Cronaca
Novanta condanne nel processo "Pandora". Irrogati oltre 700 anni di carcere
Tra gli imputati anche il coratino Michael Bottone
Corato - martedì 28 gennaio 2020
19.47
Novanta condanne e una sola assoluzione. È quanto stabilito dal gup del Tribunale di Bari Rossana de Cristofaro al termine del processo Pandora, ribattezzato così dal nome del vaso della mitologia greca all'interno del quale sarebbero racchiusi tutti i mali della mafia barese degli ultimi 15 anni. Il processo è stato celebrato con rito abbreviato.
Le pene inflitte per i 90 imputati sono comprese tra i 12 anni e i 16 mesi di reclusione.
Alla lettura del dispositivo, nell'aula bunker di Trani, hanno assistito il procuratore Giuseppe Volpe e i pm che hanno coordinato le indagini, Lidia Giorgio e Renato Nitti. Gli imputati, tutti affiliati ai due clan Diomede-Mercante e Capriati di Bari, rispondevano a vario titolo di associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e violazioni della sorveglianza speciale. Tra le condanne più elevate, quelle ai boss di Bari e Bitonto, Nicola Diomede (11 anni e 4 mesi) e Domenico Conte (10 anni e 8 mesi), e al pregiudicato Gioacchino Baldassarre (12 anni).
Tra gli imputati anche il coratino Michael Bottone, condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione.
L'indagine diretta dalla DDA di Bari e condotta dal ROS ha dimostrato che entrambi i sodalizi avevano delle articolazioni presenti in vari comuni della provincia di Bari (Valenzano, Bitonto, Adelfia, Triggiano, Altamura, Corato, Terlizzi), e di Barletta-Andria-Trani (Bisceglie, Trani).
Si tratta del più complesso processo mai celebrato in Italia interamente in videoconferenza: la Amministrazione penitenziaria ha contribuito alla gestione di decine di collegamenti in videoconferenza con altrettanti istituti penitenziari.
Con una percentuale di condanne per il delitto di associazione di stampo mafioso superiore al 98.9 % in sede di giudizio abbreviato e per la totale assenza di annullamenti in fase cautelare in relazione al quadro indiziario, il procedimento costituisce sicuramente uno straordinario risultato sotto il profilo della tecnica investigativa, avendo anche consentito di ricostruire un articolato arco temporale della vita di due tra i principali clan del territorio barese, anche in ambiti territoriali ( per esempio Bitonto e Terlizzi ), nei quali ad oggi non vi sono sentenze definitive che statuiscano l' operatività di sodalizi mafiosi.
Le pene inflitte per i 90 imputati sono comprese tra i 12 anni e i 16 mesi di reclusione.
Alla lettura del dispositivo, nell'aula bunker di Trani, hanno assistito il procuratore Giuseppe Volpe e i pm che hanno coordinato le indagini, Lidia Giorgio e Renato Nitti. Gli imputati, tutti affiliati ai due clan Diomede-Mercante e Capriati di Bari, rispondevano a vario titolo di associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e violazioni della sorveglianza speciale. Tra le condanne più elevate, quelle ai boss di Bari e Bitonto, Nicola Diomede (11 anni e 4 mesi) e Domenico Conte (10 anni e 8 mesi), e al pregiudicato Gioacchino Baldassarre (12 anni).
Tra gli imputati anche il coratino Michael Bottone, condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione.
L'indagine diretta dalla DDA di Bari e condotta dal ROS ha dimostrato che entrambi i sodalizi avevano delle articolazioni presenti in vari comuni della provincia di Bari (Valenzano, Bitonto, Adelfia, Triggiano, Altamura, Corato, Terlizzi), e di Barletta-Andria-Trani (Bisceglie, Trani).
Si tratta del più complesso processo mai celebrato in Italia interamente in videoconferenza: la Amministrazione penitenziaria ha contribuito alla gestione di decine di collegamenti in videoconferenza con altrettanti istituti penitenziari.
Con una percentuale di condanne per il delitto di associazione di stampo mafioso superiore al 98.9 % in sede di giudizio abbreviato e per la totale assenza di annullamenti in fase cautelare in relazione al quadro indiziario, il procedimento costituisce sicuramente uno straordinario risultato sotto il profilo della tecnica investigativa, avendo anche consentito di ricostruire un articolato arco temporale della vita di due tra i principali clan del territorio barese, anche in ambiti territoriali ( per esempio Bitonto e Terlizzi ), nei quali ad oggi non vi sono sentenze definitive che statuiscano l' operatività di sodalizi mafiosi.