Politica
Direzione Italia: «Il sindaco era contro di noi»
E il mea culpa in conferenza stampa: «Abbiamo riposto fiducia nella persona sbagliata»
Corato - lunedì 9 settembre 2019
21.23
«Abbiamo riposto fiducia nella persona sbagliata. Ci scusiamo». È la frase con la quale Pasquale Pomodoro, segretario di Direzione Italia, ha congedato i giornalisti e gli intervenuti alla conferenza stampa nella quale, insieme al capogruppo Filippo Tatò, ha spiegato le motivazioni che hanno indotto il gruppo consiliare a rassegnare le dimissioni collettive dal consiglio comunale determinando così la fine anticipata dell'amministrazione di Pasquale D'Introno, voluta e sostenuta dallo stesso partito sin dalle primarie.
Un incontro con gli organi di informazione nel corso del quale i due esponenti di Direzione Italia, alla presenza di tutti i consiglieri comunali del gruppo e degli altri quattro consiglieri comunali di centrodestra dimissionari, hanno ripercorso le fasi della travagliata convivenza politica con il sindaco D'Introno, scelto come «candidato di coalizione».
Un lungo excursus nel quale Pomodoro, che ha aperto l'incontro, si è soffermato sulla genesi della candidatura di Pasquale D'Introno, individuato come punto di incontro di una intera coalizione e non di un singolo partito. L'obiettivo infatti era quello di individuare un candidato sindaco che fosse percepito come espressione dell'intera coalizione.
Inevitabile il passaggio con il quale Pasquale Pomodoro ha provato a «sfatare il falso mito delle poltrone». «La coalizione aveva l'esigenza di portare avanti un programma con i propri esponenti in giunta. E il sindaco non si è mai proposto di dire la sua sulla composizione della giunta. Anzi ha ringraziato "la vecchia politica" alla quale ha dato il compito di curare la nascita dell'esecutivo. Dopodiché non si è più presentato alle riunioni in cui si discuteva di giunta».
Nonostante ciò, però, trovare la quadra sulla composizione della giunta non è stato semplice. Si ricorderà che, nella prima seduta di consiglio comunale, convocata dopo ben 45 giorni dall'elezione del sindaco, il primo cittadino si è presentato da solo e dimissionario. Questo a riprova del fatto che le tensioni interne alla maggioranza per la distribuzione delle "poltrone" o incarichi che si voglia dire, erano presenti e forti. Pomodoro minimizza e sposta l'inizio della crisi politica al 22 luglio, il giorno in cui Pasquale D'Introno nominò la giunta.
«Abbiamo conosciuto due sindaci: l'uno fino al 21 luglio, l'altro dal 22 luglio in poi. Tra l'altro siamo stati, me compreso, chiamati a ritirare le deleghe. Cinque su sette. Abbiamo preferito
che la giunta, prima di essere presentata, fosse completa dei suoi sette assessori. Per noi il principio di unità è sacro. Con la nomina della giunta e la scoperta che solo due caselle erano rimaste libere abbiamo capito che si stava portando Direzione Italia all'isolamento» ha continuato Pomodoro, ricordando l'intervento di Tatò in consiglio comunale con il quale si chiedeva l'azzeramento della giunta. Un azzeramento mai arrivato, nemmeno quando la situazione era del tutto compromessa.«Il sindaco non ci ha dato cenni sull'azzeramento».
Torna amareggiato sulla definizione di "vecchia politica" cucita addosso ai rappresentanti del suo partito: «La nuova politica ha fatto peggio della vecchia aprendo un mercato di incarichi e lanciando appelli alle opposizioni». E un cenno ai due consiglieri comunali firmatari della fine dell'amministrazione: «Quando manca la maggioranza è un dovere delle opposizioni far cadere l'amministrazione».
Vi è stato un momento determinante, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, che ha portato il gruppo di Direzione Italia a scegliere di non fare più passi indietro. «Il sindaco ha detto di essere lo strumento per liberare la città dalla vecchia politica. In quel momento abbiamo avuto la chiarezza che fosse contro di noi, che si voleva liberare di noi. E poi ha chiesto l'intervento dei vertici dei nostri partiti e improvvisamente si pente s prova a fare passi indietro proponendo di azzerare la giunta. È forse questo un atteggiamento serio?» si chiede Pomodoro. «Avrebbe dovuto prima azzerare la giunta e poi cercare di ricucire».
Più breve l'intervento del capogruppo Tatò che ha definito le dimissioni collettive come un atto «doloroso ma inevitabile».
«Il sindaco, con le dimissioni del 22 luglio, si è tirato fuori dalla sua maggioranza». E sul prosieguo della crisi amministrativa ha aggiunto: «Avrebbe docuto prendere atto di una crisi irreversibile, di non avere più una maggioranza e dimettersi. Non lo ha fatto e quindi abbiamo dovuto farlo noi».
Spazio alle domande dei giornalisti. In particolare è stato chiesto a Pasquale Pomodoro se corrispondesse al vero che uno dei motivi scatenanti del dissidio con il sindaco fosse il non gradimento da parte del primo cittadino del suo nome come vice. Pomodoro ha smentito così come ha smentito che vi sia un legame tra le dimissioni e la scelta del sindaco di revocare il segretario generale: «Ci eravamo imposti il 5 settembre come termine ultimo per decidere sulle dimissioni di massa, atteso che l'idea era già maturata a fine agosto».
