Quo vadis? Il commento di Giacomo De Lillo alla caduta dell'amministrazione comunale
L'ex assessore e consigliere comunale si esprime sul grave fatto politico
sabato 7 settembre 2019
iReport
Si usa dire che la più inefficiente delle amministrazioni comunali è da preferire ad una gestione commissariale. Non è sempre vero, ma la recente esperienza vissuta, dopo le dimissioni del Sindaco Massimo Mazzilli, ne è la più evidente conferma.
La deriva politico-amministrativa alla quale abbiamo assistito, dal 9 giugno, è davanti agli occhi di tutti. Da una parte un Sindaco che rassegna le dimissioni e, nelle more della loro preventivata revoca, nomina una giunta raffazzonata, utilizzando la discrezionalità che la legge gli riconosce, senza tener conto, come avviene nella pratica, delle indicazioni delle forze politiche che lo sostengono. Dall'altra parte, l'intransigente e consueta arroganza di una parte della maggioranza, accompagnata dalla insolenza di considerare il Sindaco un mandatario senza rappresentanza, chiamato ad agire in nome proprio ma nell'interesse del mandante. Con la curiosa circostanza dell'assenza ripetuta, per più di tre sedute consecutive, di Consiglieri comunali di cui non si è potuta deliberare la decadenza, come per Statuto, per impossibilità di tenere sedute valide di Consiglio comunale e per l'impossibilità di raccogliere una maggioranza a sostegno di quella eventuale deliberazione.
Le opposizioni hanno dimostrato capacità di resilienza, ma hanno anche messo in evidenza indecisioni e mancato coordinamento delle azioni.
Nella città, il pericolo incombente di assuefazione al degrado della vita politica e istituzionale ed un imperdonabile immobilismo.
C'erano tre opzioni che avrebbero potuto porre fine alla stasi imputabile alla responsabilità esclusiva del Sindaco e della sua maggioranza: l'approvazione di una mozione di sfiducia; le dimissioni contestuali della metà più uno dei Consiglieri comunali assegnati; le più logiche, definitive dimissioni del Sindaco.
Ve ne sarebbe stata un'altra, quella per infiltrazioni o condizionamenti mafiosi, ma la voglio prudentemente sottacere.
Si è scelta la seconda ipotesi, in un contesto politico-dialettico paradossale: da una parte la disponibilità del Sindaco ad azzerare la Giunta, quindi un sostanziale invito alla "pace" e, dall'altra, la già decisa raccolta delle firme, integrata dalla adesione di consiglieri della minoranza. Una evidente messinscena che simula l'adesione del Sindaco, informato dell'incombente iniziativa della sua maggioranza, all'invito rivoltogli dalle Segreterie provinciali, e la falsa dichiarazione di non conoscenza del ponte lanciato dal Sindaco, quando la raccolta delle firme era in fase avanzata e concordata anche con una parte della minoranza.
Ora, l'art. 141 del T.U. n. 267/2000 prevede la nomina di un commissario straordinario nelle cui attribuzioni rientra l'adozione di tutti i provvedimenti di competenza degli organi di governo dell'Ente, fino alla ricostituzione degli organi elettivi.
Ciò significa che, nel nostro caso, dopo una lunga e inefficiente gestione commissariale, ve ne sarà un'altra, di qualità tutta da verificare, che avrà la durata di circa dieci mesi.
Può un commissario, un funzionario della pubblica amministrazione, per quanto ligio alla propria funzione, farsi carico di compiti e di preoccupazioni che esorbitino dalla gestione ordinaria del Comune? E' difficile prevederlo.
Sono gravissime le responsabilità del Sindaco e della maggioranza che avrebbe dovuto pubblicamente esporre le ragioni delle ripetute assenze in Consiglio comunale e, in ultimo, della raccolta delle firme dei consiglieri dimissionari.
Cinismo ai limiti dell' eversione, svilimento delle istituzioni democratiche, oltraggio alla dignità e al diritto degli elettori sono stati i tratti caratteristici del Sindaco e della maggioranza.
Abbiamo davanti a noi molti mesi, c'è tempo a sufficienza per organizzare la ricomposizione del centrosinistra, nel rispetto delle sue articolazioni, e per approntare un programma comune che abbia come obiettivo la promozione del territorio; il sostegno al lavoro e alle imprese; la crescita civile e sociale della città; il corretto rapporto tra ambiente e sviluppo; la riorganizzazione degli uffici e dei servizi e quant'altro potrà essere frutto della partecipazione e del contributo dei cittadini.
