Cronaca
Clan a «dimensione metropolitana-provinciale». Ma non a Corato
L'Antimafia fotografa la realtà cittadina, in cui è forte il controllo delle famiglie protagoniste degli anni '90
Corato - venerdì 20 luglio 2018
15.00
12 sodalizi criminali distinti, alcuni dei quali con molte articolazioni all'interno, tentacoli che stringono i quartieri della città di Bari tra affari e traffici illeciti. Gruppi in contrasto tra loro, ma con la tendenza, sempre più diffusa, ad espandersi sul territorio extra-cittadino. Ma non a Corato.
È quanto emerge dalla relazione del secondo semestre 2017 redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia sullo stato della malavita in Italia, con un capitolo dedicato alla Puglia e all'area barese. Non a Corato, però, dove non c'è nessuno tentativo di espansione dei gruppi criminali baresi e dunque rispetto ai centri viciniori, può e deve ritenersi ancora un'isola felice.
«Le consolidate peculiarità della criminalità organizzata barese - è spiegato - hanno trovato puntuali riscontri nelle più importanti attività investigative concluse e nelle sentenze pronunciate nel semestre, dalla cui analisi è emersa la capacità dei sodalizi, seppur frammentati, di insinuarsi nei gangli vitali del tessuto sociale e produttivo, dando corpo ad un importante volume di affari in diversi settori, senza per questo rinunciare al ricorso alle armi per dirimere conflitti».
Nel corposo dossier, infatti, viene sottolineata la tendenza dei gruppi criminosi, «sempre più diffusa, ad espandersi sul territorio extra-cittadino, tanto da acquisire una "dimensione metropolitana-provinciale" che consente di esportare nell'hinterland le strategie già sperimentate con successo nel capoluogo, potendo contare sulla presenza, nei comuni della provincia, di numerosi gruppi criminali autoctoni, disposti a stringere alleanze operative».
«La contiguità dell'area urbana con quella metropolitana - si legge a pagina 182 - continua a favorire l'interazione criminale tra il capoluogo e la provincia. Ciò comporta, talvolta anche in piccoli comuni, la coabitazione di clan che possono definirsi storicamente "egemoni" con frange di altri aggregati (comprese poco rilevanti strutture criminali straniere), in ragione di una "spartizione" delle aree di influenza stabilita sulla base di "rapporti di forza"».
»Deve considerarsi anche che, nel semestre in esame - viene rimarcato - numerose operazioni di polizia giudiziaria e l'esecuzione di alcune sentenze di condanna hanno decimato gli organici dei gruppi criminali operativi nell'hinterland barese, favorendo ulteriormente l'espandersi, su quei territori, del potere dei clan del capoluogo, ovvero l'affiliazione di consorterie autoctone agli storici gruppi cittadini».
E Corato? Stando alla fotografia scattata dall'Antimafia, non c'è nessuno tentativo di espansione dei gruppi criminali baresi e dunque rispetto ai centri viciniori, può e deve ritenersi ancora un'isola felice. Un vessillo, dunque, che, almeno da queste parti, può essere sbandierato con orgoglio.
È quanto emerge dalla relazione del secondo semestre 2017 redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia sullo stato della malavita in Italia, con un capitolo dedicato alla Puglia e all'area barese. Non a Corato, però, dove non c'è nessuno tentativo di espansione dei gruppi criminali baresi e dunque rispetto ai centri viciniori, può e deve ritenersi ancora un'isola felice.
«Le consolidate peculiarità della criminalità organizzata barese - è spiegato - hanno trovato puntuali riscontri nelle più importanti attività investigative concluse e nelle sentenze pronunciate nel semestre, dalla cui analisi è emersa la capacità dei sodalizi, seppur frammentati, di insinuarsi nei gangli vitali del tessuto sociale e produttivo, dando corpo ad un importante volume di affari in diversi settori, senza per questo rinunciare al ricorso alle armi per dirimere conflitti».
Nel corposo dossier, infatti, viene sottolineata la tendenza dei gruppi criminosi, «sempre più diffusa, ad espandersi sul territorio extra-cittadino, tanto da acquisire una "dimensione metropolitana-provinciale" che consente di esportare nell'hinterland le strategie già sperimentate con successo nel capoluogo, potendo contare sulla presenza, nei comuni della provincia, di numerosi gruppi criminali autoctoni, disposti a stringere alleanze operative».
«La contiguità dell'area urbana con quella metropolitana - si legge a pagina 182 - continua a favorire l'interazione criminale tra il capoluogo e la provincia. Ciò comporta, talvolta anche in piccoli comuni, la coabitazione di clan che possono definirsi storicamente "egemoni" con frange di altri aggregati (comprese poco rilevanti strutture criminali straniere), in ragione di una "spartizione" delle aree di influenza stabilita sulla base di "rapporti di forza"».
»Deve considerarsi anche che, nel semestre in esame - viene rimarcato - numerose operazioni di polizia giudiziaria e l'esecuzione di alcune sentenze di condanna hanno decimato gli organici dei gruppi criminali operativi nell'hinterland barese, favorendo ulteriormente l'espandersi, su quei territori, del potere dei clan del capoluogo, ovvero l'affiliazione di consorterie autoctone agli storici gruppi cittadini».
E Corato? Stando alla fotografia scattata dall'Antimafia, non c'è nessuno tentativo di espansione dei gruppi criminali baresi e dunque rispetto ai centri viciniori, può e deve ritenersi ancora un'isola felice. Un vessillo, dunque, che, almeno da queste parti, può essere sbandierato con orgoglio.