Cronaca
Maxi inchiesta su furti e rapine: chiesti 32 rinvii a giudizio
Un nuovo scandalo scuote l'Arma: favori ai pregiudicati in cambio di soldi. Il 22 febbraio l'udienza preliminare
Corato - venerdì 28 gennaio 2022
8.46
Sono 32 le richieste di rinvio a giudizio formalizzate dal sostituto procuratore Marcello Catalano nell'ambito di un'inchiesta svolta dalla Procura della Repubblica di Trani su un presunto sistema di "favori" in cambio di vantaggi economici che vede coinvolti - accusati di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio - tre militari dell'Arma dei Carabinieri (un luogotenente e due vice brigadieri) di stanza, negli anni passati, fra la Compagnia e la Stazione di Molfetta e di Corato, ma anche un assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio al carcere di Trani.
Nei giorni scorsi, dopo che ad aprile dello scorso anno aveva firmato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, il pubblico ministero di Trani ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio: le 32 persone imputate che (per il momento) non hanno chiesto di accedere ad un rito alternativo dovranno attendere l'udienza preliminare, fissata per il prossimo 22 febbraio, davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante. Il procedimento, che riguarda una lunga serie di furti e rapine commessi tra l'area metropolitana di Bari e la provincia di Barletta, Andria e Trani tra il 2011 e il 2019, è nato dalle rivelazioni di Tommaso Nuzzi, un pregiudicato di Corato nel frattempo diventato collaboratore di giustizia.
Tra i 32 imputati, oltre ai quattro appartenenti alle forze dell'ordine, spicca il nome di Flavio D'Introno (detenuto per usura; accusato di concorso in corruzione in atti giudiziari, ha patteggiato 2 anni e 6 mesi di reclusione, nda) che con le sue rivelazioni ha consentito ai magistrati leccesi di far luce sul cosiddetto "Sistema Trani" e che è accusato, sulla base di quanto ha raccontato Nuzzi, di aver organizzato il furto di gioielli e borse firmate nell'appartamento di un suo conoscente (a Trani, a novembre 2012, commesso da Nuzzi e da quattro baresi di 42, 45, 46 e 48 anni) e la tentata rapina con sequestro di persona in casa del cugino Giuseppe (a Corato, nel giugno 2015, anche in questo caso commessa da Nuzzi con cinque baresi di 31, 41, 48, 49 e 50 anni armati di pistole).
Non solo: l'imprenditore di Corato risponde anche del reato di estorsione aggravata perché avrebbe condotto due persone (un 57enne di Corato ed un 51enne di Andria, nda) a minacciare il titolare di una gioielleria, in pieno centro a Bari, affinché non pretendesse il saldo di un Rolex venduto a 27mila euro. «In particolare, a fronte dell'acquisto del citato orologio e del pagamento di soli 17mila euro - si legge -, D'Introno, al fine di non pagare il residuo corrispettivo» avrebbe minacciato il gioielliere, spalleggiato dai suoi complici.
Insieme a lui, sono imputati anche quattro esponenti in divisa pronti a chiudere non un solo occhio, ma tutti e due, in cambio di denaro e benefit. In particolare un 56enne vice brigadiere originario di Canosa di Puglia, in servizio negli anni passati presso il Nucleo Radiomobile della Compagnia di Molfetta, «abusando della sua qualità» avrebbe «omesso e/o ritardato un atto del proprio ufficio e comunque per compiere un atto contrario ai doveri di ufficio», ricevendo da Nuzzi «denaro ed altre utilità».
Nel dettaglio, sempre secondo la Procura della Repubblica di Trani, avrebbe segnalato a Nuzzi «i propri turni di servizio notturni ed informazioni circa bancomat e negozi di abbigliamento siti a Molfetta in modo da consentire a Nuzzi e ai suoi complici di eseguire i furti potendo agire indisturbati». In cambio avrebbe ricevuto «500 euro ogni volta, parte della refurtiva». Ed a Molfetta, proprio in quegli anni, i furti avvennero eccome: nel mirino finirono una tabaccheria (a novembre 2011), un negozio di abbigliamento per bambini (a dicembre 2011) e due bancomat (a maggio 2014).
Sul banco degli imputati è finito anche un altro vice brigadiere che avrebbe «omesso atti del proprio ufficio», ovvero compiendo «ogni attività di contrasto ai reati commessi da Nuzzi e comunque per "non controllarlo e lasciarlo passare… e non dargli fastidio"», è scritto agli atti dell'inchiesta.
Un 52enne luogotenente dei Carabinieri, invece, originario di Bisceglie e di stanza presso la Stazione di Molfetta, «in cambio di utilità cripticamente indicate in "tre caffè"», dopo aver elevato un verbale amministrativo, avrebbe redatto, su intercessione del collega 56enne, «un ricorso indirizzato al Prefetto di Bari, nonché la proposta d'archiviazione di ufficio, nella quale attestava falsamente di aver rilevato egli stesso erroneamente il numero di targa» di un'autovettura in divieto di sosta, mentre un 56enne di Corato, assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio al penitenziario di Trani, si sarebbe «messo a disposizione introducendo e consegnando le sigarette al detenuto Nuzzi» ottenendo in cambio un televisore.
