Attualità
Garanzia di reddito dignitoso per gli agricoltori, l'opinione di Tommaso Loiodice
«I veri custodi del creato sono gli agricoltori», il pensiero del presidente nazionale Unapol
Corato - domenica 4 febbraio 2024
9.41
Tante le ragioni delle proteste in tutta Europa e in Italia degli agricoltori ormai stanchi di vedere sempre più affossati i propri diritti e quel che è peggio la dignità di un lavoro duro e impegnativo. Abbiamo chiesto a chi vive a stretto contatto con il mondo agricolo la sua opinione sulla "rivolta dei trattori" che sta attraversando tutto il mondo agricolo italiano ed europeo.
Incontriamo Tommaso Loiodice, presidente nazionale Unapol, nel suo ufficio di sabato pomeriggio. La passione per il mondo agricolo non conosce soste, ci spiega mentre saluta un delle sue" sentinelle del territorio, si lavora sempre.
«Ci si è di colpo dimenticati che sono gli agricoltori che ci hanno permesso di superare un periodo catastrofico come quello della pandemia da coronavirus che ha colpito la popolazione mondiale. Sono loro che grazie al quotidiano lavoro e sfidando le intemperie climatiche oltre che i rischi sanitari per la propria salute hanno garantito la presenza di cibo sulle tavole dell'intera popolazione mondiale durante l'intero periodo pandemico, ma tutto ciò sembra non sia mai accaduto e quel che è peggio è che tanti pseudo ambientalisti accusano di essere i colpevoli del disastro ambientale che si sta vivendo e del depauperamento delle risorse naturali.
Ma come si può lontanamente ipotizzare una assurdità di tal fatta? Secondo questi benpensanti possiamo mai sputare nel piatto in cui mangiamo? La vera risorsa dell'agricoltura sono la terra e gli animali e nessun agricoltore mai potrà volerne la distruzione.
I veri custodi del creato sono gli agricoltori, è indiscusso il ruolo di "sentinelle del territorio", prova ne è che laddove gli stessi hanno dovuto per disperazione abbandonare lo stesso all'incuria e all'abbandono si sono verificate catastrofi ambientali di spropositate dimensione (alluvioni, smottamenti ecc, ecc,). Fatta questa doverosa premessa veniamo nello specifico alle ragioni della rivolta in corso in tutta Europa.
Le problematiche del settore cambiano in base al Paese, ma ci sono dei fattori comuni che legano le proteste in tutta Europa come la contrarietà all'obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni oppure l'ostilità a un accordo con il Mercosur che prevede import di carni e cereali da Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Venezuela.
Gli agricoltori chiedono un "nuovo piano agricolo", sottolineando che "non servono più deroghe o proroghe di leggi sbagliate". Negli ultimi anni la produzione agricola non riesce a coprire nemmeno gli stessi costi. Il prodotto pur arrivando sulle tavole dei cittadini con prezzi di tutto rispetto non remunera equamente chi lo produce. Sono altri gli attori della filiera che portano a casa lauti guadagni.
C'è il tema del dimezzamento tout cour dell'uso dei fitofarmaci per combattere le fitopatie e condurre al meglio le cure colturali. Non si può con un colpo di spugna vietarne indiscriminatamente l'uso senza aver trovato valide alternative. Così facendo se ci si rapporta ad ogni kG di prodotto ottenuto alla fine costringi a produrre di meno e a inquinare di più.
In generale gli agricoltori Italiani protestano per chiedere la revisione del Green Deal europeo, dei vincoli per accedere ai finanziamenti della Pac (Politica agricola comune), e per l'aumento indiscriminato del prezzo dei prodotti e del gasolio. Questi fattori mettono a serio rischio il Made in Italy.
C'è preoccupazione per l'apertura del mercato interno ai prodotti ucraini per le possibili importazioni a basso costo, vedasi ciò che è accaduto per il prezzo del grano italiano che è sceso ai minimi storici. Gli agricoltori dovranno rispettare i parametri come quello della messa a riposo dei terreni per ottenere i fondi comunitari della Pac - vitali per molte aziende e fattorie che per oltre il 90% sono a conduzione familiare -, che nell'Ue rappresentano circa un terzo delle voci di spesa del bilancio pluriennale.
In generale il settore è flagellato anche dagli eventi derivanti dal cambiamento climatico e dall'aumento del costo dell'energia, tutti fattori che hanno ridotto sempre più il margine di guadagno delle aziende agricole.
Un primo passo in avanti da parte della Comunità europea sarebbe quello di stralciare senza indugio l'obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni. Dobbiamo poter continuare a garantire l'alimentazione per tutti e la politica non deve ostacolare tali percorsi ma essere di supporto e al fianco degli agricoltori.
La protesta degli agricoltori interessa ormai l'intera Europa. Si chiede la garanzia di un reddito dignitoso, in quanto è evidente che esiste un divario molto significativo tra il prezzo di vendita nei negozi e ciò che effettivamente riceve il produttore.
