Cultura
Metti una sera a teatro con Pupi Avati e Lino Patruno
La scoppiettante serata d'apertura di Gustó Jazz Festival
Corato - domenica 17 dicembre 2017
12.20
Metti una sera a teatro con uno dei registi italiani più affermati in attività, uno dei critici cinematografici italiani più conosciuti e il più grande jazzista italiano vivente. Prendi il tutto e contestualizzalo nella splendida cornice trasudante di cultura del Teatro Comunale e otterrai la scoppiettante serata d'apertura di Gustó Jazz Festival, rassegna dedicata alla musica nata a New Orleans e al buon cibo nostrano.
Una sinestesia affascinante quella tra musica e cibo, sinestesia altrettanto affascinante quella tra cinema e musica. Sì, perché ad aprire ufficialmente la rassegna, fusione autentica tra il Corato Jazz Festival e "Metti un weekend a Corato" è Pupi Avati, regista bolognese tra i più amati dal pubblico italiano.
Non è chiaro se Pupi Avati sia un jazzista di buon livello prestato al mondo del cinema, o un regista per troppo tempo prestato a quello del jazz. Certo è invece che il suo modo di raccontare la vita vissuta, quella della giovinezza, degli anni '50, tra "brutte ragazze e band di ginecologi", tra un Campari di troppo e la Criminal Jazz Band (sua prima esperienza musicale quando non era ancora diciottenne), è unico e coinvolgente. Il regista ha preso le redini del palco, trascinando nel suo mondo il pubblico del Teatro Comunale, da autentico One Man Show, divertendo, commuovendo, facendo riflettere. Chi ha visto "Gli amici del Bar Margherita", piccolo capolavoro cinematografico dell'Avati, si sarà ritrovato nel canovaccio dei suoi ricordi, del fil rouge della sua vita, tra donne irraggiungibili, amici spacconi, feste pomeridiane in casa e tanta musica.
"Io avevo un'infinita passione per la musica, ma non avevo talento. Non vi soffermate a fare ciò che vi appassiona, ricercate con perseveranza il vostro talento, perché è quella la vostra strada."
E se Pupi Avati è diventato un grande regista, lo si deve ad un altro personaggio bolognese di discreto talento, tale Dalla Lucio. Nel momento di maggior fulgore della carriera jazzistica di Avati (era clarinettista di una jazz band affermata in tutta Europa), "un ragazzo di 18 anni che pareva averne 7, brutto, grasso e basso", clarinettista come lui, gli ruba la scena. "Era di un altro livello. Lì ho provato la vera invidia, quella pura, che non auguro a nessuno. Ma lì ho capito che quella non era la mia vita, anche se ogni volta che chiudevamo gli occhi e suonavamo, non era difficile immaginare le luci della ribalta, l'amore del pubblico, la fama."
Fama raggiunta poi dietro una cinepresa: "Ho avuto fortuna, sono stato disoccupato per quattro anni, poi un giorno Ugo Tognazzi, all'epoca l'attore più pagato, lesse quasi per caso un mio lavoro e mi chiese se fosse all'altezza per interpretare il ruolo da protagonista. Da allora non ho più smesso di lavorare".
Una storia avvincente, un vero film narrato, con il jazz sullo sfondo, ad accompagnare la vita di Pupi Avati in ogni sfumatura possibile.
Jazz prima narrato poi eseguito, in maniera magistrale, dal più grande jazzista italiano in attività, Lino Patruno. Celebre in tutto il mondo e dal cognome assolutamente familiare (i nonni erano di Corato), Patruno, assieme a Mauro Carpi al violino, Gianluca Galvani alla cornetta, Giancarlo Colangelo al sax basso e Antonella Parnasso, voce, hanno proiettato il pubblico nel favoloso mondo anni '30 a stelle e strisce, con brani di artisti del calibro di Bix Beiderbecke, Joe Venuti e Frank Trumbauer.