Oltre a loro, accusati a vario titolo dei reati di furto aggravato, ricettazione, riciclaggio, estorsione, tentativo di rapina e sequestro di persona, sono finiti nei guai numerosi nomi noti alle cronache locali i quali avrebbero beneficiato dei favori concessi dai pubblici ufficiali in cambio di "regali" oltre ad alcuni presunti fiancheggiatori. Dieci, invece, le parti offese: nove persone fisiche e il Ministero dell'Interno..
Nei giorni scorsi, dopo che ad aprile dello scorso anno aveva firmato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, il pubblico ministero di Trani ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio: le 32 persone imputate che (per il momento) non hanno chiesto di accedere ad un rito alternativo dovranno attendere l'udienza preliminare, fissata per il prossimo 22 febbraio, davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante. Il procedimento, che riguarda una lunga serie di furti e rapine commessi tra l'area metropolitana di Bari e la provincia di Barletta, Andria e Trani tra il 2011 e il 2019, è nato dalle rivelazioni di Tommaso Nuzzi, un pregiudicato di Corato nel frattempo diventato collaboratore di giustizia.
Tra i 32 imputati, oltre ai quattro appartenenti alle forze dell'ordine, spicca il nome di Flavio D'Introno (detenuto per usura; accusato di concorso in corruzione in atti giudiziari, ha patteggiato 2 anni e 6 mesi di reclusione, nda) che con le sue rivelazioni ha consentito ai magistrati leccesi di far luce sul cosiddetto "Sistema Trani" e che è accusato, sulla base di quanto ha raccontato Nuzzi, di aver organizzato il furto di gioielli e borse firmate nell'appartamento di un suo conoscente (a Trani, a novembre 2012, commesso da Nuzzi e da quattro baresi di 42, 45, 46 e 48 anni) e la tentata rapina con sequestro di persona in casa del cugino Giuseppe (a Corato, nel giugno 2015, anche in questo caso commessa da Nuzzi con cinque baresi di 31, 41, 48, 49 e 50 anni armati di pistole).
Non solo: l'imprenditore di Corato risponde anche del reato di estorsione aggravata perché avrebbe condotto due persone (un 57enne di Corato ed un 51enne di Andria, nda) a minacciare il titolare di una gioielleria, in pieno centro a Bari, affinché non pretendesse il saldo di un Rolex venduto a 27mila euro. «In particolare, a fronte dell'acquisto del citato orologio e del pagamento di soli 17mila euro - si legge -, D'Introno, al fine di non pagare il residuo corrispettivo» avrebbe minacciato il gioielliere, spalleggiato dai suoi complici.
Insieme a lui, sono imputati anche quattro esponenti in divisa pronti a chiudere non un solo occhio, ma tutti e due, in cambio di denaro e benefit. In particolare un 56enne vice brigadiere originario di Canosa di Puglia, in servizio negli anni passati presso il Nucleo Radiomobile della Compagnia di Molfetta, «abusando della sua qualità» avrebbe «omesso e/o ritardato un atto del proprio ufficio e comunque per compiere un atto contrario ai doveri di ufficio», ricevendo da Nuzzi «denaro ed altre utilità».
Nel dettaglio, sempre secondo la Procura della Repubblica di Trani, avrebbe segnalato a Nuzzi «i propri turni di servizio notturni ed informazioni circa bancomat e negozi di abbigliamento siti a Molfetta in modo da consentire a Nuzzi e ai suoi complici di eseguire i furti potendo agire indisturbati». In cambio avrebbe ricevuto «500 euro ogni volta, parte della refurtiva». Ed a Molfetta, proprio in quegli anni, i furti avvennero eccome: nel mirino finirono una tabaccheria (a novembre 2011), un negozio di abbigliamento per bambini (a dicembre 2011) e due bancomat (a maggio 2014).
Sul banco degli imputati è finito anche un altro vice brigadiere che avrebbe «omesso atti del proprio ufficio», ovvero compiendo «ogni attività di contrasto ai reati commessi da Nuzzi e comunque per "non controllarlo e lasciarlo passare… e non dargli fastidio"», è scritto agli atti dell'inchiesta.
Un 52enne luogotenente dei Carabinieri, invece, originario di Bisceglie e di stanza presso la Stazione di Molfetta, «in cambio di utilità cripticamente indicate in "tre caffè"», dopo aver elevato un verbale amministrativo, avrebbe redatto, su intercessione del collega 56enne, «un ricorso indirizzato al Prefetto di Bari, nonché la proposta d'archiviazione di ufficio, nella quale attestava falsamente di aver rilevato egli stesso erroneamente il numero di targa» di un'autovettura in divieto di sosta, mentre un 56enne di Corato, assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio al penitenziario di Trani, si sarebbe «messo a disposizione introducendo e consegnando le sigarette al detenuto Nuzzi» ottenendo in cambio un televisore.
Oltre a loro, accusati a vario titolo dei reati di furto aggravato, ricettazione, riciclaggio, estorsione, tentativo di rapina e sequestro di persona, sono finiti nei guai numerosi nomi noti alle cronache locali i quali avrebbero beneficiato dei favori concessi dai pubblici ufficiali in cambio di "regali" oltre ad alcuni presunti fiancheggiatori. Dieci, invece, le parti offese: nove persone fisiche e il Ministero dell'Interno..