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Cronaca

Assistenza ad anziani e persone fragili, l'appello alle istituzioni regionali

«La pandemia non finirà presto e la seconda ondata pesa già come un macigno»



I sottoscrittori del presente appello rappresentano, pur nella loro diversità, la quasi totalità delle strutture residenziali e semiresidenziali che in Puglia, attraverso la gestione di RSA, RSSA, RSAA, Case di riposo, Centri diurni, strutture riabilitative, Case per la vita, CRAP, etc., garantiscono assistenza socio-sanitaria ai pugliesi più fragili, quali, solo ad esempio: disabili, anziani non autosufficienti, persone affette da patologie psichiatriche, demenza, morbo di Alzheimer, non più assistibili a domicilio. Questa moltitudine di Persone, senza il supporto del privato sociale, di Onluss, fondazioni, cooperative sociali, enti commerciali etc., resterebbe emarginata negli ospedali, nella propria abitazione, o come avveniva in un passato non tanto remoto, negli ospizi, nei ricoveri di mendicità o in quelli inabili al lavoro.

Negli ultimi 20 anni, in Puglia, sono stati compiuti grandi passi in avanti, con la realizzazione di strutture e servizi alla Persona che non hanno nulla da invidiare a quelli delle più organizzate Regioni del nord Italia: le attuali strutture di accoglienza sono sottoposte a particolari norme e regolamenti, hanno caratteristiche strutturali ben individuate e, a seconda della loro tipologia di servizio, sono obbligatoriamente dotate di personale qualificato per l'assistenza specifica a pazienti non autosufficienti (medici, infermieri, fisiochinesiterapisti, educatori, assistenti sociali, operatori socio-sanitari, psicologi, etc.), sottoposte a regolari controlli da parte delle Asl, dei Comuni, della Regione, dei NAS. Tali caratteristiche sono cogenti ed applicabili in ugual misura a tutte le strutture, a prescindere dalla propria natura giuridica (profit, non profit ecc.) Eventuali difformità dalle norme prescritte ricadono nella sfera di responsabilità della singola struttura, come succede in tutti i settori. Vale la pena evidenziare che la pandemia costringe queste strutture di accoglienza a nuovi e non prevedibili compiti, talvolta difficilmente compatibili con le proprie caratteristiche e finalità. Nel corso della prima ondata della pandemia da Covid-19, la Puglia si è distinta a livello nazionale per un basso numero di infetti e decessi grazie agli enormi sacrifici dei gestori in termini d'impegno umano, economico e finanziario.

Sin da marzo '20, già prima del diffondersi del primo focolaio in una struttura residenziale pugliese, abbiamo scritto agli organi istituzionali prevedendo, purtroppo, tutto quello che poi si sarebbe verificato; abbiamo anticipato che, così come ogni anno i normali virus influenzali si diffondono nelle varie comunità (scuole, ospedali, RSA, etc.), lo stesso sarebbe accaduto con il Covid-19; la differenza, non trascurabile, consisteva nell'assenza di un vaccino in grado di mitigare l'impatto del virus o di terapie valide a contrastare la malattia. Per questo abbiamo chiesto ogni tipo di supporto utile ad affrontare l'emergenza: DPI (mascherine, camici, tute, visiere calzari, etc.), supporto infermieristico e medico, farmaci, ossigeno e così via.

Purtroppo abbiamo ricevuto soltanto centinaia di disposizioni, circolari, diffide, ispezioni, ma nessuna mascherina, nessun camice, nessun farmaco, nulla di nulla; e quando ci siamo rivolti alla Protezione Civile per chiedere aiuto, qualcuno ha ricevuto qualche mascherina, anticipata, però, dalla emissione della fattura di pagamento!

Come abbiamo fatto a resistere è difficile a spiegarsi: ci siamo chiusi all'interno delle strutture, come in un bunker, abbiamo alzato un muro immaginario per mettere al riparo in ogni possibile maniera i nostri fragilissimi ospiti, affetti dalle più svariate malattie croniche e degenerative. Molti di noi hanno avuto la fortuna di ricevere dal proprio personale ogni forma di umana collaborazione, compresa la disponibilità a vivere all'interno delle strutture per un lungo periodo, evitando così di portare il virus da casa all'interno della struttura o, viceversa, di portarlo nelle loro case.

