Politica
«Basta alla politica clientelare e paternalistica» la voce dei ragazzi di Rimettiamo in moto la città
I ragazzi del collettivo si sono riuniti per un confronto sui temi di interesse cittadino
Corato - sabato 17 novembre 2018
11.32
"Puntiamo ai giovani! I ragazzi sono una risorsa e il futuro del Paese! Diamo spazio alle nuove generazioni!" Quante volte le nostre orecchie hanno potuto udire simili slogan, specie durante le varie campagne elettorali. Si, perché il tema giovani pare essere uno di quegli argomenti utili, indispensabili, al fine di apparire lungimiranti, proiettati al futuro e a politiche di lungo termine, se non addirittura "politicamente corretti".
Ma alla fine si tratta appunto di slogan: dare spazio ai giovani è un tema che ormai pare essere entrato a pieno titolo in quello che potremmo definire "politichese", il linguaggio della politica, o meglio, il linguaggio che i politici utilizzano al fine di risultare appetibili, aperti e conformi alle idee condivise dalla maggior parte della popolazione, "populisti" per utilizzare un termine che oggigiorno va per la maggiore.
Ma dopo le urne, quanto spazio si concede effettivamente ai giovani? E fino a che punto questi partecipano alla vita politica del Paese o addirittura del comune di appartenenza?
Corato si sta preparando alle amministrative della prossima primavera. Non siamo ancora entrati nel vivo della campagna elettorale, ma numerosi gruppi politici hanno già cominciato a gettare le basi per prepararsi alle elezioni.
Uno di questi è il collettivo Rimettiamo in modo la città, che attraverso la voce di Corrado De Benedittis, uno degli esponenti di spicco del movimento, ha più volte rimarcato l'importanza di porre fine ad una politica, quella che da anni ha caratterizzato il nostro comune, che ha sempre cercato di essere "paternalistica", una politica che non ha voluto o saputo ascoltare, una politica che ha solo apparentemente dato l'impressione di voler essere aperta ai giovani.
Ieri sera, in via San Benetto 24, la sede di Rimettiamo in moto la città, i ragazzi del collettivo hanno organizzato un incontro pubblico rivolto ai giovani coratini per parlare delle tematiche alle quali più si sentono vicini. L'obbiettivo era quello di costituire un gruppo di lavoro ma prima ancora, un centro di aggregazione che vuole essere una forma di partecipazione alla politica e alla vita di paese in generale.
Tanti i temi toccati, tra cui appunto quello della mancata considerazione da parte delle scorse amministrazioni comunali, alle generazioni più giovani, sempre più ai margini della vita politica e sociale di un paese, Corato, in cui le istituzioni appaiono distanti, lontane dalle necessità proprie degli gli strati sociali più giovani.
I ragazzi presenti hanno più volte manifestato un condiviso risentimento verso le scorse amministrazioni, quasi a rimarcare un forte distacco da un mondo che non ha saputo rappresentarli e tutt'ora non li rappresenta, una politica definita dai ragazzi stessi , "antiquata, retta da sistemi clientelari e paternalistici", una politica che è solita utilizzare termini come "trasversalità e buon senso" come una maschera, o meglio un'esca da rigettare in mare una volta terminata la sua utilità.
Più volte ieri, si è rimarcata la necessita di una svolta, di un'alternativa radicale che vada a scardinare questo modo di concepire la politica, un'alternativa che mini alla base questo sistema, facendo saltare gli schemi e abbattere quel muro insormontabile che pare dividere le istituzioni dai giovani, a cui negli anni sembra non essere stato concesso diritto di parola, se non apparentemente.
Si è invocata ieri, un'alternativa di popolo, necessaria per avviare un nuovo stile di vita, nuove forme di partecipazione. Realisticamente, non si pensa di sovvertire rapidamente lo status quo ma si punta ad un percorso di rigenerazione della politica, un cammino ambizioso e nello stesso tempo necessario, un tragitto che punti a coinvolgere nella partecipazione alla vita pubblica.
La parola chiave è appunto "partecipare", una parola che etimologicamente deriva dal composto latino pars (parte) e capere (prendere), letteralmente quindi "prendersi una parte". La parte in questione, che di cui i ragazzi hanno bisogno, è un posto nella società, una società che viaggi in sintonia con le ambizioni e le necessità di ciascuno, una società aperta all'ascolto, al dialogo.
In un periodo storico nel quale la partecipazione giovanile alla vita socio-politica lascia molto a desiderare, ci si deve porre degli interrogativi su come arginare questo fenomeno. Molto spesso l'educazione formale non riesce a garantire anche una corretta educazione civica, sia perché percepita come troppo rigida dai giovani, sia perché legata a doppio filo con strategie politiche poco felici. La sfida di questi anni è quindi affidata all'educazione non formale, e alla sua capacità di coinvolgimento dei giovani nelle forme di gruppi, associazioni e movimenti.
