Attualità
Trentennale della strage di Capaci, il messaggio del Sindaco De Benedittis
«In me, come in tanti ventenni di allora, insorse la volontà di reagire: avevamo bisogno di dirci che c'era un'altra Italia»
Corato - lunedì 23 maggio 2022
7.51
Corrado De Benedittis, Sindaco di Corato, ha diffuso un messaggio in occasione del trentesimo anniversario dell'attentato di Capaci nel quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Il primo cittadino ha invitato tutti i coratini a partecipare alle iniziative previste sul territorio (clic per saperne di più).
«Quando irruppe la notizia che Giovanni Falcone era saltato per aria, a Capaci, mi trovavo a casa, studiavo, per un esame imminente, che avrei dovuto sostenere qualche giorno dopo, all'Università e che invece rinviai all'anno successivo» ha ricordato De Benedittis.
«Entrai in una dimensione di sospensione, di perdita radicale del senso e della fiducia nel cambiamento.
Era stato ammazzato Giovanni, il giudice che aveva portato le inchieste di mafia, fuori dalle aule giudiziarie, in tv, sui giornali, nelle università, affinché il Paese capisse che la mafia era un problema nazionale, trasversale alle istituzioni, alle imprese, alle banche, ai partiti politici.
In me, come in tanti e tante ventenni di allora, insorse la volontà di reagire.
Dopo alcune ore, ci ritrovammo per strada, nelle piazze, avevamo bisogno di dirci che c'era un'altra Italia, un Paese diverso e che avevamo il dovere di resistere, di lottare, di rivendicare il diritto a un futuro diverso.
Oggi, da Sindaco di Corato, con grande commozione, invito tutta la cittadinanza a partecipare alla cerimonia in memoria di Giovanni Falcone, un uomo più vivo che mai, che parla al Paese, insieme a Francesca Morvillo, sua, moglie, a Vito Schifani, Antonio Montinari, Rocco Dicillo agenti di scorta».
«Quando irruppe la notizia che Giovanni Falcone era saltato per aria, a Capaci, mi trovavo a casa, studiavo, per un esame imminente, che avrei dovuto sostenere qualche giorno dopo, all'Università e che invece rinviai all'anno successivo» ha ricordato De Benedittis.
«Entrai in una dimensione di sospensione, di perdita radicale del senso e della fiducia nel cambiamento.
Era stato ammazzato Giovanni, il giudice che aveva portato le inchieste di mafia, fuori dalle aule giudiziarie, in tv, sui giornali, nelle università, affinché il Paese capisse che la mafia era un problema nazionale, trasversale alle istituzioni, alle imprese, alle banche, ai partiti politici.
In me, come in tanti e tante ventenni di allora, insorse la volontà di reagire.
Dopo alcune ore, ci ritrovammo per strada, nelle piazze, avevamo bisogno di dirci che c'era un'altra Italia, un Paese diverso e che avevamo il dovere di resistere, di lottare, di rivendicare il diritto a un futuro diverso.
Oggi, da Sindaco di Corato, con grande commozione, invito tutta la cittadinanza a partecipare alla cerimonia in memoria di Giovanni Falcone, un uomo più vivo che mai, che parla al Paese, insieme a Francesca Morvillo, sua, moglie, a Vito Schifani, Antonio Montinari, Rocco Dicillo agenti di scorta».