Una serata indimenticabile dunque per i fortunati spettatori, che però è solo l'antipasto della rassegna: Oggi, dalle 19, concerto itinerante della Jazz Moment's Streetband. La banda con le sue performance jazz attraverserà le strade del centro storico e terminerà l'esibizione in piazza Abbazia dove dalle 20 sarà possibile degustare street food e immergersi in una vera wine experience.
Una sinestesia affascinante quella tra musica e cibo, sinestesia altrettanto affascinante quella tra cinema e musica. Sì, perché ad aprire ufficialmente la rassegna, fusione autentica tra il Corato Jazz Festival e "Metti un weekend a Corato" è Pupi Avati, regista bolognese tra i più amati dal pubblico italiano.
Non è chiaro se Pupi Avati sia un jazzista di buon livello prestato al mondo del cinema, o un regista per troppo tempo prestato a quello del jazz. Certo è invece che il suo modo di raccontare la vita vissuta, quella della giovinezza, degli anni '50, tra "brutte ragazze e band di ginecologi", tra un Campari di troppo e la Criminal Jazz Band (sua prima esperienza musicale quando non era ancora diciottenne), è unico e coinvolgente. Il regista ha preso le redini del palco, trascinando nel suo mondo il pubblico del Teatro Comunale, da autentico One Man Show, divertendo, commuovendo, facendo riflettere. Chi ha visto "Gli amici del Bar Margherita", piccolo capolavoro cinematografico dell'Avati, si sarà ritrovato nel canovaccio dei suoi ricordi, del fil rouge della sua vita, tra donne irraggiungibili, amici spacconi, feste pomeridiane in casa e tanta musica.
"Io avevo un'infinita passione per la musica, ma non avevo talento. Non vi soffermate a fare ciò che vi appassiona, ricercate con perseveranza il vostro talento, perché è quella la vostra strada."
E se Pupi Avati è diventato un grande regista, lo si deve ad un altro personaggio bolognese di discreto talento, tale Dalla Lucio. Nel momento di maggior fulgore della carriera jazzistica di Avati (era clarinettista di una jazz band affermata in tutta Europa), "un ragazzo di 18 anni che pareva averne 7, brutto, grasso e basso", clarinettista come lui, gli ruba la scena. "Era di un altro livello. Lì ho provato la vera invidia, quella pura, che non auguro a nessuno. Ma lì ho capito che quella non era la mia vita, anche se ogni volta che chiudevamo gli occhi e suonavamo, non era difficile immaginare le luci della ribalta, l'amore del pubblico, la fama."
Fama raggiunta poi dietro una cinepresa: "Ho avuto fortuna, sono stato disoccupato per quattro anni, poi un giorno Ugo Tognazzi, all'epoca l'attore più pagato, lesse quasi per caso un mio lavoro e mi chiese se fosse all'altezza per interpretare il ruolo da protagonista. Da allora non ho più smesso di lavorare".
Una storia avvincente, un vero film narrato, con il jazz sullo sfondo, ad accompagnare la vita di Pupi Avati in ogni sfumatura possibile.
Jazz prima narrato poi eseguito, in maniera magistrale, dal più grande jazzista italiano in attività, Lino Patruno. Celebre in tutto il mondo e dal cognome assolutamente familiare (i nonni erano di Corato), Patruno, assieme a Mauro Carpi al violino, Gianluca Galvani alla cornetta, Giancarlo Colangelo al sax basso e Antonella Parnasso, voce, hanno proiettato il pubblico nel favoloso mondo anni '30 a stelle e strisce, con brani di artisti del calibro di Bix Beiderbecke, Joe Venuti e Frank Trumbauer.
Una serata indimenticabile dunque per i fortunati spettatori, che però è solo l'antipasto della rassegna: Oggi, dalle 19, concerto itinerante della Jazz Moment's Streetband. La banda con le sue performance jazz attraverserà le strade del centro storico e terminerà l'esibizione in piazza Abbazia dove dalle 20 sarà possibile degustare street food e immergersi in una vera wine experience.