismi di gestione delle aree protette, a stabilire "modalità e tempi per esercitare la ricerca e la raccolta di tartufi nelle aree ricomprese negli ambiti amministrativi degli enti parco nazionali e regionali, stabilendo il numero massimo delle autorizzazioni che possono essere rilasciate … in relazione alla necessità di non alterare gli ecosistemi che caratterizzano le aree di raccolta".
Su questo tema, molte regioni sono intervenute con legge a disciplinare i criteri per selezionare l'accesso a questa risorsa della terra, tra cui anche quello della residenza o quello che fa salva l'utenza territoriale nelle aree gravate da demani collettivi o usi civici.
Cosa non è chiaro - verrebbe da chiedere - nella formulazione della norma pugliese allorquando si precisa che, in condizioni di parità di requisiti per l'ottenimento delle autorizzazioni alla raccolta, è stabilita semplicemente una priorità a favore dei residenti nelle aree protette, senza che siano previste esclusioni di sorta a danno di alcuno?
Sfugge forse che la legge quadro sulle aree protette (n. 394/91), proprio a fronte del particolare e stringente regime vincolistico cui sono sottoposte dette aree, prevede azioni positive di valorizzazione del territorio e delle comunità residenti, come, appunto, le iniziative dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività, tra le quali ben può rientrare la possibilità di conseguire l'autorizzazione alla raccolta di prodotti spontanei come i tartufi, in via preferenziale rispetto ai non residenti.
La previsione legislativa del criterio di priorità per i residenti, ribadisco, non esclude affatto la possibilità per alcuno di conseguire l'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di raccolta, ma si limita a introdurre un semplice criterio di priorità a favore dei residenti nel rilascio di tali autorizzazioni, proprio in coerenza con lo spirito e l'impianto normativo della legge quadro nazionale.
E questo vale a maggior ragione in territori, ad esempio, come la Murgia o il Gargano (due aree pugliesi in cui insistono parchi nazionali), che da secoli sono altresì gravate in larga parte anche da usi civici, vale a dire la possibilità di trarre utilità dal terreno riconosciuta in favore proprio di chi abita quei territori e che contano su una popolazione, rispettivamente, di quasi mezzo milione e oltre duecentomila persone.
Proprio per questo, l'ostentato richiamo alla "lotta ai privilegi" (dei residenti!) e alla "parità dei diritti", che meriterebbe certamente miglior campo di applicazione e dedizione, non ha alcun senso. Soprattutto, nella realtà, si traduce in un'ulteriore mortificazione delle aspettative di cittadini e operatori che risiedono e operano nei territori delle aree protette, del cui regime, secondo i promotori dell'iniziativa legislativa passata oggi in commissione, devono avvertire unicamente i vincoli, le limitazioni, e non gli effetti (pur piccoli, impercettibili, come nel caso della "priorità nel rilascio delle autorizzazioni per la raccolta dei tartufi") di azioni positive e di "iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all'interno" dei parchi (come pure prescrive l'art. 14 della legge quadro sulle aree protette n. 394/91).
Mi auguro che, con il passaggio in Aula della proposta di legge, tutti i Colleghi Consiglieri possano inquadrare negli esatti termini la questione.
Stamane, in IV Commissione consiliare, il voto compatto di tutti i componenti dei gruppi di opposizione (centrodestra e M5S) ha consentito nuovamente (dopo un precedente tentativo risalente ad un anno fa) la soppressione della disposizione, contenuta nella legge regionale n. 8/2015 in materia di raccolta dei tartufi, che prevede, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni per la raccolta nelle aree protette, un criterio di priorità a favore dei residenti in tali ambiti territoriali.
Tutto mi sarei aspettato, tranne che prendere atto di un impulso, tenace e irrefrenabile, a creare ad arte un caso "tartufi" in Consiglio regionale, di cui, credo, alcuno avvertiva e avverte la necessità.
Le argomentazioni offerte dai colleghi promotori dell'iniziativa non convincono, non tengono conto del quadro normativo d'insieme, deformano la realtà.
La norma attualmente vigente (art. 4 della l.r. 8/2015), letta nel suo complesso, prevede che sia la Regione, assieme agli organismi di gestione delle aree protette, a stabilire "modalità e tempi per esercitare la ricerca e la raccolta di tartufi nelle aree ricomprese negli ambiti amministrativi degli enti parco nazionali e regionali, stabilendo il numero massimo delle autorizzazioni che possono essere rilasciate … in relazione alla necessità di non alterare gli ecosistemi che caratterizzano le aree di raccolta".
Su questo tema, molte regioni sono intervenute con legge a disciplinare i criteri per selezionare l'accesso a questa risorsa della terra, tra cui anche quello della residenza o quello che fa salva l'utenza territoriale nelle aree gravate da demani collettivi o usi civici.
Cosa non è chiaro - verrebbe da chiedere - nella formulazione della norma pugliese allorquando si precisa che, in condizioni di parità di requisiti per l'ottenimento delle autorizzazioni alla raccolta, è stabilita semplicemente una priorità a favore dei residenti nelle aree protette, senza che siano previste esclusioni di sorta a danno di alcuno?
Sfugge forse che la legge quadro sulle aree protette (n. 394/91), proprio a fronte del particolare e stringente regime vincolistico cui sono sottoposte dette aree, prevede azioni positive di valorizzazione del territorio e delle comunità residenti, come, appunto, le iniziative dirette a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività, tra le quali ben può rientrare la possibilità di conseguire l'autorizzazione alla raccolta di prodotti spontanei come i tartufi, in via preferenziale rispetto ai non residenti.
La previsione legislativa del criterio di priorità per i residenti, ribadisco, non esclude affatto la possibilità per alcuno di conseguire l'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di raccolta, ma si limita a introdurre un semplice criterio di priorità a favore dei residenti nel rilascio di tali autorizzazioni, proprio in coerenza con lo spirito e l'impianto normativo della legge quadro nazionale.
E questo vale a maggior ragione in territori, ad esempio, come la Murgia o il Gargano (due aree pugliesi in cui insistono parchi nazionali), che da secoli sono altresì gravate in larga parte anche da usi civici, vale a dire la possibilità di trarre utilità dal terreno riconosciuta in favore proprio di chi abita quei territori e che contano su una popolazione, rispettivamente, di quasi mezzo milione e oltre duecentomila persone.
Proprio per questo, l'ostentato richiamo alla "lotta ai privilegi" (dei residenti!) e alla "parità dei diritti", che meriterebbe certamente miglior campo di applicazione e dedizione, non ha alcun senso. Soprattutto, nella realtà, si traduce in un'ulteriore mortificazione delle aspettative di cittadini e operatori che risiedono e operano nei territori delle aree protette, del cui regime, secondo i promotori dell'iniziativa legislativa passata oggi in commissione, devono avvertire unicamente i vincoli, le limitazioni, e non gli effetti (pur piccoli, impercettibili, come nel caso della "priorità nel rilascio delle autorizzazioni per la raccolta dei tartufi") di azioni positive e di "iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all'interno" dei parchi (come pure prescrive l'art. 14 della legge quadro sulle aree protette n. 394/91).
Mi auguro che, con il passaggio in Aula della proposta di legge, tutti i Colleghi Consiglieri possano inquadrare negli esatti termini la questione.