PD Corato: «A favore di una mozione sul salario minimo negli appalti pubblici»
La proposta sarà avanzata durante il prossimo consiglio comunale
lunedì 18 novembre 2024
9.49
«Dopo il via libera del Consiglio Regionale della Puglia, della Toscana e del Lazio, e nei consigli comunali di molte città come Cerignola, Napoli, Foggia, Firenze, anche a Corato verrà proposta nel prossimo Consiglio Comunale una mozione sul salario minimo nei contratti degli appalti pubblici, mozione che invitiamo tutti i consiglieri, indipendentemente dal proprio gruppo di appartenenza, a sottoscrivere e poi a votare in aula.
Per il Partito Democratico, l'introduzione di una retribuzione minima salariale, insieme alla necessità di nuove politiche economiche e fiscali, è uno degli strumenti per affrontare, in maniera strutturale, il contesto lavorativo odierno caratterizzato da precarietà, contratti irregolari, caporalato e lavoro nero. Tale strumento intende rimettere al centro del dibattito pubblico il tema del lavoro con un obiettivo preciso: dare dignità e una giusta retribuzione a chi lavora. Infatti, in Italia ben 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici percepiscono salari poveri, intorno ai 5 euro».
Così inizia la nota stampa diramata dal PD Corato.
«Fenomeno aggravato dall'aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti di prima necessità che hanno duramente colpito e dimezzato il potere di acquisto di salari e pensioni, a causa dell'inflazione cresciuta in modo esponenziale rispetto ad essi.
Tale impoverimento colpisce soprattutto giovani lavoratori e lavoratrici, spesso precari, anziani pensionati al minimo (pari mediamente a 614 euro) e donne spesso con lavori part time.
Partendo da questo presupposto, la mozione intende introdurre il principio che chi lavora per il Comune non può essere retribuito sotto i nove euro lordi l'ora, perché altrimenti non è più lavoro bensì sfruttamento.
Va subito chiarito, rispetto alla complessità del tema, che la mozione riguarda solo una parte, forse residuale ma non per questo trascurabile, dei lavoratori normalmente impegnati negli appalti. Invero, la richiesta di salario minimo, in linea con la normativa europea, non è un'alternativa alla contrattazione collettiva (che prevede comunque una retribuzione oraria lorda non inferiore ai nove euro) ma uno strumento che l'affianca, laddove la contrattazione è assente o non riesce ad arrivare.
La proposta di mozione, tuttavia, è l'unica strada che il Consiglio Comunale ha per colmare "dal basso" una lacuna nazionale sul salario minimo, determinata dall'attuale Governo. Scopo della richiesta, in particolare, è quello di intervenire su quelle realtà che, pur prendendo risorse dal Comune, non pagano i propri dipendenti almeno nove euro l'ora; dunque è una misura che dà dignità rispetto al lavoro povero determinato anche da tirocini extracurriculari, apprendistati, false partite Iva e contratti co.co.co.
L'Ente, nella prospettiva tracciata dalla mozione, potrà riservare nei bandi più punti a quelle aziende che scelgono di rispettare il salario minimo.
Fissare una soglia di retribuzione minima, pertanto, non è una scelta ideologica, ma significa compiere una scelta di campo precisa e ottemperare all'art. 36 della Costituzione secondo cui "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa"».
Per il Partito Democratico, l'introduzione di una retribuzione minima salariale, insieme alla necessità di nuove politiche economiche e fiscali, è uno degli strumenti per affrontare, in maniera strutturale, il contesto lavorativo odierno caratterizzato da precarietà, contratti irregolari, caporalato e lavoro nero. Tale strumento intende rimettere al centro del dibattito pubblico il tema del lavoro con un obiettivo preciso: dare dignità e una giusta retribuzione a chi lavora. Infatti, in Italia ben 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici percepiscono salari poveri, intorno ai 5 euro».
Così inizia la nota stampa diramata dal PD Corato.
«Fenomeno aggravato dall'aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti di prima necessità che hanno duramente colpito e dimezzato il potere di acquisto di salari e pensioni, a causa dell'inflazione cresciuta in modo esponenziale rispetto ad essi.
Tale impoverimento colpisce soprattutto giovani lavoratori e lavoratrici, spesso precari, anziani pensionati al minimo (pari mediamente a 614 euro) e donne spesso con lavori part time.
Partendo da questo presupposto, la mozione intende introdurre il principio che chi lavora per il Comune non può essere retribuito sotto i nove euro lordi l'ora, perché altrimenti non è più lavoro bensì sfruttamento.
Va subito chiarito, rispetto alla complessità del tema, che la mozione riguarda solo una parte, forse residuale ma non per questo trascurabile, dei lavoratori normalmente impegnati negli appalti. Invero, la richiesta di salario minimo, in linea con la normativa europea, non è un'alternativa alla contrattazione collettiva (che prevede comunque una retribuzione oraria lorda non inferiore ai nove euro) ma uno strumento che l'affianca, laddove la contrattazione è assente o non riesce ad arrivare.
La proposta di mozione, tuttavia, è l'unica strada che il Consiglio Comunale ha per colmare "dal basso" una lacuna nazionale sul salario minimo, determinata dall'attuale Governo. Scopo della richiesta, in particolare, è quello di intervenire su quelle realtà che, pur prendendo risorse dal Comune, non pagano i propri dipendenti almeno nove euro l'ora; dunque è una misura che dà dignità rispetto al lavoro povero determinato anche da tirocini extracurriculari, apprendistati, false partite Iva e contratti co.co.co.
L'Ente, nella prospettiva tracciata dalla mozione, potrà riservare nei bandi più punti a quelle aziende che scelgono di rispettare il salario minimo.
Fissare una soglia di retribuzione minima, pertanto, non è una scelta ideologica, ma significa compiere una scelta di campo precisa e ottemperare all'art. 36 della Costituzione secondo cui "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa"».