Scuola e Lavoro
Cobas voce fuori dal coro: «Le scuole devono riaprire. Non è accettabile che vengano immolate»
Il sindacato reputa "imbarazzanti" le richieste dei sindacati della scuola
Corato - lunedì 4 gennaio 2021
19.26 Comunicato Stampa
A distanza di pochi minuti dalle dichiarazioni con le quali il Presidente Emiliano afferma di essere pronto ad una nuova ordinanza per garantire la didattica a distanza di tutti gli studenti, la sigla sindacale Cobas Scuola esprime il suo dissenso in merito alle proposte di CGIL, CISL, UIL ed altri sindacati di rimandare le lezioni in presenza. Una voce fuori dal coro, quella dei Cobas, che chiede il ritorno in presenza. Di seguito la nota diffusa dal sindacato.
L'incontro tra i sindacati della scuola (CGIL, CISL, UIL e compagnia bella) e governo Regionale si sarebbe concluso con una serie di richieste molto imbarazzanti: i "grandi" sindacati, pur senza dati certi sui contagi nelle scuole, ritengono che non vi siano le condizioni per ritornare alla scuola in presenza. Qualcuno si è spinto a chiedere di dare per scontata la DaD con la possibilità per i genitori di chiedere (elemosinare) di frequentare in presenza.
Inoltre, sono nate in questi giorni petizioni per continuare a bloccare del tutto la ripresa delle lezioni in nome della salute e della sicurezza, dimenticando, però, che in tutta Italia (ad eccezione della Puglia e della Campania) gli altri ordini di scuola non hanno mai smesso di svolgere la didattica in presenza! Perchè questa discrepanza tra la Puglia e le altre regioni (anche quelle con una situazione epidemiologica peggiore)? La differenza è segnata dalle posizioni del governo regionale, che ha lasciato alle famiglie la facoltà di decidere se mandare o meno i figli a scuola. Emiliano si propone come il protettore degli studenti: "Non vi faccio tornare a scuola!", alimentando un clima di insicurezza nelle famiglie e nei lavoratori della scuola. Le scuole pugliesi non sono dissimili dalle altre scuole della Penisola, per cui risulta davvero difficile comprendere perché, sul piano della sicurezza, chi lavora in una scuola lombarda lo debba fare in presenza e chi lavora nelle scuole pugliesi no! Il problema della Salute nella scuola deve riuscire a tenere insieme la dimensione lavorativa con quella sociale. Il danno alla salute psicofisica che sta producendo la chiusura (a metà) delle scuole pugliesi colpisce tutti, come avverrebbe per la chiusura di poliambulatori e ospedali, ma colpisce in primo luogo le fasce sociali più deboli.
Docenti e ATA che chiedono di chiudere le scuole per motivi di sicurezza fruiscono quotidianamente dei servizi pubblici, ma anche privati in cui altri lavoratori e altre lavoratrici garantiscono loro la possibilità di fare esami diagnostici, acquistare medicinali o anche semplicemente di fare la spesa, nonostante i rischi e le paure personali. Perché proprio noi che lavoriamo nella scuola (e per giunta solo quelli delle scuole pugliesi) dovremmo essere meno motivati ad esserci e a lottare contro il deserto sociale che ci sta annichilendo tutti?
Le scuole pugliesi devono riaprire perché non è più accettabile che vengano ancora immolate sull'altare delle inefficienze della sanità territoriale.
Questo è un punto per noi dirimente, anche a costo di perdere una parte di consenso sindacale nella categoria. La lotta per la sicurezza si deve combattere nei luoghi di lavoro (e ovviamente con le scuole aperte) a partire dalla richiesta di un sistema di tracciamento efficace e di servizi sanitari nelle scuole, che gestiscano in modo diretto i tamponi rapidi sul posto. Gli interventi del governo nazionale e regionale non sono stati adeguati e per questo dobbiamo continuare a batterci, ma le nostre rivendicazioni non possono giustificare la chiusura delle scuole, a meno che l'emergenza porti a chiudere anche le attività produttive.