Particolarmente drammatico e dispendioso è stato (ed è tuttora ) il reperimento dei dispositivi di sicurezza (guanti, camici, tute ecc.) e del materiale sanitario, considerato più prezioso degli stessi medicinali. Abbiamo resistito ed in quei casi in cui il virus è entrato, lo ha fatto attraverso gli ospedali, gli ambulatori medici delle ASL, i centri dialisi; in breve, da tutti quei luoghi dove i nostri assistiti sono obbligati a recarsi per ricevere le necessarie cure mediche specialistiche.

La Regione Puglia ci ha obbligati a ridurre il numero degli accessi e dei posti letto; creare delle aree distinte e dei percorsi dedicati per prevenire il possibile contagio e la diffusione del virus; utilizzare ogni forma di dispositivo di protezione individuale al pari dei reparti ospedalieri di malattie infettive. Abbiamo fatto tutto quello che è possibile fare, senza opporci, con grande spirito di sacrificio e abnegazione, mentre in tutto il paese montava, contro questo particolarissimo e delicato settore, una forma diffusa di denigrazione, quasi una caccia all'untore, come se la diffusione del Covid-19 fosse responsabilità dei gestori. Hanno descritto queste strutture come "luoghi di morte", di abbandono; qualcuno le ha addirittura paragonate ai "manicomi", senza alcun rispetto per la dignità delle persone che assistiamo, per l'eroico personale che vi lavora e per l'intero sistema di Welfare, senza il quale il servizio sanitario pubblico collasserebbe in un istante!

Oggi, a quasi nove mesi dall'inizio della pandemia, la situazione è peggiorata: tutto questo tempo non è servito a nulla, anzi, è servito alle ASL per assumere i nostri infermieri (ben oltre 1.000 unità sono transitate dai nostri organici a quelli delle ASL); noi chiedevamo supporto infermieristico per far fronte alle disposizioni regionali che ci imponevano personale esclusivamente dedicato ad ogni reparto o gruppo di ospiti e le ASL attingevano gli infermieri dal nostro organico! Una sorta di corto circuito del sistema sanitario dove dal quadro centrale (Regione) sono partiti in varie occasioni, impulsi contrari a quelli periferici (ASL), sino a restare fulminati!

Siamo in grado di dimostrare che in alcune strutture della nostra Regione che hanno focolai attivi di Covid-19 e organico ridottissimo di infermieri (in quanto contagiati o in isolamento obbligatorio), alla supplica fatta alla ASL di integrare il servizio infermieristico, la stessa ASL ha sottratto quelle poche unità in servizio attivo per assumerle negli ospedali. Ma il corto circuito non si ferma purtroppo qui. Il Ministero della Sanità, sin da marzo, ha disposto che le Regioni debbano sottoporre periodicamente ospiti e personale delle nostre strutture a tampone molecolare rino-faringeo, e solo alcune ASL provvedono a fare le campagne di screening, ma proprio quelle che non lo fanno diffidano le strutture (entro 24 ore dalla nota di diffida) a certificare tali screening, pena la segnalazione alla competente Procura della Repubblica.

Altre ASL impongono l'utilizzo dei DPI con il massimo rischio biologico, come se fossimo ospedali per infettivi come lo "Spallanzani" di Roma per intenderci, ma non forniscono alcun dispositivo di protezione alle strutture, che non hanno il modo o le risorse per acquistarli. La Regione Puglia ci chiede di accogliere pazienti post-Covid per alleggerire gli ospedali e alcuni dipartimenti di prevenzione di ASL, dispongono, con discutibili proprie iniziative e con possibili gravi danni per la popolazione, di sospendere i nuovi accessi.

Sembra che in Puglia tutto venga prima di noi, dei nostri fragili assistiti, del nostro personale, delle stesse aziende con migliaia di dipendenti, delle famiglie che implorano il nostro aiuto: tutto è prioritario, tranne questo settore fatto di enormi sacrifici e sofferenze.

Il Governo nazionale ed in particolare il Ministro della Sanità, nonostante le centinaia di richieste di sostegno finanziario da parte delle associazioni nazionali e regionali di categoria, non ha proposto alcuna misura di aiuto, nessun decreto, legge o DPCM prevede un solo euro a favore di questo sistema di assistenza a tutela di pazienti tanto fragili, nostri assistiti. Nel frattempo, però, non passa settimana che il Ministro non chieda ai carabinieri dei NAS di effettuare sopralluoghi e ispezioni, solo presso le strutture private, escludendo attentamente gli ospedali talvolta nel caos più totale. Sicuramente servono i controlli per evitare forme di abusi o colpevolezze esistenti nel nostro, come in tutti i settori, ma non può essere l'unico rimedio ad una situazione gravissima che nessuno prende in considerazione se non quando il danno è già avvenuto.