Rimettiamo in moto la città pare abbia messo al centro del suo modus operandi, la volontà di coinvolgere e integrare tutti coloro che si rivedono nei suoi ideali e nel suo animo progressista, giovani compresi, ai quali il collettivo affida il giusto spazio per esprimersi anche in materia di politica.
Storicamente infatti, si è visto che è proprio nell'agire politico, che la frangia giovanile della società, trova la sua espressione più radicata e duratura, che negli anni ha prodotto periodi di contestazione e mobilitazione che hanno concorso a definire il volto dell'Italia dal secondo dopoguerra ad oggi. Considerando la storia nazionale, questo intreccio tra il mondo giovanile e la politica, negli anni non è stato sempre lineare. Dalla disaffezione nei confronti della politica, caratterizzante l'atteggiamento dei giovani degli anni cinquanta, alla forte mobilitazione del sessantotto, la partecipazione giovanile ha conosciuto diverse fasi e sempre è stata fortemente influenzata dalle risorse sociali disponibili.
Oggi giorno pare si sia tornati ad una generale forma di allontanamento dei giovani dalla politica nazionale, e prima ancora locale, una sorta di disaffezione nei confronti delle amministrazioni delle quali si è persa ogni fiducia.
Ma la forza, la tenacia, la voglia di lasciare il segno nel mondo in cui essi vivono, sono proprietà tipicamente riconosciute nelle generazioni più giovani, la cui ostinazione, caparbietà e volontà di affermazione fanno di essi una realtà affascinante, ricca di diverse sfaccettature. Il mondo giovanile di fatto è una realtà in continuo mutamento ma in ogni caso conserva in sé un potenziale ineguagliabile, una forza, una capacità di modificare il corso degli eventi, di difendere i propri spazi, di esprimere sé stesso, unica e meravigliosa.
Non è raro sentir parlare oggi della gioventù come una generazione inerme, incapace di prendere posizioni importante, di influire nelle decisioni che determinano le sorti del Paese, ma la verità è che se consapevole di una minaccia, se stuzzicata ed emarginata a lungo, la gioventù può esplodere con la stessa potenza dirompente che ha avuto spesso modo di mostrare, riuscendo ancora ad esprimere il suo potenziale, a mettere in campo tutte le forze a disposizione per lottare e far valere le proprie posizioni, perché in fondo, riprendendo le parole di Vasile Ghica, noto scrittore rumeno, "La più grande tragedia avrà inizio quando i giovani non vorranno più cambiare il mondo".
Ma alla fine si tratta appunto di slogan: dare spazio ai giovani è un tema che ormai pare essere entrato a pieno titolo in quello che potremmo definire "politichese", il linguaggio della politica, o meglio, il linguaggio che i politici utilizzano al fine di risultare appetibili, aperti e conformi alle idee condivise dalla maggior parte della popolazione, "populisti" per utilizzare un termine che oggigiorno va per la maggiore.
Ma dopo le urne, quanto spazio si concede effettivamente ai giovani? E fino a che punto questi partecipano alla vita politica del Paese o addirittura del comune di appartenenza?
Corato si sta preparando alle amministrative della prossima primavera. Non siamo ancora entrati nel vivo della campagna elettorale, ma numerosi gruppi politici hanno già cominciato a gettare le basi per prepararsi alle elezioni.
Uno di questi è il collettivo Rimettiamo in modo la città, che attraverso la voce di Corrado De Benedittis, uno degli esponenti di spicco del movimento, ha più volte rimarcato l'importanza di porre fine ad una politica, quella che da anni ha caratterizzato il nostro comune, che ha sempre cercato di essere "paternalistica", una politica che non ha voluto o saputo ascoltare, una politica che ha solo apparentemente dato l'impressione di voler essere aperta ai giovani.
Ieri sera, in via San Benetto 24, la sede di Rimettiamo in moto la città, i ragazzi del collettivo hanno organizzato un incontro pubblico rivolto ai giovani coratini per parlare delle tematiche alle quali più si sentono vicini. L'obbiettivo era quello di costituire un gruppo di lavoro ma prima ancora, un centro di aggregazione che vuole essere una forma di partecipazione alla politica e alla vita di paese in generale.
Tanti i temi toccati, tra cui appunto quello della mancata considerazione da parte delle scorse amministrazioni comunali, alle generazioni più giovani, sempre più ai margini della vita politica e sociale di un paese, Corato, in cui le istituzioni appaiono distanti, lontane dalle necessità proprie degli gli strati sociali più giovani.
