San cataldo maggio Pasquale Diasparra Copia JPG. <span>Foto Pasquale Diasparra</span>
San cataldo maggio Pasquale Diasparra Copia JPG. Foto Pasquale Diasparra
Religione

Corato celebra il Santo patrono Cataldo

Questa mattina la celebrazione presieduta da mons. Pichierri

È giorno di festa per la città di Corato che, il 10 maggio celebra il suo Santo Patrono Cataldo.

Questa mattina, in Chiesa Matrice, mons. Giovan Battista Picherri, arcivescovo di Trani, ha presieduto la solenne celebrazione eucaristica concelebrata dai sacerdoti delle parrocchie e delle rettorie coratine.

Presenti alla solenne cerimonia le autorità civili e militari, la Deputazione Maggiore di San Cataldo e le Confraternite.

Dinanzi all'altare il gonfalone della Città di Corato a simboleggiare lo stretto legame della cittadinanza con il suo Santo Patrono.

La solennità di San Cataldo è il momento finale di un periodo di preparazione alla festa del Santo patrono durata nove giorni. In questo periodo le comunità parrocchiali hanno riflettuto sul tema: "I frutti dello Spirito". Infatti nella lettera ai Galati San Paolo dice: "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito".

"San Cataldo si è fatto guidare dallo Spirito - ha dichiarato Don Giuseppe Lobascio , Vicario zonale - , per diventare un missionario che dalla terra d'Irlanda si recò in Terra Santa e da lì a Taranto, sempre a servizio e lasciandosi guidare dai valori paolini e dalla profonda fede in Maria. Il nostro compito di cristiani è quella di imitare lo spirito cataldiano nella vita quotidiana."

L'Arcivescovo Drogone trovo' il corpo di San Cataldo circa dieci secoli più tardi quando ordinò di ricostruire la chiesa diroccata dove il Santo era stato sepolto. Di San Cataldo era ormai stata perduta ogni memoria a causa delle continue distruzioni che Taranto subì nel tempo, l'ultima nel 927. Era il 10 maggio del 1071 e, mentre gli operai scavavano, il loro piccone urtò contro un sarcofago di marmo che emanava una dolce profumo. Venne trovato al suo interno un corpo in perfetto stato di conservazione e una crocetta di oro su cui era inciso a caratteri latini il nome "Cataldus Rachau".

Ciò tuttavia non inficia la datazione del periodo della vita di Cataldo, il quale, tra le altre cose, essendo stato professore e maestro di spiritualità nella Scuola e Monastero di Lismore nel sud dell'Irlanda, fondati nel 630 vissuto nel VII secolo allievo di San Cartago (o San Mochuda) a Lismore; educatore nella stessa comunità monastica; abate di Lismore; vescovo dal 655 al 660; il 28 novembre del 660 parte e lascia la sua comunità monastica di Lismore per andare in Terra Santa.

Nel 1107 il vescovo Rainaldo traslò solennemente le reliquie sotto l'altare maggiore, mentre nel 1151 il vescovo Giraldo le mise in un'urna d'argento nel transetto destro. Dal ritrovamento del corpo il culto di san Cataldo si sviluppò nella fede dei tarantini, che gli dedicarono il luogo del ritrovamento e lo scelsero come Patrono della città. Non solo il culto cataldiano è un importante caso di antropologia di diffusione del culto: molti spazi urbani e periurbani in Italia ed all'estero portano il suo nome. Viene invocato contro le guerre, le epidemie e la morte improvvisa. Secondo la tradizione, il santo avrebbe lanciato un anello in mare per placare una tempesta, e in quel punto del Mar Grande si sarebbe formato un citro, cioè una sorgente d'acqua dolce chiamata "Anello di San Cataldo".

A Taranto Cataldo compì la sua opera evangelizzatrice, facendo abbattere i templi pagani e soccorrendo i bisognosi. In quel periodo si recò anche nei paesi limitrofi, tra cui Corato nel 1483 di cui divenne patrono avendo liberato la città dalla peste. Il culto di san Cataldo è legato anche alle opere di assistenza sanitaria e enti pubblici che portano il suo nome in segno di fede e di riconoscenza per la sua protezione.

FOTO: Pasquale Diasparra
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