Associazioni
"Siamo accanto alle famiglie nella battaglia per la giustizia e la verità"
La nota del Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti umani
Corato - domenica 12 luglio 2020
0.06 Comunicato Stampa
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in occasione del IV anniversario del disastro ferroviario della Bari Nord-Andria-Corato in cui persero la vita 23 persone intende ripercorrere quei giorni di dolore che hanno distrutto la vita di 23 famiglie e che hanno segnato profondamente il Nostro Paese e la storia delle ferrovie italiane.
Si tratta di uno dei più gravi incidenti mai avvenuti in Puglia e uno dei più gravi che ha colpito il Nostro Paese.
Arrivi, partenze, attese, ritardi, saluti, batticuori. Quando pensiamo a un treno pensiamo a questo. Forse i più romantici pensano ai paesaggi che guarderanno dal finestrino e una volta lì dentro, chissà, guarderanno i loro vicini, scruteranno il vagone: troppo pieno, troppo vuoto, spesso sporco.
Ma nessun viaggiatore assocerà, mai, al più bel mezzo pubblico che esista l'idea della morte che ti strappa alla vita, quando la vita la stai vivendo in pieno. E quella mattina le vittime dell'incidente ferroviario in Puglia, quasi tutte giovani, la vita la stavano omaggiando nel migliore dei modi. Tonio aveva appena 15 anni. Alessandra e Rossella iniziavano ad apprezzare la bellezza della loro età. E così altri loro coetanei. Poi tutto a un tratto l'apocalisse.
Nella tratta Andria-Corato, quella maledettissima mattina di luglio, qualcosa andò storto nel sistema delle comunicazioni, e due treni ricevettero il via libera per partire in direzione opposta sul binario unico dove impattarono. L'incidente avvenne in un tratto in cui la natura verdeggiante e gli alberi d'ulivo riducevano la visibilità ai macchinisti. Così la curva fu fatale e i due treni, autorizzati a procedere dai due capistazione di Andria e di Corato, si scontrarono frontalmente. L'impatto fu devastante, delle quattro carrozze, tre furono completamente disintegrate. Le indagini successive confermarono quello che fin da subito fu chiaro, la causa dell'incidente fu un errore umano, fu una cattiva gestione nel sistema delle telefonate che per prassi avvenivano regolarmente prima della partenza dei treni.
Erano 80 le persone a bordo, 23 persero la vita, 51 riportarono ferite più o meno gravi. Inoltre, le operazioni di soccorso non furono semplici per la mancanza di una strada che conducesse al luogo della tragedia. Tutta la comunità animata da buoni sentimenti e solidarietà partecipò al dolore, fornendo acqua, provviste, raccogliendo i corpi dei propri fratelli. I soccorritori scavarono senza sosta, a mani nude, tra le lamiere, senza mai smettere di sperare di sentire un lamento, una voce. In poche ore si riempì sempre più di feriti l'ospedale da campo costruito repentinamente per far fronte all'emergenza.
Il processo successivamente è stato lungo, doloroso e complicato. Numerosissimi sono stati i testimoni, 18 in tutto le persone sotto processo coinvolte in gravissime accuse tra le quali: violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, mancanza di corsi di aggiornamento professionale, inadeguatezza nel sistema del blocco telefonico e soprattutto omicidio colposo e lesioni gravi colpose. Inoltre, in sede processuale è emersa un'altra informazione allarmante da valutare seriamente, negli ultimi anni l'aumento del numero dei convogli sul tratto in cui è avvenuto il disastro ferroviario era passato da 40, degli anni '80, ai 180, del 2016.
Come spesso succede in ogni tragedia, ci sono troppi numeri, troppi dati, troppa lentezza che offende ed esaspera i familiari delle vittime i quali aspettano pazienti, da anni, solo verità e giustizia.
Il CNDDU, alla vigilia di una giornata così straziante per la memoria collettiva, intende essere accanto alle famiglie delle vittime per sostenerle in questa battaglia per la giustizia e la verità. Intende, inoltre, come sempre non fermarsi a un numero, ma ricordare nome per nome le 23 persone che hanno perso la loro vita nella tragedia ferroviaria. Chiediamo, quindi, un pensiero per: Albino, Enrico, Fulvio, Tonio, Donata, Luciano, Alessandra, Giuseppe, Pasquale, Serafina, Rossella, Jolanda, Maurizi, Gabriele, Pasqua, Maria, Francesco, Salvatore, Michele, Gabriele, Giulia, Nicola, Giovanni.
Siamo convinti che ogni tragedia per quanto ingiusta, orribile e, talvolta, evitabile ci consegni sempre un insegnamento onde evitare il ripetersi dell'orrore. Sta a noi fare in modo che non si ripeta più il disastro. Sta nella nostra capacità di imparare dagli errori commessi, nella nostra coscienza che deve guidarci come il faro del bene civile, nel nostro operato che deve essere orientato verso obiettivi costruttivi. L'Italia è la nostra casa e ha bisogno di attenzione, di cure, di tutela e di manutenzione. Tutto questo è amore per il proprio Paese. Solo abbandonando le strade infruttuose e fuorvianti delle omissioni, delle distrazioni, dei profitti ingiusti e dei ritardi nelle decisioni possiamo, forse, commemorare ogni anno i nostri fratelli con una coscienza restaurata.