I ragazzi presenti hanno più volte manifestato un condiviso risentimento verso le scorse amministrazioni, quasi a rimarcare un forte distacco da un mondo che non ha saputo rappresentarli e tutt'ora non li rappresenta, una politica definita dai ragazzi stessi , "antiquata, retta da sistemi clientelari e paternalistici", una politica che è solita utilizzare termini come "trasversalità e buon senso" come una maschera, o meglio un'esca da rigettare in mare una volta terminata la sua utilità.
Più volte ieri, si è rimarcata la necessita di una svolta, di un'alternativa radicale che vada a scardinare questo modo di concepire la politica, un'alternativa che mini alla base questo sistema, facendo saltare gli schemi e abbattere quel muro insormontabile che pare dividere le istituzioni dai giovani, a cui negli anni sembra non essere stato concesso diritto di parola, se non apparentemente.
Si è invocata ieri, un'alternativa di popolo, necessaria per avviare un nuovo stile di vita, nuove forme di partecipazione. Realisticamente, non si pensa di sovvertire rapidamente lo status quo ma si punta ad un percorso di rigenerazione della politica, un cammino ambizioso e nello stesso tempo necessario, un tragitto che punti a coinvolgere nella partecipazione alla vita pubblica.
La parola chiave è appunto "partecipare", una parola che etimologicamente deriva dal composto latino pars (parte) e capere (prendere), letteralmente quindi "prendersi una parte". La parte in questione, che di cui i ragazzi hanno bisogno, è un posto nella società, una società che viaggi in sintonia con le ambizioni e le necessità di ciascuno, una società aperta all'ascolto, al dialogo.
In un periodo storico nel quale la partecipazione giovanile alla vita socio-politica lascia molto a desiderare, ci si deve porre degli interrogativi su come arginare questo fenomeno. Molto spesso l'educazione formale non riesce a garantire anche una corretta educazione civica, sia perché percepita come troppo rigida dai giovani, sia perché legata a doppio filo con strategie politiche poco felici. La sfida di questi anni è quindi affidata all'educazione non formale, e alla sua capacità di coinvolgimento dei giovani nelle forme di gruppi, associazioni e movimenti.
Rimettiamo in moto la città pare abbia messo al centro del suo modus operandi, la volontà di coinvolgere e integrare tutti coloro che si rivedono nei suoi ideali e nel suo animo progressista, giovani compresi, ai quali il collettivo affida il giusto spazio per esprimersi anche in materia di politica.
Storicamente infatti, si è visto che è proprio nell'agire politico, che la frangia giovanile della società, trova la sua espressione più radicata e duratura, che negli anni ha prodotto periodi di contestazione e mobilitazione che hanno concorso a definire il volto dell'Italia dal secondo dopoguerra ad oggi. Considerando la storia nazionale, questo intreccio tra il mondo giovanile e la politica, negli anni non è stato sempre lineare. Dalla disaffezione nei confronti della politica, caratterizzante l'atteggiamento dei giovani degli anni cinquanta, alla forte mobilitazione del sessantotto, la partecipazione giovanile ha conosciuto diverse fasi e sempre è stata fortemente influenzata dalle risorse sociali disponibili.
Oggi giorno pare si sia tornati ad una generale forma di allontanamento dei giovani dalla politica nazionale, e prima ancora locale, una sorta di disaffezione nei confronti delle amministrazioni delle quali si è persa ogni fiducia.
Ma la forza, la tenacia, la voglia di lasciare il segno nel mondo in cui essi vivono, sono proprietà tipicamente riconosciute nelle generazioni più giovani, la cui ostinazione, caparbietà e volontà di affermazione fanno di essi una realtà affascinante, ricca di diverse sfaccettature. Il mondo giovanile di fatto è una realtà in continuo mutamento ma in ogni caso conserva in sé un potenziale ineguagliabile, una forza, una capacità di modificare il corso degli eventi, di difendere i propri spazi, di esprimere sé stesso, unica e meravigliosa.
Non è raro sentir parlare oggi della gioventù come una generazione inerme, incapace di prendere posizioni importante, di influire nelle decisioni che determinano le sorti del Paese, ma la verità è che se consapevole di una minaccia, se stuzzicata ed emarginata a lungo, la gioventù può esplodere con la stessa potenza dirompente che ha avuto spesso modo di mostrare, riuscendo ancora ad esprimere il suo potenziale, a mettere in campo tutte le forze a disposizione per lottare e far valere le proprie posizioni, perché in fondo, riprendendo le parole di Vasile Ghica, noto scrittore rumeno, "La più grande tragedia avrà inizio quando i giovani non vorranno più cambiare il mondo".