La pandemia non finirà presto e la seconda ondata pesa già come un macigno.

Cosa ci aspetta, cosa ci attende in questo lungo, lunghissimo inverno? Il personale delle nostre strutture, oltre che mettere a rischio anche la propria vita contraendo il virus, cosa può fare di più? Ai gestori, già allo stremo economico, cosa si può ancora chiedere?
Abbiamo ritenuto doveroso fare alle Istituzioni ogni utile proposta, cosi come ora sentiamo il dovere etico e civico di partecipare a tutti i pugliesi, all'opinione pubblica, le nostre preoccupazioni, la rabbia, in senso dell'impotenza, la paura….
Se lo Stato e la Regione, ognuno per le proprie competenze, non interverranno con decisione e rapidità attraverso:
  1. fornitura di DPI ( mascherine, guanti, tute ecc., il più delle volte introvabili);
  2. supporto di personale infermieristico e medico;
  3. periodiche campagne di screening epidemiologico, tramite tamponi molecolari o adeguata fornitura di tamponi antigenici e/o sierologici direttamente alle strutture interessate;
  4. adeguamento temporaneo e straordinario delle tariffe per affrontare i costi dell'emergenza;
  5. Rimborso dei costi straordinari sin qui sostenuti;
  6. fornitura di farmaci e ossigeno;
  7. assistenza sanitaria tramite le USCA, i MMG e i medici specialisti;
  8. interventi rapidi, anche con la collaborazione delle associazioni di categoria, per organizzare al meglio il sistema;
a fine inverno e a fine pandemia non ci resterà che contare le centinaia di morti ed affrontare la giusta "sete di giustizia" dei loro cari che vorranno sapere perché è successo, cosa non ha funzionato, cosa si poteva fare per evitarlo. Se vogliamo evitare tutto questo e attrezzarci con urgenza per affrontare questa guerra, le munizioni sono quelle che sopra abbiamo indicato, ma non possiamo reperirle da soli, nonostante tutti gli sforzi e l'impegno che stiamo profondendo, tenendo sempre presente che il virus non si diffonde nelle nostre strutture se non viene portato da fuori, dalla collettività attraverso i dipendenti asintomatici, gli ospedali, gli ambulatori ecc. Se non saranno adottati provvedimenti adeguati alla gravissima situazione nessuno potrà sottrarsi alle proprie responsabilità che per noi sono fin troppo chiare. Non possiamo rimanere inermi dinanzi al consueto giuoco italico dello "scaricabarile", lo Stato scarica le responsabilità sulle Regioni, queste alle ASL e le ASL alle strutture private, che da sole, abbandonate al loro destino, senza risorse e aiuti dovrebbero affrontare un nemico invisibile che ha messo in ginocchio tutte, nessuna esclusa, le potenze mondiali, farsi carico di un fardello abnorme a difesa ed argine proprio della categoria di persone più deboli e indifese dinanzi a questo mostro che ha cambiato, stravolto, le abitudini di vita di tutta la popolazione mondiale.

Noi, come sempre abbiamo fatto, siamo disposti a dare il nostro contributo, anzi, molto di più di quello che ci spetterebbe, lo sentiamo come nostro principale dovere come operatori e cittadini; non ci tiriamo indietro! Ma da soli non vinceremo mai. Vogliamo sentire chiara e forte la voce della Regione Puglia, attraverso i suoi organi, che hanno il diritto-dovere di dirci cosa intende fare per i cittadini più deboli, per le famiglie più bisognose e per le centinaia di aziende che se ne fanno carico e, soprattutto, con quali mezzi i gestori ed il personale devono combattere questa guerra tremenda. Solo uniti si vince e restiamo ancora convinti di poter, tutti insieme, superare anche questa tremenda prova, se solo non saremo lasciati soli.

AGESPI – AIOP – ANSDIPP – ASSoAP - CONFCOOPERATIVE SANITÀ – UNEBA - WELFARE A LEVANTE
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