E' imprescindibile un adeguamento dei margini per remunerare meglio i produttori, ma anche un adeguamento degli standard produttivi nei confronti degli altri paesi che esportano prodotti a prezzi ridotti. Ciò costringe gli agricoltori a ridurre i margini di guadagno. Le norme applicate in Italia, in particolare in termini fitosanitari o antibiotici, e che aumentano i costi di produzione, devono essere imposti anche ai prodotti importati nel quadro del libero scambio.
Quello che si chiede è avere cibo di alta qualità, capire come produrlo, ad un prezzo accessibile a tutti, e che provenga dal nostro territorio. Rispetto al resto del mondo produciamo con standard più elevati, sia in termini di salute che di tutela dei consumatori.
Tutto questo tenendo presente che ci sono anche le sfide della transizione ecologica che devono essere portate a compimento in modo efficiente e realistico.
L'esasperazione del mondo contadino si è diffusa negli ultimi mesi anche alla Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria. I produttori di tutti questi Paesi denunciano sostanzialmente la «concorrenza sleale» dell'Ucraina, accusata di abbassare i prezzi dei suoi cereali. In effetti, sulla scia dell'offensiva russa, l'UE ha sospeso nel maggio 2022 i dazi doganali su tutti i prodotti importati dall'Ucraina e ha creato corridoi di solidarietà per consentire a Kiev di far transitare le sue scorte di cereali. Solo che molto cibo finisce per accumularsi tra i suoi vicini europei. Contro questo afflusso di grano o mais ucraino, gli agricoltori polacchi, bulgari e rumeni hanno tirato fuori i loro trattori per bloccare i valichi di frontiera con l'Ucraina.
Un'altra delle ragioni della protesta è legata alla burocrazia soffocante generata dalle normative europee. Non ci si può attanagliare in complessità burocratiche che sottraggono tempo al lavoro nei campi.
Queste alcune delle giuste ragioni che hanno portato gli agricoltori a manifestare ma ce ne sono altre ancora più invasive e preoccupanti che devono far mantenere alta l'attenzione all'intera società italiana, ed è quella della "green energy" nella misura in cui sottrae la coltivazione di suolo agricolo a favore di distese di pannelli fotovoltaici e quella della produzione di cibo "sintetico" e dell'uso della "farina di insetti" in nome e per conto di una ragione ambientalista che rischia di annientare e distruggere definitivamente il settore primario non dimenticando anche il ruolo sociale che svolge da sempre per la nostra nazione. L'agricoltura italiana è da sempre un'agricoltura per lo più a conduzione familiare, che pone al centro delle sue attenzioni e dei suoi valori il rispetto e la tutela dell'uomo e della donna nella loro essenza. La nostra non è una agricoltura attenta ai freddi numeri del business aziendale ma attenta al calore del focolare domestico e come tale và difesa a denti stretti poiché rappresenta la vera ricchezza di una nazione che grazie alla biodiversità e alla ricchezza storico/culturale dei propri territori la rende unica e inimitabile in tutto il mondo».
Incontriamo Tommaso Loiodice, presidente nazionale Unapol, nel suo ufficio di sabato pomeriggio. La passione per il mondo agricolo non conosce soste, ci spiega mentre saluta un delle sue" sentinelle del territorio, si lavora sempre.
«Ci si è di colpo dimenticati che sono gli agricoltori che ci hanno permesso di superare un periodo catastrofico come quello della pandemia da coronavirus che ha colpito la popolazione mondiale. Sono loro che grazie al quotidiano lavoro e sfidando le intemperie climatiche oltre che i rischi sanitari per la propria salute hanno garantito la presenza di cibo sulle tavole dell'intera popolazione mondiale durante l'intero periodo pandemico, ma tutto ciò sembra non sia mai accaduto e quel che è peggio è che tanti pseudo ambientalisti accusano di essere i colpevoli del disastro ambientale che si sta vivendo e del depauperamento delle risorse naturali.
Ma come si può lontanamente ipotizzare una assurdità di tal fatta? Secondo questi benpensanti possiamo mai sputare nel piatto in cui mangiamo? La vera risorsa dell'agricoltura sono la terra e gli animali e nessun agricoltore mai potrà volerne la distruzione.
I veri custodi del creato sono gli agricoltori, è indiscusso il ruolo di "sentinelle del territorio", prova ne è che laddove gli stessi hanno dovuto per disperazione abbandonare lo stesso all'incuria e all'abbandono si sono verificate catastrofi ambientali di spropositate dimensione (alluvioni, smottamenti ecc, ecc,). Fatta questa doverosa premessa veniamo nello specifico alle ragioni della rivolta in corso in tutta Europa.
Le problematiche del settore cambiano in base al Paese, ma ci sono dei fattori comuni che legano le proteste in tutta Europa come la contrarietà all'obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni oppure l'ostilità a un accordo con il Mercosur che prevede import di carni e cereali da Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Venezuela.
Gli agricoltori chiedono un "nuovo piano agricolo", sottolineando che "non servono più deroghe o proroghe di leggi sbagliate". Negli ultimi anni la produzione agricola non riesce a coprire nemmeno gli stessi costi. Il prodotto pur arrivando sulle tavole dei cittadini con prezzi di tutto rispetto non remunera equamente chi lo produce. Sono altri gli attori della filiera che portano a casa lauti guadagni.