Oggi questa richiesta, per la scuola, non può essere avanzata in termini generali, ma deve essere legata a situazioni specifiche in cui può essere necessaria la chiusura di una classe, di un plesso o di una scuola. Diversamente vedremo il perdurare di una situazione intollerabile come quella pugliese dei mesi scorsi, chiuse ad intermittenza di un servizio ritenuto superfluo.
L'incontro tra i sindacati della scuola (CGIL, CISL, UIL e compagnia bella) e governo Regionale si sarebbe concluso con una serie di richieste molto imbarazzanti: i "grandi" sindacati, pur senza dati certi sui contagi nelle scuole, ritengono che non vi siano le condizioni per ritornare alla scuola in presenza. Qualcuno si è spinto a chiedere di dare per scontata la DaD con la possibilità per i genitori di chiedere (elemosinare) di frequentare in presenza.
Inoltre, sono nate in questi giorni petizioni per continuare a bloccare del tutto la ripresa delle lezioni in nome della salute e della sicurezza, dimenticando, però, che in tutta Italia (ad eccezione della Puglia e della Campania) gli altri ordini di scuola non hanno mai smesso di svolgere la didattica in presenza! Perchè questa discrepanza tra la Puglia e le altre regioni (anche quelle con una situazione epidemiologica peggiore)? La differenza è segnata dalle posizioni del governo regionale, che ha lasciato alle famiglie la facoltà di decidere se mandare o meno i figli a scuola. Emiliano si propone come il protettore degli studenti: "Non vi faccio tornare a scuola!", alimentando un clima di insicurezza nelle famiglie e nei lavoratori della scuola. Le scuole pugliesi non sono dissimili dalle altre scuole della Penisola, per cui risulta davvero difficile comprendere perché, sul piano della sicurezza, chi lavora in una scuola lombarda lo debba fare in presenza e chi lavora nelle scuole pugliesi no! Il problema della Salute nella scuola deve riuscire a tenere insieme la dimensione lavorativa con quella sociale. Il danno alla salute psicofisica che sta producendo la chiusura (a metà) delle scuole pugliesi colpisce tutti, come avverrebbe per la chiusura di poliambulatori e ospedali, ma colpisce in primo luogo le fasce sociali più deboli.
Docenti e ATA che chiedono di chiudere le scuole per motivi di sicurezza fruiscono quotidianamente dei servizi pubblici, ma anche privati in cui altri lavoratori e altre lavoratrici garantiscono loro la possibilità di fare esami diagnostici, acquistare medicinali o anche semplicemente di fare la spesa, nonostante i rischi e le paure personali. Perché proprio noi che lavoriamo nella scuola (e per giunta solo quelli delle scuole pugliesi) dovremmo essere meno motivati ad esserci e a lottare contro il deserto sociale che ci sta annichilendo tutti?
Le scuole pugliesi devono riaprire perché non è più accettabile che vengano ancora immolate sull'altare delle inefficienze della sanità territoriale.
Questo è un punto per noi dirimente, anche a costo di perdere una parte di consenso sindacale nella categoria. La lotta per la sicurezza si deve combattere nei luoghi di lavoro (e ovviamente con le scuole aperte) a partire dalla richiesta di un sistema di tracciamento efficace e di servizi sanitari nelle scuole, che gestiscano in modo diretto i tamponi rapidi sul posto. Gli interventi del governo nazionale e regionale non sono stati adeguati e per questo dobbiamo continuare a batterci, ma le nostre rivendicazioni non possono giustificare la chiusura delle scuole, a meno che l'emergenza porti a chiudere anche le attività produttive.
Oggi questa richiesta, per la scuola, non può essere avanzata in termini generali, ma deve essere legata a situazioni specifiche in cui può essere necessaria la chiusura di una classe, di un plesso o di una scuola. Diversamente vedremo il perdurare di una situazione intollerabile come quella pugliese dei mesi scorsi, chiuse ad intermittenza di un servizio ritenuto superfluo.