Politica
Mazzilli svela il mandante del suo "omicidio politico"
Il movente? È ancora un punto interrogativo
Corato - lunedì 12 novembre 2018
10.19
Mandante, esecutori e movente di quello che è stato definito "un omicidio politico" che ha visto come vittima l'ex sindaco Mazzilli dovevano essere svelati in un pubblico incontro voluto proprio dall'ex primo cittadino. In parte l'obiettivo è stato raggiunto, benché ormai era chiaro, anche dalle tante dichiarazioni rilasciate da Massimo Mazzilli, chi avesse ordinato la fine della sua amministrazione. Ma forse, per la prima volta, Massimo Mazzilli fa nomi e cognomi e svela alcuni retroscena che, per i non addetti ai lavori, appaiono inediti.
Il mandante dell'"omicidio politico", a detta di Mazzilli, è il sen. Luigi Perrone, politico influente e leader cittadino di "Noi con l'Italia", quel partito la cui presa di distanza dall'amministrazione comunale ne ha determinato la caduta. Un nome prevedibile, giacché la decisione presa dai consiglieri di "Noi con l'Italia" di sostenere dapprima con un appoggio esterno l'amministrazione Mazzilli e successivamente di defilarsi totalmente da essa, non poteva prescindere dall'ok del loro leader che, è bene non dimenticare, è stato assessore nella giunta dello stesso Mazzilli salvo poi rassegnare spontaneamente le proprie dimissioni, unico assessore a non aver subìto i vari rimpasti che si sono susseguiti.
Gli esecutori, dunque, sarebbero soltanto coloro che, avendo potere di voto all'interno del consiglio comunale, hanno deciso di non sostenere più Mazzilli. Una decisione che, nei fatti, non ha mai avuto modo di concretizzarsi: Mazzilli ha rassegnato le sue dimissioni irrevocabili prima ancora che i consiglieri di "Noi con l'Italia" potessero "sparare", ossia votare contro qualche provvedimento importante portato in consiglio comunale. Va dato atto a Massimo Mazzilli di non essersi messo nelle condizioni di ricevere l'umiliazione della sfiducia in aula con l'ingessamento dei lavori del consiglio comunale per l'impossibilità di eleggere un nuovo presidente del consiglio dopo le dimissioni di Ignazio Salerno.
Il movente rappresentato da Mazzilli in sala, però, non convince molto. Mazzilli defenestrato per evitare l'imbarazzo di doverlo nuovamente candidare nel 2019, in ragione di una «buona amministrazione» e quindi di perdere il diritto del pollice verso? Oppure liberarsi di lui perché «non ero un pupazzo?». Sono troppi i tentativi di "diplomazia politica" per ricucire strappi e strappetti, ivi compresi i troppi rimpasti di giunta per sostenere di non aver assecondato i capricci di chi aveva i numeri. Rimpasti che sono costati la perdita di Gaetano Nesta e Francesco Scaringella che insieme avevano ottenuto circa un migliaio di preferenze.
Ci si sarebbe aspettato di ascoltare di più dalla voce dell'ex sindaco Mazzilli e forse se lo aspettavano anche i suoi avversari, presentatisi al Cinema Alfieri. Nella platea era possibile scorgere Mario Malcangi, leader locale del Movimento Schittulli e già assessore nella prima giunta Mazzilli; Gaetano Nesta, ex assessore allo sport il cui rapporto con Mazzilli si è interrotto bruscamente, ma anche l' "amico" Franco Caputo. In sostanza si è assistito ad una ricostruzione di alcuni fatti salienti degli scontri che hanno poi determinato il deterioramento del rapporto politico con i vari gruppi che, man mano si sono defilati.
In apertura del suo intervento Mazzilli è tornato sul difficile ruolo di sindaco che lo ha portato a ricevere invettive sino ad essere definito "mafioso" e "persona dal brutto carattere", lì dove per brutto carattere si intende la scelta di non voler assecondare pressioni.
Quindi il racconto di una attività politica che dura da 20 anni, da quando divenne revisore dei conti durante l'amministrazione Di Gennaro, sino ad indossare la fascia tricolore, quasi vent'anni dopo. «In questi anni ho sempre lavorato per la città», ha rivendicato Mazzilli. Un bravo professionista, capace con i numeri ma meno con i giochi politici, tant'è che - ricorda Mazzilli - quando fu individuato come candidato sindaco volle mettere in chiaro di voler rimanere fuori da strategie. Ed invece sin dal primo atto della sua amministrazione, l'elezione del presidente del Consiglio Comunale, la strategia ha preso il sopravvento per tutta la sua amministrazione. Mazzilli ha ricordato il primo consiglio comunale e la figuraccia rimediata con «l'amico» Francesco Ventola, oggi consigliere regionale e coordinatore regionale di Noi con l'Italia, che allora era presidente della Provincia BAT, seduto tra il pubblico e spettatore inconsapevole della fumata nera nell'elezione del presidente del consiglio comunale. Un triste presagio.
