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Infodemia, l'altra faccia del Covid. Gli esperti: «Ridurre l'informazione all'essenziale»

L'analisi della dott.ssa Marilù Liso, psichiatra della Riabilitazione Psichiatrica, e del dott. Saverio Costantino, psicologo Psicoterapeuta

Quando si parla di "infodemia" si parla di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, tanto da rendere difficile il potersi orientare su un determinato argomento, considerata la difficoltà di individuare fonti affidabili.

Siamo letteralmente sommersi da informazioni, da spiegazioni che non spiegano, da campagne mediatiche sulla pericolosità e sui possibili rimedi.

Ma lo hai sentito? Hai sentito che basta bere frequenti sorsi d'acqua per spazzare via il virus? E tu hai sentito parlare dell'antidoto che stanno preparando e che riservano principalmente ai personaggi "famosi"? L'aglio cura dal coronavirus? L'infezione si trasmette attraverso lettere e pacchi postali? Potremmo continuare all'infinito con quei "hai sentito dire", come infinite sono le informazioni che in questo periodo stanno producendo più danni del virus stesso.

L'infodemia è davvero l'altra faccia del Covid -19.

Ormai tutti sono esperti di tutto. E tutti hanno le ricette per risolvere i problemi degli altri. Ma in realtà questo è sempre esistito, non ci volevano i pipistrelli a dovercelo insegnare, è solo che i social adesso hanno moltiplicato le voci e la pandemia ha radicalizzato le ricette. Molti osservano, ascoltano e si lasciano attraversare dalle informazioni allarmiste, simili tra loro e a volte copiate, aggiungendo pensieri a pensieri, parole a parole, dando eco ad una quantità eccessiva di informazioni, non sempre accuratamente vagliate.

Se ci pensiamo un po', in realtà tutto questo è legato ad una crisi di fiducia dell'essere umano nei confronti dell'informazione "ufficiale", sfiducia nei confronti delle Istituzioni, dilaga la tendenza a fidarsi più delle opinioni altrui, quando queste semplificano i nostri dubbi. Ma se le istituzioni non trovano un punto d'accordo, se i virologi, gli immunologi sono ancora in conflitto tra loro e le loro informazioni ancora non si incrociano, come si potranno fermare l'ansia e la paura che ne conseguono, creando ancora più confusione?

Come psichiatra e psicologo di Comunità di Riabilitazione abbiamo ben chiara l'importanza della comunicazione, perché le parole che diciamo predispongono l'altro in un certo modo, rasserenano o preoccupano. E forse è proprio per questo che i nostri ospiti non hanno mai avuto paura, hanno sempre avuto la certezza di dover essere attenti per proteggersi e per proteggere noi che viviamo tante ore della nostra vita con gioia insieme loro.

Si apre continuamente il dibattito sui "se", sui mezzi di trasporto, sulla scuola che non funziona, la politica non capisce, sui dati considerati falsi, tutto questo fuori da ogni probabile soluzione. Ancora si discute se per i nostri figli sia meglio andare a scuola o che restino a casa utilizzando la tecnologia, perché «la didattica a distanza crea disagio e isolamento». Allora una domanda nasce spontanea: ma perché, forse, prima del covid, l'esposizione eccessiva dei nostri figli alla tecnologia favoriva la socializzazione?

Il paradosso è che rifuggiamo dalla nostra responsabilità alimentando confusione, la stessa collusione con l'informazione.

Chi invece trova soluzioni, o è abituato a farlo, come noi esperti psichiatri e psicologi, il disagio ormai lo considera come un incidente di percorso e non come la realtà della vita. Il disagio va individuato, la gente va sostenuta, questo il nostro compito - o ancora più bello - la nostra missione: restituire dignità alle persone, soprattutto a chi è più esposto alla solitudine e all'abbandono, lasciando che diventi sempre più impetuoso torrente delle idee, delle contraddizioni, dei pensieri, dubbi, autopromozioni e provocazioni.

Ridurre l'informazione a quella essenziale ci fa bene, elimina il superfluo e le numerose tossicità in eccesso. La capacità di problem solving passa attraverso un lavoro e un sacrificio, prima ancora che attraverso una ricetta della felicità scritta da altri magari meno capaci di noi.

Nei racconti dei nostri tempi, lunghi periodi di crisi ci sono già stati, qualcuno li ha già vissuti per noi, pensiamo alle guerre, all'influenza spagnola, alle difficili crisi economiche. C'è una grande differenza, però, nel 2020 molti di noi vivono comodamente, hanno in casa più di quanto in realtà possa servire, mentre poco o niente delle nostre comodità esisteva prima. Questo ad evidenza del fatto che l'umanità è sopravvissuta a circostanze molto più terribili eppure non ha mai perso la gioia di vivere.
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