«Sono andata lontano per capire quello che succede qui»

Cecilia Strada, a Corato, racconta "La Guerra tra noi"

mercoledì 23 maggio 2018
«Sono andata lontano per capire quello che succede qui».

È quanto si legge sulla copertina del libro "La Guerra tra noi", scritto da Cecilia Strada. Un cognome importante per la scrittrice e filantropa, figlia del noto Gino Strada e già presidente di Emergency.

Cecilia Strada sarà a Corato giovedi 24 maggio dalle ore 20.00, presso la libreria SonicArt per presentare il suo ultimo libro, edito da Rizzoli, "La guerra tra noi" .

Impegnata a livello internazionale, ha seguito le attività dei vari ospedali dell'organizzazione e ne ha curato i rapporti a livello locale, oltre a testimoniare come giornalista e sui media la sua esperienza.

IL LIBRO
"Sul molo c'è un uomo in pantaloni scuri, panciotto e cravattino. Ci corre incontro sorridendo. È molto orgoglioso del suo completo elegante. Ha tre anni, forse quattro." Prima di sbarcare, in Sicilia, insieme ad altre trecento persone, si è cambiato d'abito. Lo fanno in tanti, racconta Cecilia Strada: si mettono il vestito buono "per presentarsi nel modo migliore alla fine del viaggio, al Paese che li accoglie." Facce come questa l'autrice però le ha già incontrate "a casa loro", in Afghanistan, in Sudan, in Iraq; ha visto troppe ferite per non immaginare il peggio dietro gli occhi persi nel vuoto di donne e uomini sopravvissuti a malapena sulle navi di soccorso. Tutta l'informazione parla di emergenza migranti, ma a che serve dare la colpa del nostro impoverimento a chi fugge dalle bombe o dalla miseria? Dalla lunga estate del G8 di Genova e delle Torri gemelle sono passati oltre quindici anni di guerra. Oggi guardiamo a Parigi, a Londra, a Barcellona, e siamo tutti più terrorizzati, nonostante l'impegno e i soldi investiti per la nostra sicurezza. Che cosa è andato storto? Cecilia Strada cerca le risposte nelle storie che lei stessa ha vissuto in prima in persona. Ne uccide più la guerra o la corruzione, in Afghanistan come in Italia? Che cosa collega le nostre tasse a un vigile urbano in Afghanistan che viene ricoverato sette volte per ferite da arma da fuoco? Chi ci guadagna a testare nuove armi in terra sarda e quanto invece costa ai cittadini che pagano il conto in salute? Infine, cos'è la sicurezza che desideriamo tutti, italiani e iracheni? La si potrà ottenere con altra guerra? Ed è ragionevole immaginare che il sistema della guerra possa essere mutato proprio da coloro che ne traggono vantaggio?