Passaggio successivo è il racconto della prima crisi amministrativa, quella che vide sfilarsi dalla maggioranza il Movimento Schittulli. Il "casus belli" fu l'insistenza del Movimento Schittulli nel trattare della RSA, residenza socio assistenziale di via Della Macina che ancora oggi non ha il parere del comune per poter entrare nella sua piena attività. Secondo l'ex primo cittadino, la sua posizione centrale tra Perrone e Malcangi veniva male interpretata dai due. «Se in Comune veniva Malcangi, Perrone diceva che stavo con Malcangi. Se in Comune veniva Perrone, Malcangi diceva che stavo con Perrone». Mazzilli racconta poi di quei pugni sbattuti sul tavolo da Malcangi e del suo irrigidimento proprio legato a questa forma veemente di dettare l'agenda politica.
In prima fila erano seduti alcuni degli assessori della sua ultima giunta: Leo, Zaza, Tarricone, Mattia e l'ex consigliere comunale Fabrizio Ventura la cui "conversione" fu utile a Mazzilli per non vedersi sfiduciato in consiglio comunale, quando ormai sembrava che la sua esperienza da sindaco dovesse finire.
Un altro dei momenti topici, raccontati da Mazzilli, è quello delle elezioni politiche del 4 marzo. L'allora assessore Perrone era candidato alla Camera dei Deputati. Si decise di congelare la crisi amministrativa per consentire la campagna elettorale ma l'aria era amara. Secondo Mazzilli se le elezioni politiche avessero avuto un esito differente, probabilmente la storia sarebbe cambiata. Dopo pochi giorni il sen. Perrone si dimise da assessore e "Noi con l'Italia" dichiarò di fornire un appoggio esterno all'amministrazione comunale. La stessa cosa fece l'UDC «con la differenza che l'UDC è rimasta con me sino all'ultimo giorno». Mazzilli chiarisce di non aver mai parlato con Perrone di una sua futura candidatura e che tale atto non era nei suoi piani.
In un inciso Mazzilli rivela il perché della scelta di Gino Perrone come assessore all'urbanistica nella sua giunta. L'obiettivo era quello di consentirgli di continuare a svolgere il ruolo di presidente ANCI. Una volta finito il mandato egli avrebbe dovuto rinunciare all'incarico di assessore. Ecco perché Perrone, benché con ritardo rispetto all'elezione del nuovo presidente Anci, rassegnò le sue dimissioni. Quelle dimissioni che furono utilizzate da Pasquale Pomodoro, segretario del partito di "Noi con l'Italia" in uno degli ultimi incontri nel quale furono avanzate delle richieste.
Qualcosa anche in Anci non andava. Mazzilli racconta di essere stato estromesso non solo dal nuovo direttivo ANCI ma anche dall'assemblea in quanto non inserto né in quota civica né in quota centrodestra. E, soltanto dopo una serie di telefonate, solo dopo la minaccia di far saltare il banco, Mazzilli era rientrato nel direttivo a seguito di una mozione che allargava l'assemblea a 53 amministratori locali. «Ero stato sbarcato dalla persona a cui avevo dato l'anima» ha detto Mazzilli. In quel momento aveva preso atto della rottura definitiva con Perrone.
Le dimissioni di Perrone da assessore, sempre attenendoci al racconto di Mazzilli, furono definite da Pomodoro come "un sacrificio". «Quelle dimissioni erano un atto dovuto», spiega Mazzilli proprio ricordando il motivo della nomina di Perrone ad assessore all'urbanistica.
Soltanto in un passaggio rapido si fa cenno a quello che molto probabilmente è stato il vero motivo della rottura: una nuova definizione dei consigli di amministrazione delle partecipate (Asipu e SIxT), nei quali trovavano espressione anche rappresentanti del Movimento Schittulli, ormai da tempo fuori usciti dalla maggioranza. Una operazione politicamente importante che non è stata mai fatta. L'aut aut era il seguente: «Se non fai le nomine noi non veniamo». Possibile che fosse questo il reale movente? Ed effettivamente da quel momento le cose sono precipitate dapprima con un'assenza in massa del centrodestra al consiglio comunale, poi con le dimissioni di Pomodoro da presidente di due commissioni e infine con l'atto più forte: le dimissioni del presidente del Consiglio Comunale.
In alcuni passaggi incidentali, Mazzilli ha fatto anche riferimento alle difficoltà registrate nell'individuazione dei nuovi assessori. Mazzilli lascia intendere che qualche componente del suo gabinetto riferisse all'esterno di incontri riservati tra il sindaco ed eventuali futuri assessori che, puntualmente, venivano invitati a non accettare.