Quanto ai rapporti con gli alleati si è saputo poco o nulla. Non è chiaro cosa si siano detti nelle riunioni che sono seguite alla nomina della giunta della quale facevano parte, lo ricordiamo, il segretario di Fratelli D'Italia e il delegato di Idea. È soltanto emerso che non vi siano stati diverbi o tensioni con gli alleati, segno di freddezza e distacco. Una cosa è certa: Pasquale D'Introno è riuscito a dividere non soltanto la coalizione ma anche i partiti al loro interno.
Un incontro con gli organi di informazione nel corso del quale i due esponenti di Direzione Italia, alla presenza di tutti i consiglieri comunali del gruppo e degli altri quattro consiglieri comunali di centrodestra dimissionari, hanno ripercorso le fasi della travagliata convivenza politica con il sindaco D'Introno, scelto come «candidato di coalizione».
Un lungo excursus nel quale Pomodoro, che ha aperto l'incontro, si è soffermato sulla genesi della candidatura di Pasquale D'Introno, individuato come punto di incontro di una intera coalizione e non di un singolo partito. L'obiettivo infatti era quello di individuare un candidato sindaco che fosse percepito come espressione dell'intera coalizione.
Inevitabile il passaggio con il quale Pasquale Pomodoro ha provato a «sfatare il falso mito delle poltrone». «La coalizione aveva l'esigenza di portare avanti un programma con i propri esponenti in giunta. E il sindaco non si è mai proposto di dire la sua sulla composizione della giunta. Anzi ha ringraziato "la vecchia politica" alla quale ha dato il compito di curare la nascita dell'esecutivo. Dopodiché non si è più presentato alle riunioni in cui si discuteva di giunta».
Nonostante ciò, però, trovare la quadra sulla composizione della giunta non è stato semplice. Si ricorderà che, nella prima seduta di consiglio comunale, convocata dopo ben 45 giorni dall'elezione del sindaco, il primo cittadino si è presentato da solo e dimissionario. Questo a riprova del fatto che le tensioni interne alla maggioranza per la distribuzione delle "poltrone" o incarichi che si voglia dire, erano presenti e forti. Pomodoro minimizza e sposta l'inizio della crisi politica al 22 luglio, il giorno in cui Pasquale D'Introno nominò la giunta.
«Abbiamo conosciuto due sindaci: l'uno fino al 21 luglio, l'altro dal 22 luglio in poi. Tra l'altro siamo stati, me compreso, chiamati a ritirare le deleghe. Cinque su sette. Abbiamo preferito
che la giunta, prima di essere presentata, fosse completa dei suoi sette assessori. Per noi il principio di unità è sacro. Con la nomina della giunta e la scoperta che solo due caselle erano rimaste libere abbiamo capito che si stava portando Direzione Italia all'isolamento» ha continuato Pomodoro, ricordando l'intervento di Tatò in consiglio comunale con il quale si chiedeva l'azzeramento della giunta. Un azzeramento mai arrivato, nemmeno quando la situazione era del tutto compromessa.«Il sindaco non ci ha dato cenni sull'azzeramento».
Torna amareggiato sulla definizione di "vecchia politica" cucita addosso ai rappresentanti del suo partito: «La nuova politica ha fatto peggio della vecchia aprendo un mercato di incarichi e lanciando appelli alle opposizioni». E un cenno ai due consiglieri comunali firmatari della fine dell'amministrazione: «Quando manca la maggioranza è un dovere delle opposizioni far cadere l'amministrazione».
Vi è stato un momento determinante, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, che ha portato il gruppo di Direzione Italia a scegliere di non fare più passi indietro. «Il sindaco ha detto di essere lo strumento per liberare la città dalla vecchia politica. In quel momento abbiamo avuto la chiarezza che fosse contro di noi, che si voleva liberare di noi. E poi ha chiesto l'intervento dei vertici dei nostri partiti e improvvisamente si pente s prova a fare passi indietro proponendo di azzerare la giunta. È forse questo un atteggiamento serio?» si chiede Pomodoro. «Avrebbe dovuto prima azzerare la giunta e poi cercare di ricucire».
Più breve l'intervento del capogruppo Tatò che ha definito le dimissioni collettive come un atto «doloroso ma inevitabile».
«Il sindaco, con le dimissioni del 22 luglio, si è tirato fuori dalla sua maggioranza». E sul prosieguo della crisi amministrativa ha aggiunto: «Avrebbe docuto prendere atto di una crisi irreversibile, di non avere più una maggioranza e dimettersi. Non lo ha fatto e quindi abbiamo dovuto farlo noi».
Spazio alle domande dei giornalisti. In particolare è stato chiesto a Pasquale Pomodoro se corrispondesse al vero che uno dei motivi scatenanti del dissidio con il sindaco fosse il non gradimento da parte del primo cittadino del suo nome come vice. Pomodoro ha smentito così come ha smentito che vi sia un legame tra le dimissioni e la scelta del sindaco di revocare il segretario generale: «Ci eravamo imposti il 5 settembre come termine ultimo per decidere sulle dimissioni di massa, atteso che l'idea era già maturata a fine agosto».
Quanto ai rapporti con gli alleati si è saputo poco o nulla. Non è chiaro cosa si siano detti nelle riunioni che sono seguite alla nomina della giunta della quale facevano parte, lo ricordiamo, il segretario di Fratelli D'Italia e il delegato di Idea. È soltanto emerso che non vi siano stati diverbi o tensioni con gli alleati, segno di freddezza e distacco. Una cosa è certa: Pasquale D'Introno è riuscito a dividere non soltanto la coalizione ma anche i partiti al loro interno.