Attualità
In memoria di Luciano e Francesco, "La Comunità si interroghi sul dolore di chi soffre"
La celebrazione presieduta da Don Giuseppe Lobascio in suffragio delle vittime del disastro ferroviario
Corato - lunedì 12 luglio 2021
20.44
"Siamo chiamati a vivere anche l'esperienza della sofferenza e ad interrogarci sul dolore di chi soffre. Una comunità che non lo fa, manca di qualcosa che le permetta di vivere pienamente se stessa". Sono le parole pronunciate dal Don Giuseppe Lobascio nella sua omelia durante la celebrazione eucaristica in memoria di tutte le 23 vittime del terribile incidente ferroviario del 12 luglio 2016.
Una tragedia che ha scosso la comunità cittadina ma non solo, e che ha spezzato la vita di due giovani coratini, il 37enne Luciano Caterino e il 17enne Francesco Ludovico Tedone. A conclusione di questa giornata commemorativa del quinto anniversario della ferita che non si rimargina, a metà strada fra Corato e Andria dove corre il binario unico della Ferrrotramviaria, un momento di preghiera e condivisione in Chiesa Matrice ha unito le famiglie delle vittime, parte dell'amministrazione comunale e cittadini che vivono come parte della comunità il dolore che ha segnato il territorio e la città.
Così Don Giuseppe ricorda l'importanza di ricordare, raccontando dell'incontro mensile con i famigliari di Luciano e Francesco per mantenere viva la memoria di chi ha perso la vita in quell'incidente. "Come ogni anno il caldo ci riporta alla memoria quella mattina di quel 12 luglio, a quell'avvenimento che ha scosso famiglie, cittadini e autorità", continua don Giuseppe ricordando anche il giorno delle solenni celebrazioni funebri delle vittime ad Andria in cui "anche la natura sembrava ribellarsi a quanto accaduto con un violento nubifragio".
Ma anche la natura in quel caso insegna che non bisogna ribellarsi alla sofferenza ma farsene carico, perchè "La sofferenza accompagna e responsabilizza facendo maturare nella fede. È questa la provocazione di Dio, - spiega il vicario - la vita cristiana è fatta anche di sofferenze che accompagnano all'esperienza della gioia e il Signore ci chiede a che punto sia la nostra fede ponendosi come punto fermo di riferimento nel nostro sentirci smarriti".
"Anche se la parola di Dio aiuta a lenire determinate sofferenze ci sono ferite nel cuore che restano aperte, ferite che hanno interessato un'intera comunità e che difficilmente si dimenticano. Per questo, la comunità cittadina deve interrogarsi sul dolore di chi soffre e farsene carico, non deve disinteressarsene perchè quel dolore è parte del proprio percorso e del proprio vivere. Ma non solo, la comunità ha il dovere di impegnarsi a ricordare questa ferita, il dolore di questa terra che ha sofferto, alle nuove generazioni, non per aprire pagine di dolore ma per mettere i giovani di fronte a quanto accaduto imparando a vivere in maniera più responsabile e attenta".
Una spinta, quindi, a farsi carico del proprio bagaglio di esperienze, di gioia e di dolore, e a condividerlo con la comunità per essere una famiglia con la propria identità territoriale, cercando di "essere più grandi della più grande esperienza positiva perchè le nostre gioie sono poca cosa rispetto all'esperienza di essere figli di Dio".
Ed è così che Corato è invitata a vivere il 12 luglio, sentendosi famiglia di Luciano e Francesco, delle 23 vittime e di tutti coloro che ne hanno vissuto e ne affrontano la perdita ogni giorno da cinque anni.
Una tragedia che ha scosso la comunità cittadina ma non solo, e che ha spezzato la vita di due giovani coratini, il 37enne Luciano Caterino e il 17enne Francesco Ludovico Tedone. A conclusione di questa giornata commemorativa del quinto anniversario della ferita che non si rimargina, a metà strada fra Corato e Andria dove corre il binario unico della Ferrrotramviaria, un momento di preghiera e condivisione in Chiesa Matrice ha unito le famiglie delle vittime, parte dell'amministrazione comunale e cittadini che vivono come parte della comunità il dolore che ha segnato il territorio e la città.
Così Don Giuseppe ricorda l'importanza di ricordare, raccontando dell'incontro mensile con i famigliari di Luciano e Francesco per mantenere viva la memoria di chi ha perso la vita in quell'incidente. "Come ogni anno il caldo ci riporta alla memoria quella mattina di quel 12 luglio, a quell'avvenimento che ha scosso famiglie, cittadini e autorità", continua don Giuseppe ricordando anche il giorno delle solenni celebrazioni funebri delle vittime ad Andria in cui "anche la natura sembrava ribellarsi a quanto accaduto con un violento nubifragio".
Ma anche la natura in quel caso insegna che non bisogna ribellarsi alla sofferenza ma farsene carico, perchè "La sofferenza accompagna e responsabilizza facendo maturare nella fede. È questa la provocazione di Dio, - spiega il vicario - la vita cristiana è fatta anche di sofferenze che accompagnano all'esperienza della gioia e il Signore ci chiede a che punto sia la nostra fede ponendosi come punto fermo di riferimento nel nostro sentirci smarriti".
"Anche se la parola di Dio aiuta a lenire determinate sofferenze ci sono ferite nel cuore che restano aperte, ferite che hanno interessato un'intera comunità e che difficilmente si dimenticano. Per questo, la comunità cittadina deve interrogarsi sul dolore di chi soffre e farsene carico, non deve disinteressarsene perchè quel dolore è parte del proprio percorso e del proprio vivere. Ma non solo, la comunità ha il dovere di impegnarsi a ricordare questa ferita, il dolore di questa terra che ha sofferto, alle nuove generazioni, non per aprire pagine di dolore ma per mettere i giovani di fronte a quanto accaduto imparando a vivere in maniera più responsabile e attenta".
Una spinta, quindi, a farsi carico del proprio bagaglio di esperienze, di gioia e di dolore, e a condividerlo con la comunità per essere una famiglia con la propria identità territoriale, cercando di "essere più grandi della più grande esperienza positiva perchè le nostre gioie sono poca cosa rispetto all'esperienza di essere figli di Dio".
Ed è così che Corato è invitata a vivere il 12 luglio, sentendosi famiglia di Luciano e Francesco, delle 23 vittime e di tutti coloro che ne hanno vissuto e ne affrontano la perdita ogni giorno da cinque anni.