Referendun NO e Legge Calderoli incostituzionale

Il commento alla sentenza di Eliseo Tambone componente storico del comitato No AD

mercoledì 22 gennaio 2025 6.34
"Legittimo" per la Corte di Cassazione ma "inammissibile" per la Corte Costituzionale, il Referendum abrogativo della Autonomia differenziata non s'ha da fare!
Così ha decretato, ieri sera, la Corte Costituzionale, perché "l'oggetto e la finalità pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell'elettore". Eppure il quesito chiedeva inequivocabilmente una cosa: l'abrogazione totale della legge n. 86 del 2024 (legge Calderoli).
E allora? L'autonomia differenziata rimane, ma con un altro vestito rispetto a quello cucito da Calderoli, che il Parlamento dovrà ora confezionare. Infatti, avendo deciso la regione Puglia, con la Toscana, la Campania e la Sardegna (Costituzione, art. 127) di promuovere la questione di legittimità costituzionale, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi sette importanti capisaldi su cui si fonda la Legge Calderoli, obbligando il Parlamento a correggerla, ma a lasciarne inalterato l'impianto complessivo. Insomma, il Referendum non si fa, ma la legge Calderoli è incostituzionale su sette punti essenziali e va riscritta.
La delusione c'è, e tanta. Ma ancora di più c'è l'indignazione quando alla memoria riaffiora la storia di questa legge che ha un percorso che viene dalla parte sbagliata, da quella parte da cui non doveva proprio venire, dalla sinistra.
Quando all'inizio degli anni Novanta le forze politiche che avevano fondato la Repubblica vennero travolte dalle inchieste giudiziarie di "mani pulite", la Lega nord, quella dello slogan "Roma ladrona", si presenta come un inedito, che spaventa il sistema politico tradizionale perché ha un sogno: l'indipendenza della Padania (Alto Adige, Emilia, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna, Toscana, Trentino, Umbria, Valle d'Aosta e Veneto) dal resto d'Italia.
Di fronte a questo sogno che spacca l'Italia, le forze politiche di centro sinistra anziché lottare per svegliare la coscienza degli italiani, interrompere questo sogno e comprenderlo come incubo per l'unità della Repubblica, iniziano a sognarlo pure loro e intraprendono un percorso politico-istituzionale per realizzarlo, al fine di strappare consensi alla Lega. Ecco in sintesi le tappe salienti:
3 marzo 1990: Bettino Craxi convoca a Pontida lo stato maggiore del PSI per illustrare il programma di riforma dello Stato, fondandolo su "presidenzialismo" e "autonomia regionale" (Giorgia Meloni, allora, aveva solo 13 anni!).
5 febbraio 1997: il presidente del Consiglio Romano Prodi affida a Massimo D'Alema il compito di guidare una Commissione parlamentare bicamerale per realizzare una riforma costituzionale basata su tre punti i cui primi due sono "semipresidenzialismo" e "federalismo". Il progetto salta grazie a Silvio Berlusconi perché abbandona la Commissione.
1999: Il Governo D'Alema lavora intensamente sulle riforme costituzionali grazie al ministro Giuliano Amato.
8 marzo 2001: (Governo Giuliano Amato) il Parlamento vota la riforma del Titolo V della Costituzione; qualche ora dopo, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi scioglie le Camere perché è l'ultimo giorno della legislatura. In questo modo è entrato in Costituzione il comma 3 dell'art. 116 che istituisce l'autonomia Regionale differenziata!
28 febbraio 2018: il Governo Gentiloni, all'insaputa del Parlamento, della stampa e dell'opinione pubblica, firma delle intese "segrete" (fu la rivista "Roars" a scoprire l'esistenza del testo alcuni mesi dopo!) con i presidenti di tre regioni del nord, dando avvio all'iter della autonomia differenziata: due regioni leghiste, Veneto e Lombardia, e l'Emilia Romagna a guida PD del presidente Bonaccini che di lì a poco nominerà come sua vice Schlein, attuale segretaria del PD.
Il resto è storia che conosciamo tutti. Prima, il Governo Conte sostiene l'autonomia differenziata, chiamata "Legge quadro Boccia" [Francesco Boccia, ministro del PD per gli affari regionali, ispiratore della Legge Calderoli], poi, il Governo Draghi col DDL "Gelmini" e, infine, il Governo Meloni, in perfetta continuità col percorso storico, con la "Legge Calderoli", che viene definitivamente votata il 26 giugno 2024.
Queste, in sintesi, le tappe che hanno portato ad approvare in Parlamento la autonomia regionale differenziata.
Quando la rivista "Roars" pubblicò il testo delle intese nel 2018, si formarono vari comitati territoriali NOAD, contro ogni forma di autonomia differenziata. Anche a Corato, che è stata una delle prime città italiane che ha visto nascere il comitato, sono state organizzate dallo scrivente ben sette conferenze cittadine per informare la città e organizzate varie iniziative di protesta.
Con la vittoria del centro-destra alle politiche del 2022, si è finalmente formato un comitato unitario nazionale promosso in primis dalla CGIL e dalla UIL (fino a quel momento abbastanza defilati) con la partecipazione dei grandi partiti nazionali di opposizione che precedentemente avevano sostenuto l'autonomia differenziata. Questa mobilitazione ha portato alla raccolta di 1 milione e 300 mila firme per chiedere un Referendum abrogativo della Legge Calderoli.
Referendum che ieri la Corte Costituzionale ha negato.
La lotta ora continua in Parlamento e nei territori con i Comitati per vigilare che il Parlamento si adegui a quanto prescritto tassativamente dalla sentenza della Corte.
Alcune domande che lascio aperte.
Se non avesse vinto le elezioni del 2022 il centro-destra chi avrebbe firmato la legge sulla autonomia differenziata?
Si sarebbe creata quella grande mobilitazione unitaria per chiedere il Referendum abrogativo?
Le 4 Regioni, espressione di forze politiche oggi di opposizione, avrebbero promosso la questione di legittimità costituzionale?
Da quale parte politica sono stati inferti negli ultimi 30 anni i più duri attacchi al cuore della Costituzione antifascista del 1948?
Come definire quelle forze politiche che attaccano il fondamento di una Costituzione antifascista?