Ora che Roma è stata data alle fiamme, spetta al centrosinistra riaccendere le speranze nel futuro della città.
La deriva politico-amministrativa alla quale abbiamo assistito, dal 9 giugno, è davanti agli occhi di tutti. Da una parte un Sindaco che rassegna le dimissioni e, nelle more della loro preventivata revoca, nomina una giunta raffazzonata, utilizzando la discrezionalità che la legge gli riconosce, senza tener conto, come avviene nella pratica, delle indicazioni delle forze politiche che lo sostengono. Dall'altra parte, l'intransigente e consueta arroganza di una parte della maggioranza, accompagnata dalla insolenza di considerare il Sindaco un mandatario senza rappresentanza, chiamato ad agire in nome proprio ma nell'interesse del mandante. Con la curiosa circostanza dell'assenza ripetuta, per più di tre sedute consecutive, di Consiglieri comunali di cui non si è potuta deliberare la decadenza, come per Statuto, per impossibilità di tenere sedute valide di Consiglio comunale e per l'impossibilità di raccogliere una maggioranza a sostegno di quella eventuale deliberazione.
Le opposizioni hanno dimostrato capacità di resilienza, ma hanno anche messo in evidenza indecisioni e mancato coordinamento delle azioni.
Nella città, il pericolo incombente di assuefazione al degrado della vita politica e istituzionale ed un imperdonabile immobilismo.
C'erano tre opzioni che avrebbero potuto porre fine alla stasi imputabile alla responsabilità esclusiva del Sindaco e della sua maggioranza: l'approvazione di una mozione di sfiducia; le dimissioni contestuali della metà più uno dei Consiglieri comunali assegnati; le più logiche, definitive dimissioni del Sindaco.
Ve ne sarebbe stata un'altra, quella per infiltrazioni o condizionamenti mafiosi, ma la voglio prudentemente sottacere.
Si è scelta la seconda ipotesi, in un contesto politico-dialettico paradossale: da una parte la disponibilità del Sindaco ad azzerare la Giunta, quindi un sostanziale invito alla "pace" e, dall'altra, la già decisa raccolta delle firme, integrata dalla adesione di consiglieri della minoranza. Una evidente messinscena che simula l'adesione del Sindaco, informato dell'incombente iniziativa della sua maggioranza, all'invito rivoltogli dalle Segreterie provinciali, e la falsa dichiarazione di non conoscenza del ponte lanciato dal Sindaco, quando la raccolta delle firme era in fase avanzata e concordata anche con una parte della minoranza.
Ora, l'art. 141 del T.U. n. 267/2000 prevede la nomina di un commissario straordinario nelle cui attribuzioni rientra l'adozione di tutti i provvedimenti di competenza degli organi di governo dell'Ente, fino alla ricostituzione degli organi elettivi.
Ciò significa che, nel nostro caso, dopo una lunga e inefficiente gestione commissariale, ve ne sarà un'altra, di qualità tutta da verificare, che avrà la durata di circa dieci mesi.
Può un commissario, un funzionario della pubblica amministrazione, per quanto ligio alla propria funzione, farsi carico di compiti e di preoccupazioni che esorbitino dalla gestione ordinaria del Comune? E' difficile prevederlo.
Sono gravissime le responsabilità del Sindaco e della maggioranza che avrebbe dovuto pubblicamente esporre le ragioni delle ripetute assenze in Consiglio comunale e, in ultimo, della raccolta delle firme dei consiglieri dimissionari.
Cinismo ai limiti dell' eversione, svilimento delle istituzioni democratiche, oltraggio alla dignità e al diritto degli elettori sono stati i tratti caratteristici del Sindaco e della maggioranza.
Abbiamo davanti a noi molti mesi, c'è tempo a sufficienza per organizzare la ricomposizione del centrosinistra, nel rispetto delle sue articolazioni, e per approntare un programma comune che abbia come obiettivo la promozione del territorio; il sostegno al lavoro e alle imprese; la crescita civile e sociale della città; il corretto rapporto tra ambiente e sviluppo; la riorganizzazione degli uffici e dei servizi e quant'altro potrà essere frutto della partecipazione e del contributo dei cittadini.
Ora che Roma è stata data alle fiamme, spetta al centrosinistra riaccendere le speranze nel futuro della città.