C'è il tema del dimezzamento tout cour dell'uso dei fitofarmaci per combattere le fitopatie e condurre al meglio le cure colturali. Non si può con un colpo di spugna vietarne indiscriminatamente l'uso senza aver trovato valide alternative. Così facendo se ci si rapporta ad ogni kG di prodotto ottenuto alla fine costringi a produrre di meno e a inquinare di più.
In generale gli agricoltori Italiani protestano per chiedere la revisione del Green Deal europeo, dei vincoli per accedere ai finanziamenti della Pac (Politica agricola comune), e per l'aumento indiscriminato del prezzo dei prodotti e del gasolio. Questi fattori mettono a serio rischio il Made in Italy.
C'è preoccupazione per l'apertura del mercato interno ai prodotti ucraini per le possibili importazioni a basso costo, vedasi ciò che è accaduto per il prezzo del grano italiano che è sceso ai minimi storici. Gli agricoltori dovranno rispettare i parametri come quello della messa a riposo dei terreni per ottenere i fondi comunitari della Pac - vitali per molte aziende e fattorie che per oltre il 90% sono a conduzione familiare -, che nell'Ue rappresentano circa un terzo delle voci di spesa del bilancio pluriennale.
In generale il settore è flagellato anche dagli eventi derivanti dal cambiamento climatico e dall'aumento del costo dell'energia, tutti fattori che hanno ridotto sempre più il margine di guadagno delle aziende agricole.
Un primo passo in avanti da parte della Comunità europea sarebbe quello di stralciare senza indugio l'obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni. Dobbiamo poter continuare a garantire l'alimentazione per tutti e la politica non deve ostacolare tali percorsi ma essere di supporto e al fianco degli agricoltori.
La protesta degli agricoltori interessa ormai l'intera Europa. Si chiede la garanzia di un reddito dignitoso, in quanto è evidente che esiste un divario molto significativo tra il prezzo di vendita nei negozi e ciò che effettivamente riceve il produttore.
E' imprescindibile un adeguamento dei margini per remunerare meglio i produttori, ma anche un adeguamento degli standard produttivi nei confronti degli altri paesi che esportano prodotti a prezzi ridotti. Ciò costringe gli agricoltori a ridurre i margini di guadagno. Le norme applicate in Italia, in particolare in termini fitosanitari o antibiotici, e che aumentano i costi di produzione, devono essere imposti anche ai prodotti importati nel quadro del libero scambio.
Quello che si chiede è avere cibo di alta qualità, capire come produrlo, ad un prezzo accessibile a tutti, e che provenga dal nostro territorio. Rispetto al resto del mondo produciamo con standard più elevati, sia in termini di salute che di tutela dei consumatori.
Tutto questo tenendo presente che ci sono anche le sfide della transizione ecologica che devono essere portate a compimento in modo efficiente e realistico.
L'esasperazione del mondo contadino si è diffusa negli ultimi mesi anche alla Polonia, Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria. I produttori di tutti questi Paesi denunciano sostanzialmente la «concorrenza sleale» dell'Ucraina, accusata di abbassare i prezzi dei suoi cereali. In effetti, sulla scia dell'offensiva russa, l'UE ha sospeso nel maggio 2022 i dazi doganali su tutti i prodotti importati dall'Ucraina e ha creato corridoi di solidarietà per consentire a Kiev di far transitare le sue scorte di cereali. Solo che molto cibo finisce per accumularsi tra i suoi vicini europei. Contro questo afflusso di grano o mais ucraino, gli agricoltori polacchi, bulgari e rumeni hanno tirato fuori i loro trattori per bloccare i valichi di frontiera con l'Ucraina.
Un'altra delle ragioni della protesta è legata alla burocrazia soffocante generata dalle normative europee. Non ci si può attanagliare in complessità burocratiche che sottraggono tempo al lavoro nei campi.
Queste alcune delle giuste ragioni che hanno portato gli agricoltori a manifestare ma ce ne sono altre ancora più invasive e preoccupanti che devono far mantenere alta l'attenzione all'intera società italiana, ed è quella della "green energy" nella misura in cui sottrae la coltivazione di suolo agricolo a favore di distese di pannelli fotovoltaici e quella della produzione di cibo "sintetico" e dell'uso della "farina di insetti" in nome e per conto di una ragione ambientalista che rischia di annientare e distruggere definitivamente il settore primario non dimenticando anche il ruolo sociale che svolge da sempre per la nostra nazione. L'agricoltura italiana è da sempre un'agricoltura per lo più a conduzione familiare, che pone al centro delle sue attenzioni e dei suoi valori il rispetto e la tutela dell'uomo e della donna nella loro essenza. La nostra non è una agricoltura attenta ai freddi numeri del business aziendale ma attenta al calore del focolare domestico e come tale và difesa a denti stretti poiché rappresenta la vera ricchezza di una nazione che grazie alla biodiversità e alla ricchezza storico/culturale dei propri territori la rende unica e inimitabile in tutto il mondo».