Omicidio a Corato, quattro fermi. L'ipotesi di una lite in famiglia
Ieri mattina si è costituito anche il padre dei due presunti assassini, mentre proseguono le indagini per cercare il movente
mercoledì 18 dicembre 2024
8.11
A poche ore dall'omicidio di Corato, la svolta. I killer di Nicola Manzi hanno un nome: i fratelli Savino e Gabriele Pilato, di 22 e 18 anni, per il sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Trani, Francesco Tosto, che ha diretto le indagini dei Carabinieri, sarebbero i presunti assassini del 50enne, zio dei due giovani.
I due - seguiti dal padre, il 52enne Nicola Pilato, tutti assistiti dal legale Giovanni Battista Pavone - hanno deciso di presentarsi spontaneamente agli investigatori. Sottoposti a fermo, hanno deciso di non rispondere nell'interrogatorio, prima di finire nel carcere di Trani accusati di omicidio e di porto illecito d'arma comune da sparo: con loro, nella sezione femminile, è finita la moglie di Manzi, Marianna Balducci di 48 anni, per tentato omicidio e porto illecito d'arma comune da sparo.
Un assassinio eseguito con due armi «che - hanno detto gli inquirenti - non sono state rinvenute sul posto, né nella disponibilità delle persone fermate». L'attività investigativa, intanto, non si arresta, si cerca ora il movente di tanta ferocia, probabilmente una lite in famiglia. I due fratelli, entrambi con precedenti di polizia e su cui si erano concentrati da subito i sospetti degli investigatori della Compagnia di Molfetta, sono stati incastrati dal sistema di videosorveglianza della zona.
Le immagini, infatti, sono state «fondamentali» perché hanno «consentito di identificare e, quindi, iscrivere nel registro degli indagati i soggetti che avevano preso parte all'episodio delittuoso e documentare la dinamica dei fatti». Si sono invece rivelati «di scarsa utilità gli apporti delle testimonianze e gli interrogatori raccolti nell'immediatezza». Erano le ore 19.00 di lunedì, quando Nicola Manzi era sotto casa, in via Salvi, con la moglie e suo fratello Michele, di 41 anni, rimasto ferito.
Secondo la ricostruzione dei Carabinieri guidati dal capitano Danilo Landolfi - poi supportati dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale di Bari - in strada sarebbe andata in scena una sparatoria. Ad agire sarebbero state i due fratelli Pilato che, su una auto, avrebbero avvicinato i fratelli Manzi aprendo il fuoco: Nicola, «attinto da un colpo di arma lunga da sparo», è morto sul colpo, mentre suo fratello Michele, anche lui centrato da un proiettile, è rimasto ferito.
L'uomo, dopo essere stato sottoposto nella notte ad un intervento chirurgico al Di Venere di Carbonara, è ancora in prognosi riservata. È rimasta, invece, illesa la donna che dopo aver raccolto la pistola che il marito - arrestato nel 2021 nel blitz "Logos" che chiuse il cerchio sul clan Loiudice di Altamura - aveva addosso «ha inseguito gli assassini sparando a sua volta». Ed è qui che la ferocia dell'agguato ha assunto pieghe ancora più torbide ed inquietanti al momento dell'indagine.
Secondo le indagini, la scintilla del grave fatto di sangue sarebbe da ricercare in una pregressa lite in famiglia, anche se «l'accertamento della dinamica dei fatti, del movente dell'omicidio e dell'eventuale ulteriore coinvolgimento di altre persone proseguirà». I militari hanno repertato almeno quattro bossoli, provenienti da due diverse armi. Durante tutta la notte sono state eseguite perquisizioni e ascoltate persone, compreso chi ha assistito all'episodio: nessuno, però, ha parlato.
I quattro, in attesa della decisione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Domenico Zeno, che valuterà «la sussistenza dei presupposti del fermo e dell'adozione della misura cautelare», sono in carcere. Ma questa è soltanto una prima fase dell'attività inquirente, che ora cercano anche il movente.
I due - seguiti dal padre, il 52enne Nicola Pilato, tutti assistiti dal legale Giovanni Battista Pavone - hanno deciso di presentarsi spontaneamente agli investigatori. Sottoposti a fermo, hanno deciso di non rispondere nell'interrogatorio, prima di finire nel carcere di Trani accusati di omicidio e di porto illecito d'arma comune da sparo: con loro, nella sezione femminile, è finita la moglie di Manzi, Marianna Balducci di 48 anni, per tentato omicidio e porto illecito d'arma comune da sparo.
Un assassinio eseguito con due armi «che - hanno detto gli inquirenti - non sono state rinvenute sul posto, né nella disponibilità delle persone fermate». L'attività investigativa, intanto, non si arresta, si cerca ora il movente di tanta ferocia, probabilmente una lite in famiglia. I due fratelli, entrambi con precedenti di polizia e su cui si erano concentrati da subito i sospetti degli investigatori della Compagnia di Molfetta, sono stati incastrati dal sistema di videosorveglianza della zona.
Le immagini, infatti, sono state «fondamentali» perché hanno «consentito di identificare e, quindi, iscrivere nel registro degli indagati i soggetti che avevano preso parte all'episodio delittuoso e documentare la dinamica dei fatti». Si sono invece rivelati «di scarsa utilità gli apporti delle testimonianze e gli interrogatori raccolti nell'immediatezza». Erano le ore 19.00 di lunedì, quando Nicola Manzi era sotto casa, in via Salvi, con la moglie e suo fratello Michele, di 41 anni, rimasto ferito.
Secondo la ricostruzione dei Carabinieri guidati dal capitano Danilo Landolfi - poi supportati dalla Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale di Bari - in strada sarebbe andata in scena una sparatoria. Ad agire sarebbero state i due fratelli Pilato che, su una auto, avrebbero avvicinato i fratelli Manzi aprendo il fuoco: Nicola, «attinto da un colpo di arma lunga da sparo», è morto sul colpo, mentre suo fratello Michele, anche lui centrato da un proiettile, è rimasto ferito.
L'uomo, dopo essere stato sottoposto nella notte ad un intervento chirurgico al Di Venere di Carbonara, è ancora in prognosi riservata. È rimasta, invece, illesa la donna che dopo aver raccolto la pistola che il marito - arrestato nel 2021 nel blitz "Logos" che chiuse il cerchio sul clan Loiudice di Altamura - aveva addosso «ha inseguito gli assassini sparando a sua volta». Ed è qui che la ferocia dell'agguato ha assunto pieghe ancora più torbide ed inquietanti al momento dell'indagine.
Secondo le indagini, la scintilla del grave fatto di sangue sarebbe da ricercare in una pregressa lite in famiglia, anche se «l'accertamento della dinamica dei fatti, del movente dell'omicidio e dell'eventuale ulteriore coinvolgimento di altre persone proseguirà». I militari hanno repertato almeno quattro bossoli, provenienti da due diverse armi. Durante tutta la notte sono state eseguite perquisizioni e ascoltate persone, compreso chi ha assistito all'episodio: nessuno, però, ha parlato.
I quattro, in attesa della decisione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Domenico Zeno, che valuterà «la sussistenza dei presupposti del fermo e dell'adozione della misura cautelare», sono in carcere. Ma questa è soltanto una prima fase dell'attività inquirente, che ora cercano anche il movente.