Corato Calcio, Maldera: «Io, umiliato e tradito. Mie dimissioni irrevocabili»
Il presidente dimissionario neroverde parla del futuro della società
mercoledì 27 marzo 2019
17.30
Con una lettera aperta alla cittadinanza e agli ultras, il presidente dimissionario dell'Usd Corato Calcio Giuseppe Maldera spiega le motivazioni delle sue dimissioni irrevocabili e parla del futuro della squadra. Una missiva intrisa di amarezza, una risposta alla richiesta di chiarezza avanzata dal gruppo Ultras 1946.
In questa lettera non parlo solo da presidente del Corato Calcio ma soprattutto da tifoso che ama la squadra della sua città. Domenica mi sono sentito umiliato, tradito e mancato di rispetto da atleti che ho sempre rispettato e ai quali ho sempre dimostrato serietà. Come se non bastasse sono stato insultato e vilipeso e ho avuto un acceso diverbio nell'area degli spogliatoi a fine gara. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In serata il direttore generale Antonio Di Zanni, il direttore sportivo Vito Tursi e il vicepresidente Rosario Zagaria sono andati al club per spiegare dettagliatamente le motivazioni che hanno portato alle dimissioni di tutto il direttivo e i programmi futuri ma visto che non sono stati capiti li rispiego.
Partiamo da un presupposto, chi fa sbaglia, chi non fa non sbaglia. Quella affrontata quest'anno è stata una stagione difficile non solo dipesa dalla mia "poca competenza calcistica" che mi ha portato a delegare la costruzione della rosa ad un allenatore che la stagione precedente aveva raccolto 17 risultati utili consecutivi e di un direttore sportivo amato dalla piazza e che aveva già vestito la maglia del Corato da calciatore. Ci sono altri fattori, interni ed esterni. In primis una struttura non agibile, che continuerà a non essere agibile al termine della stagione. La difficoltà di convincere aziende – che ringrazio pubblicamente – a farci da sponsor. Alcuni di loro, a ragione, sono venute meno quando hanno chiuso lo stadio. E ancora, un pubblico esiguo e un numero di abbonamenti insufficiente nonostante i prezzi popolari. La non manutenzione del terreno di gioco, il riscaldamento spento in inverno, la difficoltà di svolgere allenamenti e le amichevoli del giovedì, l'inagibilità del campo alternativo che ci ha costretti a migrare a Trani per continuare il nostro ambizioso progetto di settore giovanile con un notevole aggravio sul bilancio. Un clima teso sin dalla prima partita col Brindisi, dovuto al comportamento di alcuni pseudotifosi – e qui non mi riferisco al gruppo Ultras – che non hanno permesso al gruppo di lavorare serenamente. L'aggressione a mio padre quest'estate. La lunga contestazione che ci ha portati a smantellare la squadra e rifare tutto daccapo. Abbiamo disputato una finale di Coppa Italia giocandocela contro una grande squadra come il Casarano e per due anni abbiamo confermato la categoria ma non è bastato. Nonostante tutto non ho mai mollato. Ho continuato a mettere da parte la famiglia e il mio lavoro, a contribuire economicamente per il bene del Corato Calcio. Per passione e senza ritorno politico o economico come qualcuno ha affermato. Ora non ce la faccio più. La mia decisione di dimettermi da presidente del Corato è irrevocabile
Il futuro? Nonostante la rabbia, domenica scorsa ho assicurato al vicepresidente Zagaria e al direttore generale Di Zanni un mio contributo alla squadra sotto forma di sponsorizzazione. Gli altri soci sono liberi di rilevare il titolo e cercare di portare avanti il progetto anche nella prossima stagione. Nel caso in cui non volessero farlo, sono disposto a sedermi intorno ad un tavolo e valutare tutte le ipotesi, purché serie, e cedere la società, sana e con i conti in ordine. Se anche questa opzione non andrà a buon fine, a luglio consegnerò la squadra in mano al futuro sindaco. È una decisione dolorosa, che fa molto male ma inevitabile. Ringrazio gli amici che hanno condiviso con me questo percorso, gli ultras che mi sono stati vicini nel momento del bisogno e chi ha creduto nel mio progetto e nella mia idea di calcio.