Quella che sembra la trama di un film thriller è la ricostruzione dell'ex sindaco di un comune di quasi 50mila abitanti, 13esima economia in Puglia.
Sembra essersene accorto anche Massimo Mazzilli che ha citato Charles De Gaulle: «La politica è una faccenda troppo seria per lasciarla ai politici»
Il mandante dell'"omicidio politico", a detta di Mazzilli, è il sen. Luigi Perrone, politico influente e leader cittadino di "Noi con l'Italia", quel partito la cui presa di distanza dall'amministrazione comunale ne ha determinato la caduta. Un nome prevedibile, giacché la decisione presa dai consiglieri di "Noi con l'Italia" di sostenere dapprima con un appoggio esterno l'amministrazione Mazzilli e successivamente di defilarsi totalmente da essa, non poteva prescindere dall'ok del loro leader che, è bene non dimenticare, è stato assessore nella giunta dello stesso Mazzilli salvo poi rassegnare spontaneamente le proprie dimissioni, unico assessore a non aver subìto i vari rimpasti che si sono susseguiti.
Gli esecutori, dunque, sarebbero soltanto coloro che, avendo potere di voto all'interno del consiglio comunale, hanno deciso di non sostenere più Mazzilli. Una decisione che, nei fatti, non ha mai avuto modo di concretizzarsi: Mazzilli ha rassegnato le sue dimissioni irrevocabili prima ancora che i consiglieri di "Noi con l'Italia" potessero "sparare", ossia votare contro qualche provvedimento importante portato in consiglio comunale. Va dato atto a Massimo Mazzilli di non essersi messo nelle condizioni di ricevere l'umiliazione della sfiducia in aula con l'ingessamento dei lavori del consiglio comunale per l'impossibilità di eleggere un nuovo presidente del consiglio dopo le dimissioni di Ignazio Salerno.
Il movente rappresentato da Mazzilli in sala, però, non convince molto. Mazzilli defenestrato per evitare l'imbarazzo di doverlo nuovamente candidare nel 2019, in ragione di una «buona amministrazione» e quindi di perdere il diritto del pollice verso? Oppure liberarsi di lui perché «non ero un pupazzo?». Sono troppi i tentativi di "diplomazia politica" per ricucire strappi e strappetti, ivi compresi i troppi rimpasti di giunta per sostenere di non aver assecondato i capricci di chi aveva i numeri. Rimpasti che sono costati la perdita di Gaetano Nesta e Francesco Scaringella che insieme avevano ottenuto circa un migliaio di preferenze.
Ci si sarebbe aspettato di ascoltare di più dalla voce dell'ex sindaco Mazzilli e forse se lo aspettavano anche i suoi avversari, presentatisi al Cinema Alfieri. Nella platea era possibile scorgere Mario Malcangi, leader locale del Movimento Schittulli e già assessore nella prima giunta Mazzilli; Gaetano Nesta, ex assessore allo sport il cui rapporto con Mazzilli si è interrotto bruscamente, ma anche l' "amico" Franco Caputo. In sostanza si è assistito ad una ricostruzione di alcuni fatti salienti degli scontri che hanno poi determinato il deterioramento del rapporto politico con i vari gruppi che, man mano si sono defilati.
In apertura del suo intervento Mazzilli è tornato sul difficile ruolo di sindaco che lo ha portato a ricevere invettive sino ad essere definito "mafioso" e "persona dal brutto carattere", lì dove per brutto carattere si intende la scelta di non voler assecondare pressioni.
Quindi il racconto di una attività politica che dura da 20 anni, da quando divenne revisore dei conti durante l'amministrazione Di Gennaro, sino ad indossare la fascia tricolore, quasi vent'anni dopo. «In questi anni ho sempre lavorato per la città», ha rivendicato Mazzilli. Un bravo professionista, capace con i numeri ma meno con i giochi politici, tant'è che - ricorda Mazzilli - quando fu individuato come candidato sindaco volle mettere in chiaro di voler rimanere fuori da strategie. Ed invece sin dal primo atto della sua amministrazione, l'elezione del presidente del Consiglio Comunale, la strategia ha preso il sopravvento per tutta la sua amministrazione. Mazzilli ha ricordato il primo consiglio comunale e la figuraccia rimediata con «l'amico» Francesco Ventola, oggi consigliere regionale e coordinatore regionale di Noi con l'Italia, che allora era presidente della Provincia BAT, seduto tra il pubblico e spettatore inconsapevole della fumata nera nell'elezione del presidente del consiglio comunale. Un triste presagio.
