Politica e Giornalismo questa sera a confronto politici e giornalisti
Organizzato dai circoli di Fratelli d'Italia dalle 18.30 nei locali di Vivere In
giovedì 19 dicembre 2024
6.51
Un convegno che parla del binomio tra Politica e Giornalismo quello organizzato da Fratelli' d'Italia di Corato questa sera presso l'associazione Vivere In in via Giappone con inizio alle 18.30
A discutere di questo tema parlamentari regionali e giornalisti del territorio in un frizzante dialogo con lo scopo dei Circoli cittadini meloniani di continuare in quel percorso formativo ed informativo che permette a chi rappresenta la comunità ma anche ai semplici cittadini di avere consapevolezza delle dinamiche , talvolta nascoste, che sono alla base di determinate relazioni.
Il giornalismo ne ha fatta di strada, un percorso sicuramente non sempre lineare e non senza cadute. Ma i principi sono rimasti quelli, alti e fondanti. Da qualche tempo, tuttavia, stiamo assistendo ad un'evoluzione poco rassicurante del fenomeno che vede andare a braccetto politica e disinformazione.
I politici hanno scoperto nel web, e in particolare nei social, uno strumento di propaganda straordinario. Innanzitutto perché i social hanno consentito la disintermediazione, ovvero hanno messo in condizione ogni politico di rivolgersi direttamente al proprio elettorato senza la mediazione degli organi di informazione. Se ci si ferma a pensare, quello che oggi ci pare scontato è stato invece un passaggio enorme dal punto di vista della comunicazione politica.
Potersi rivolgere direttamente ai cittadini rappresenta un'occasione senza precedenti per chi è impegnato in una continua caccia ai consensi anche a livello locale. Ma accanto all'occasione si è anche materializzata una trappola. Da quando la pressoché totalità dei politici ricorre ai social per parlare ai propri elettori, la notizia ha perso alcune sue caratteristiche essenziali, in particolare quella della verifica della fonte.
Ciò che un politico dà in pasto a chi lo segue sui social è già una notizia o, meglio, è il suo punto di vista che si trasforma in notizia, senza che un giornalista ne verifichi il contenuto, ma anche senza contraddittorio.
I giornali erano abituati a riportare i punti di vista dei diversi politici, la platea messa a disposizione dai social, invece, permette alla politica di rivolgersi ai propri follower senza alcun filtro né alcuna interferenza di pensieri difformi.
Ne consegue una ricostruzione parziale del racconto in cui le opinioni vengono spacciate per fatti e in cui la verità spesso evapora. In quella che è stata definita la stagione dei "personal media", i giornalisti sono visti come un fastidioso ostacolo fra chi comunica e i destinatari della comunicazione.
Di fatto, nel ricorso alla disintermediazione c'è anche un tentativo palese di marginalizzare il ruolo del giornalismo – attraverso il quale fino a ieri era indispensabile transitare se si volevano raggiungere le persone – in favore di una narrazione autoreferenziale.
Con un ulteriore effetto collaterale: questa idea è ormai così radicata nella politica che molti protagonisti della vita pubblica vorrebbero imporla anche ai media.
Capita così che i politici siano sempre più insofferenti alle domande scomode o al contraddittorio, come se non riuscissero ad accettare che si può essere padroni del proprio spazio ma non dell'informazione.
A discutere di questo tema parlamentari regionali e giornalisti del territorio in un frizzante dialogo con lo scopo dei Circoli cittadini meloniani di continuare in quel percorso formativo ed informativo che permette a chi rappresenta la comunità ma anche ai semplici cittadini di avere consapevolezza delle dinamiche , talvolta nascoste, che sono alla base di determinate relazioni.
Il giornalismo ne ha fatta di strada, un percorso sicuramente non sempre lineare e non senza cadute. Ma i principi sono rimasti quelli, alti e fondanti. Da qualche tempo, tuttavia, stiamo assistendo ad un'evoluzione poco rassicurante del fenomeno che vede andare a braccetto politica e disinformazione.
I politici hanno scoperto nel web, e in particolare nei social, uno strumento di propaganda straordinario. Innanzitutto perché i social hanno consentito la disintermediazione, ovvero hanno messo in condizione ogni politico di rivolgersi direttamente al proprio elettorato senza la mediazione degli organi di informazione. Se ci si ferma a pensare, quello che oggi ci pare scontato è stato invece un passaggio enorme dal punto di vista della comunicazione politica.
Potersi rivolgere direttamente ai cittadini rappresenta un'occasione senza precedenti per chi è impegnato in una continua caccia ai consensi anche a livello locale. Ma accanto all'occasione si è anche materializzata una trappola. Da quando la pressoché totalità dei politici ricorre ai social per parlare ai propri elettori, la notizia ha perso alcune sue caratteristiche essenziali, in particolare quella della verifica della fonte.
Ciò che un politico dà in pasto a chi lo segue sui social è già una notizia o, meglio, è il suo punto di vista che si trasforma in notizia, senza che un giornalista ne verifichi il contenuto, ma anche senza contraddittorio.
I giornali erano abituati a riportare i punti di vista dei diversi politici, la platea messa a disposizione dai social, invece, permette alla politica di rivolgersi ai propri follower senza alcun filtro né alcuna interferenza di pensieri difformi.
Ne consegue una ricostruzione parziale del racconto in cui le opinioni vengono spacciate per fatti e in cui la verità spesso evapora. In quella che è stata definita la stagione dei "personal media", i giornalisti sono visti come un fastidioso ostacolo fra chi comunica e i destinatari della comunicazione.
Di fatto, nel ricorso alla disintermediazione c'è anche un tentativo palese di marginalizzare il ruolo del giornalismo – attraverso il quale fino a ieri era indispensabile transitare se si volevano raggiungere le persone – in favore di una narrazione autoreferenziale.
Con un ulteriore effetto collaterale: questa idea è ormai così radicata nella politica che molti protagonisti della vita pubblica vorrebbero imporla anche ai media.
Capita così che i politici siano sempre più insofferenti alle domande scomode o al contraddittorio, come se non riuscissero ad accettare che si può essere padroni del proprio spazio ma non dell'informazione.