In questa lettera non parlo solo da presidente del Corato Calcio ma soprattutto da tifoso che ama la squadra della sua città. Domenica mi sono sentito umiliato, tradito e mancato di rispetto da atleti che ho sempre rispettato e ai quali ho sempre dimostrato serietà. Come se non bastasse sono stato insultato e vilipeso e ho avuto un acceso diverbio nell'area degli spogliatoi a fine gara. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. In serata il direttore generale Antonio Di Zanni, il direttore sportivo Vito Tursi e il vicepresidente Rosario Zagaria sono andati al club per spiegare dettagliatamente le motivazioni che hanno portato alle dimissioni di tutto il direttivo e i programmi futuri ma visto che non sono stati capiti li rispiego.
Partiamo da un presupposto, chi fa sbaglia, chi non fa non sbaglia. Quella affrontata quest'anno è stata una stagione difficile non solo dipesa dalla mia "poca competenza calcistica" che mi ha portato a delegare la costruzione della rosa ad un allenatore che la stagione precedente aveva raccolto 17 risultati utili consecutivi e di un direttore sportivo amato dalla piazza e che aveva già vestito la maglia del Corato da calciatore. Ci sono altri fattori, interni ed esterni. In primis una struttura non agibile, che continuerà a non essere agibile al termine della stagione. La difficoltà di convincere aziende – che ringrazio pubblicamente – a farci da sponsor. Alcuni di loro, a ragione, sono venute meno quando hanno chiuso lo stadio. E ancora, un pubblico esiguo e un numero di abbonamenti insufficiente nonostante i prezzi popolari. La non manutenzione del terreno di gioco, il riscaldamento spento in inverno, la difficoltà di svolgere allenamenti e le amichevoli del giovedì, l'inagibilità del campo alternativo che ci ha costretti a migrare a Trani per continuare il nostro ambizioso progetto di settore giovanile con un notevole aggravio sul bilancio. Un clima teso sin dalla prima partita col Brindisi, dovuto al comportamento di alcuni pseudotifosi – e qui non mi riferisco al gruppo Ultras – che non hanno permesso al gruppo di lavorare serenamente. L'aggressione a mio padre quest'estate. La lunga contestazione che ci ha portati a smantellare la squadra e rifare tutto daccapo. Abbiamo disputato una finale di Coppa Italia giocandocela contro una grande squadra come il Casarano e per due anni abbiamo confermato la categoria ma non è bastato. Nonostante tutto non ho mai mollato. Ho continuato a mettere da parte la famiglia e il mio lavoro, a contribuire economicamente per il bene del Corato Calcio. Per passione e senza ritorno politico o economico come qualcuno ha affermato. Ora non ce la faccio più. La mia decisione di dimettermi da presidente del Corato è irrevocabile
Il futuro? Nonostante la rabbia, domenica scorsa ho assicurato al vicepresidente Zagaria e al direttore generale Di Zanni un mio contributo alla squadra sotto forma di sponsorizzazione. Gli altri soci sono liberi di rilevare il titolo e cercare di portare avanti il progetto anche nella prossima stagione. Nel caso in cui non volessero farlo, sono disposto a sedermi intorno ad un tavolo e valutare tutte le ipotesi, purché serie, e cedere la società, sana e con i conti in ordine. Se anche questa opzione non andrà a buon fine, a luglio consegnerò la squadra in mano al futuro sindaco. È una decisione dolorosa, che fa molto male ma inevitabile. Ringrazio gli amici che hanno condiviso con me questo percorso, gli ultras che mi sono stati vicini nel momento del bisogno e chi ha creduto nel mio progetto e nella mia idea di calcio.