Prof.ssa Rosa Manco
Si tratta di uno dei più gravi incidenti mai avvenuti in Puglia e uno dei più gravi che ha colpito il Nostro Paese.
Arrivi, partenze, attese, ritardi, saluti, batticuori. Quando pensiamo a un treno pensiamo a questo. Forse i più romantici pensano ai paesaggi che guarderanno dal finestrino e una volta lì dentro, chissà, guarderanno i loro vicini, scruteranno il vagone: troppo pieno, troppo vuoto, spesso sporco.
Ma nessun viaggiatore assocerà, mai, al più bel mezzo pubblico che esista l'idea della morte che ti strappa alla vita, quando la vita la stai vivendo in pieno. E quella mattina le vittime dell'incidente ferroviario in Puglia, quasi tutte giovani, la vita la stavano omaggiando nel migliore dei modi. Tonio aveva appena 15 anni. Alessandra e Rossella iniziavano ad apprezzare la bellezza della loro età. E così altri loro coetanei. Poi tutto a un tratto l'apocalisse.
Nella tratta Andria-Corato, quella maledettissima mattina di luglio, qualcosa andò storto nel sistema delle comunicazioni, e due treni ricevettero il via libera per partire in direzione opposta sul binario unico dove impattarono. L'incidente avvenne in un tratto in cui la natura verdeggiante e gli alberi d'ulivo riducevano la visibilità ai macchinisti. Così la curva fu fatale e i due treni, autorizzati a procedere dai due capistazione di Andria e di Corato, si scontrarono frontalmente. L'impatto fu devastante, delle quattro carrozze, tre furono completamente disintegrate. Le indagini successive confermarono quello che fin da subito fu chiaro, la causa dell'incidente fu un errore umano, fu una cattiva gestione nel sistema delle telefonate che per prassi avvenivano regolarmente prima della partenza dei treni.
Erano 80 le persone a bordo, 23 persero la vita, 51 riportarono ferite più o meno gravi. Inoltre, le operazioni di soccorso non furono semplici per la mancanza di una strada che conducesse al luogo della tragedia. Tutta la comunità animata da buoni sentimenti e solidarietà partecipò al dolore, fornendo acqua, provviste, raccogliendo i corpi dei propri fratelli. I soccorritori scavarono senza sosta, a mani nude, tra le lamiere, senza mai smettere di sperare di sentire un lamento, una voce. In poche ore si riempì sempre più di feriti l'ospedale da campo costruito repentinamente per far fronte all'emergenza.
Il processo successivamente è stato lungo, doloroso e complicato. Numerosissimi sono stati i testimoni, 18 in tutto le persone sotto processo coinvolte in gravissime accuse tra le quali: violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, mancanza di corsi di aggiornamento professionale, inadeguatezza nel sistema del blocco telefonico e soprattutto omicidio colposo e lesioni gravi colpose. Inoltre, in sede processuale è emersa un'altra informazione allarmante da valutare seriamente, negli ultimi anni l'aumento del numero dei convogli sul tratto in cui è avvenuto il disastro ferroviario era passato da 40, degli anni '80, ai 180, del 2016.
Come spesso succede in ogni tragedia, ci sono troppi numeri, troppi dati, troppa lentezza che offende ed esaspera i familiari delle vittime i quali aspettano pazienti, da anni, solo verità e giustizia.
Il CNDDU, alla vigilia di una giornata così straziante per la memoria collettiva, intende essere accanto alle famiglie delle vittime per sostenerle in questa battaglia per la giustizia e la verità. Intende, inoltre, come sempre non fermarsi a un numero, ma ricordare nome per nome le 23 persone che hanno perso la loro vita nella tragedia ferroviaria. Chiediamo, quindi, un pensiero per: Albino, Enrico, Fulvio, Tonio, Donata, Luciano, Alessandra, Giuseppe, Pasquale, Serafina, Rossella, Jolanda, Maurizi, Gabriele, Pasqua, Maria, Francesco, Salvatore, Michele, Gabriele, Giulia, Nicola, Giovanni.
Siamo convinti che ogni tragedia per quanto ingiusta, orribile e, talvolta, evitabile ci consegni sempre un insegnamento onde evitare il ripetersi dell'orrore. Sta a noi fare in modo che non si ripeta più il disastro. Sta nella nostra capacità di imparare dagli errori commessi, nella nostra coscienza che deve guidarci come il faro del bene civile, nel nostro operato che deve essere orientato verso obiettivi costruttivi. L'Italia è la nostra casa e ha bisogno di attenzione, di cure, di tutela e di manutenzione. Tutto questo è amore per il proprio Paese. Solo abbandonando le strade infruttuose e fuorvianti delle omissioni, delle distrazioni, dei profitti ingiusti e dei ritardi nelle decisioni possiamo, forse, commemorare ogni anno i nostri fratelli con una coscienza restaurata.
Prof.ssa Rosa Manco
CNDDU