In... Condominio
L’amministratore intasca i soldi e non paga le bollette?
Scatta il reato di “appropriazione indebita”
venerdì 29 giugno 2018
10.35
Vi sarà sicuramente capitato di sentire casi di amministratori di condominio fuggiti con la cassa condominiale, o che abbia utilizzato le somme versategli per usi diversi e personali. In questi casi, a pagarne le conseguenze sarebbero i condòmini, costretti a coprire personalmente i "buchi" o a ricostruire la cassa comune per pagare i debiti con i creditori.
Fortunatamente vi posso rassicurare del fatto che tali casi sono comunque davvero molto rari.
L'amministratore è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in genere, di qualsiasi inadempimento dei suoi obblighi legali o regolamentari. Per cui, nel caso si verifichi un ammanco di cassa o nel caso in cui le risorse patrimoniali non vengano utilizzate per le finalità tipiche della realtà organizzativa condominiale, l'ordinamento giuridico offre la possibilità ai condòmini di rivalersi nei confronti dell'amministratore e ottenere il ristoro dei pregiudizi subiti.
La responsabilità civile dell'amministratore sarebbe sia contrattuale, che trova fondamento nel rapporto di mandato ai sensi dell'art. 1710 cod. civ., sia extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., in quanto proveniente da atto illecito.
Accanto alla responsabilità civile, assume rilevanza la responsabilità penale dello stesso amministratore di condominio disonesto. Infatti, la condotta in esame può integrare gli estremi del reato di cui all'art. 646 cod. pen.: appropriazione indebita. Sulla questione, nel rapporto tra amministratore e condòmini, è intervenuta, a conferma di un orientamento già prevalente, una recente sentenza della Corte di Cassazione secondo la quale il reato di appropriazione indebita è ravvisabile «ogni qualvolta l'amministratore di condominio, anziché dare corso ai suoi obblighi, dia le somme a lui rimesse dai condòmini una destinazione del tutto incompatibile con il mandato ricevuto e coerente invece con sue finalità personali» (Cass. Penale, sentenza n. 19729 del 7 maggio 2018).
Lo stesso reato si configura anche quando l'ammanco dalla cassa condominiale sia esiguo (Cass. Penale, sentenza n. 36022/2012); ma nel caso in cui il danno economico sia particolarmente rilevante, ricorre anche l'aggravante ex art. 61, n. 1, cod. pen. del "danno patrimoniale di particolare gravità". Ulteriore aggravante sarebbe quella della "continuazione", sancita dall'art. 81 cod. pen., nel momento in cui la sottrazione di denaro da parte dell'amministratore avvenisse periodicamente.
Il consiglio, per ridurre i già minimi rischi, è quello di affidarvi comunque a professionisti seri e preparati.
Se avete domande o dubbi da chiarire sull'argomento potete scrivere a redazione@coratoviva.it. Le risposte non si faranno attendere.
Fortunatamente vi posso rassicurare del fatto che tali casi sono comunque davvero molto rari.
L'amministratore è responsabile dei danni cagionati dalla sua negligenza, dal cattivo uso dei suoi poteri e, in genere, di qualsiasi inadempimento dei suoi obblighi legali o regolamentari. Per cui, nel caso si verifichi un ammanco di cassa o nel caso in cui le risorse patrimoniali non vengano utilizzate per le finalità tipiche della realtà organizzativa condominiale, l'ordinamento giuridico offre la possibilità ai condòmini di rivalersi nei confronti dell'amministratore e ottenere il ristoro dei pregiudizi subiti.
La responsabilità civile dell'amministratore sarebbe sia contrattuale, che trova fondamento nel rapporto di mandato ai sensi dell'art. 1710 cod. civ., sia extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., in quanto proveniente da atto illecito.
Accanto alla responsabilità civile, assume rilevanza la responsabilità penale dello stesso amministratore di condominio disonesto. Infatti, la condotta in esame può integrare gli estremi del reato di cui all'art. 646 cod. pen.: appropriazione indebita. Sulla questione, nel rapporto tra amministratore e condòmini, è intervenuta, a conferma di un orientamento già prevalente, una recente sentenza della Corte di Cassazione secondo la quale il reato di appropriazione indebita è ravvisabile «ogni qualvolta l'amministratore di condominio, anziché dare corso ai suoi obblighi, dia le somme a lui rimesse dai condòmini una destinazione del tutto incompatibile con il mandato ricevuto e coerente invece con sue finalità personali» (Cass. Penale, sentenza n. 19729 del 7 maggio 2018).
Lo stesso reato si configura anche quando l'ammanco dalla cassa condominiale sia esiguo (Cass. Penale, sentenza n. 36022/2012); ma nel caso in cui il danno economico sia particolarmente rilevante, ricorre anche l'aggravante ex art. 61, n. 1, cod. pen. del "danno patrimoniale di particolare gravità". Ulteriore aggravante sarebbe quella della "continuazione", sancita dall'art. 81 cod. pen., nel momento in cui la sottrazione di denaro da parte dell'amministratore avvenisse periodicamente.
Il consiglio, per ridurre i già minimi rischi, è quello di affidarvi comunque a professionisti seri e preparati.
Se avete domande o dubbi da chiarire sull'argomento potete scrivere a redazione@coratoviva.it. Le risposte non si faranno attendere.