Passaggio successivo è il racconto della prima crisi amministrativa, quella che vide sfilarsi dalla maggioranza il Movimento Schittulli. Il "casus belli" fu l'insistenza del Movimento Schittulli nel trattare della RSA, residenza socio assistenziale di via Della Macina che ancora oggi non ha il parere del comune per poter entrare nella sua piena attività. Secondo l'ex primo cittadino, la sua posizione centrale tra Perrone e Malcangi veniva male interpretata dai due. «Se in Comune veniva Malcangi, Perrone diceva che stavo con Malcangi. Se in Comune veniva Perrone, Malcangi diceva che stavo con Perrone». Mazzilli racconta poi di quei pugni sbattuti sul tavolo da Malcangi e del suo irrigidimento proprio legato a questa forma veemente di dettare l'agenda politica.
In prima fila erano seduti alcuni degli assessori della sua ultima giunta: Leo, Zaza, Tarricone, Mattia e l'ex consigliere comunale Fabrizio Ventura la cui "conversione" fu utile a Mazzilli per non vedersi sfiduciato in consiglio comunale, quando ormai sembrava che la sua esperienza da sindaco dovesse finire.
Un altro dei momenti topici, raccontati da Mazzilli, è quello delle elezioni politiche del 4 marzo. L'allora assessore Perrone era candidato alla Camera dei Deputati. Si decise di congelare la crisi amministrativa per consentire la campagna elettorale ma l'aria era amara. Secondo Mazzilli se le elezioni politiche avessero avuto un esito differente, probabilmente la storia sarebbe cambiata. Dopo pochi giorni il sen. Perrone si dimise da assessore e "Noi con l'Italia" dichiarò di fornire un appoggio esterno all'amministrazione comunale. La stessa cosa fece l'UDC «con la differenza che l'UDC è rimasta con me sino all'ultimo giorno». Mazzilli chiarisce di non aver mai parlato con Perrone di una sua futura candidatura e che tale atto non era nei suoi piani.
In un inciso Mazzilli rivela il perché della scelta di Gino Perrone come assessore all'urbanistica nella sua giunta. L'obiettivo era quello di consentirgli di continuare a svolgere il ruolo di presidente ANCI. Una volta finito il mandato egli avrebbe dovuto rinunciare all'incarico di assessore. Ecco perché Perrone, benché con ritardo rispetto all'elezione del nuovo presidente Anci, rassegnò le sue dimissioni. Quelle dimissioni che furono utilizzate da Pasquale Pomodoro, segretario del partito di "Noi con l'Italia" in uno degli ultimi incontri nel quale furono avanzate delle richieste.
Qualcosa anche in Anci non andava. Mazzilli racconta di essere stato estromesso non solo dal nuovo direttivo ANCI ma anche dall'assemblea in quanto non inserto né in quota civica né in quota centrodestra. E, soltanto dopo una serie di telefonate, solo dopo la minaccia di far saltare il banco, Mazzilli era rientrato nel direttivo a seguito di una mozione che allargava l'assemblea a 53 amministratori locali. «Ero stato sbarcato dalla persona a cui avevo dato l'anima» ha detto Mazzilli. In quel momento aveva preso atto della rottura definitiva con Perrone.
Le dimissioni di Perrone da assessore, sempre attenendoci al racconto di Mazzilli, furono definite da Pomodoro come "un sacrificio". «Quelle dimissioni erano un atto dovuto», spiega Mazzilli proprio ricordando il motivo della nomina di Perrone ad assessore all'urbanistica.
Soltanto in un passaggio rapido si fa cenno a quello che molto probabilmente è stato il vero motivo della rottura: una nuova definizione dei consigli di amministrazione delle partecipate (Asipu e SIxT), nei quali trovavano espressione anche rappresentanti del Movimento Schittulli, ormai da tempo fuori usciti dalla maggioranza. Una operazione politicamente importante che non è stata mai fatta. L'aut aut era il seguente: «Se non fai le nomine noi non veniamo». Possibile che fosse questo il reale movente? Ed effettivamente da quel momento le cose sono precipitate dapprima con un'assenza in massa del centrodestra al consiglio comunale, poi con le dimissioni di Pomodoro da presidente di due commissioni e infine con l'atto più forte: le dimissioni del presidente del Consiglio Comunale.
In alcuni passaggi incidentali, Mazzilli ha fatto anche riferimento alle difficoltà registrate nell'individuazione dei nuovi assessori. Mazzilli lascia intendere che qualche componente del suo gabinetto riferisse all'esterno di incontri riservati tra il sindaco ed eventuali futuri assessori che, puntualmente, venivano invitati a non accettare.
Quella che sembra la trama di un film thriller è la ricostruzione dell'ex sindaco di un comune di quasi 50mila abitanti, 13esima economia in Puglia.
Sembra essersene accorto anche Massimo Mazzilli che ha citato Charles De Gaulle: «La politica è una faccenda troppo seria per lasciarla ai politici»