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Giornalismo e disabilità: da "handicap" a "menomazione", parole da non usare

Una nuova “carta deontologica” per i giornalisti, che insegni loro a parlare correttamente di disabilità

Una nuova "carta deontologica" per i giornalisti, che insegni loro a parlare correttamente di disabilità: la proposta arriva da FIABA, Federazione Italiana per l'Abbattimento delle Barriere Architettoniche, e presentata lunedì 19 a Roma, presso l'aula magna della Lumsa, alla presenza della presidente dell'Ordine dei Giornalisti Lazio Paola Spadari. "Utilizzare la terminologia appropriata è indispensabile per il giornalista per poter divulgare un'informazione corretta", spiega FIABA, nel documento che chiama a raccolta "tutti i soggetti che vogliono dare un loro contributo alla stesura della Carta vera e propria".

L'attenzione che c'è …
L'iniziativa trae spunto da altre recenti carte deontologiche adottate dall'Ordine dei Giornalisti, prima fra tutte la Carta di Roma, nata nel 2008 "con l'intento di arrestare la diffusione di termini discriminatori nei confronti dei rifugiati politici o degli immigrati economici che alcuni quotidiani, anche di tiratura nazionale, stavano favorendo". FIABA fa riferimento anche alla Carta di Milano, redatta nel 2013 dal CNOG, Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, che al punto 2 invita "a usare termini appropriati in tutti i casi in cui un detenuto usufruisce di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari evitando di sollevare un ingiustificato allarme sociale e di rendere più difficile un percorso di reinserimento sociale che avviene sotto stretta sorveglianza".

… e l'attenzione che manca.
Nessuna carta deontologia è stata però finora dedicata dall'Ordine dei Giornalisti al tema della disabilità, "non si è riservata la stessa attenzione nell'utilizzo di termini come handicappato o menomazione - osserva FIABA -. Nella Carta di Perugia, compilata nel 1995, che si occupa dei 'diritti del malato', all'articolo 12 si legge: È comune intento la tutela dei diritti dei soggetti deboli, in particolare minori, handicappati ed anziani. Si dirà che la Carta di Perugia è un documento del '95 che non ha più valore giuridico, in quanto recepito dal "Testo Unico" del 3 febbraio del 2016". FIABA però osserva che "lo stesso 'Testo Unico', presenta, all'articolo 6, la seguente prescrizione: il giornalista rispetta i diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali. Incontestabile è il cinismo espresso nella perifrasi persone portatrici di menomazione - riprende FIABA - in un testo redatto a febbraio del 2016, tuttora in vigore".

"Persone con ridotta mobilità", ecco l'espressione corretta.
E' ora, insomma, che il giornalismo ponga attenzione al linguaggio che impiega nel riferirsi alla disabilità: "si è discusso, nel corso dei decenni, su quale fosse il termine più appropriato per indicare la persona con disabilità - riferisce FIABA -. Sono stati creati e diffusi neologismi, ma non si è mai raggiunta una omogeneità né si è mai trovato un termine che raggruppasse diverse sensibilità, storie, convinzioni". Di qui la proposta di FIABA: "rifacendoci alla Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, in questa proposta Carta deontologica delle Prm ci pare necessario prescrivere alcuni termini, piuttosto che proporne di nuovi". In particolare, la proposta di FIABA è che, nel riferirsi alle persone con disabilità, innanzitutto si adotti l'acronimo PRM, che sta per "Persona con Ridotta Mobilità" (person with reduced mobility), già adottato a livello internazionale negli aeroporti. Chiede poi che sia completamente abbandonato il termine "handicap", mentre non venga mai sostantivato l'aggettivo "disabile". In altre parole, "si può parlare di persona disabile – spiega FIABA – ma non di disabile. Si rischia altrimenti di creare un termine collettivo, che va ad indicare una minoranza, insomma una discriminazione".

I termini da mettere al bando.
Altri termini da bandire del tutto sono "menomazione" e "menomato", come pure "diversamente abile" e "diversabile", che "hanno assunto un carattere di politically correct e sembrano avulsi dalla condizione reale della persona con disabilità". FIABA definisce poi "semanticamente agghiacciante", ma "tanto cara allo stile giornalistico di questi anni" l'espressione "costretto su una sedia a rotelle" e riporta diversi esempi, tratti da vari quotidiani, in cui questa espressione viene impiegata. Ma "la sedia a rotelle è un facilitatore, uno strumento di liberazione - osserva FIABA - e non può diventare lo stesso simbolo dalla disabilità: l'Onu stessa ha fatto un passo indietro epurando dalla simbolistica sulla disabilità l'immagine della persona in carrozzina e sostituendola con un'immagine stilizzata dell'uomo vitruviano. Il messaggio è chiaro: l'uomo come misura di tutte le cose. E proprio così deve essere se si vuole costruire una società inclusiva ed accessibile".

"Un paletto alla deriva sensazionalistica".
Così il presidente di FIABA Trieste ci spiega il senso e lo scopo dell'iniziativa: "Abbiamo sentito l'urgenza di una carta deontologica che fissi dei paletti alla deriva sensazionalistica della narrazione giornalistica italiana, particolarmente sul tema delle disabilità, dove il pietismo la fa da padrone. In più secondo la proposta promossa dal nostro ufficio stampa Nicola Stacchietti, vanno rivisti alcuni passaggi del testo unico dei doveri del giornalista, che ha recepito le vecchie carte deontologiche, in alcuni casi senza aggiornare il loro registro lessicale e contenutistico, che risale a oltre 20 anni fa. Non ci aspettavamo questa risonanza – commenta – ci hanno già contattato anche dalla Campania, dal Veneto e da L'Aquila per replicare l'evento".

Fonte: FIABA – Federazione Italiana Abbattimento Barriere Architettoniche
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