Negozi aperti anche la domenica? L'opinione pubblica si divide
Associazioni di categoria in contrasto
martedì 11 settembre 2018
12.15
La decisione del Governo di accelerare il processo di revisione della disciplina delle aperture domenicali e festive dei negozi in Italia divide l'opinione pubblica e registra diverse posizioni da parte di addetti ai lavori ed esponenti politici.
Un dibattito sul tema si era già aperto con l'istituzione del Decreto Salva Italia, nel 2011, con il quale la deroga all'apertura degli esercizi nei giorni festivi e domenicali veniva totalmente superata consentendo l'attività in tutti i giorni e a qualsiasi orario.
In quell'occasione le associazioni di categoria protestarono. Tale iniziativa fu vista come un "regalo" alla grande distribuzione, agli ipermercati e come un grande svantaggio per i piccoli esercenti.
Oggi, invece, le posizioni sono cambiate. Così come è cambiata la posizione di Savino Montaruli, sindacalista, tra i primi oppositori al Decreto Salva Italia che oggi, invece, analizza il commercio tenendo conto della "minaccia" dello shop online.
«Era il tempo in cui gli Ipermercati, forti dei tanti regali elargiti dai loro amici politici con generosità, si credevano invincibili e pensavano di essere il tassello più alto della catena della distribuzione al dettaglio. Non immaginavano che di lì a poco il commercio on-line, non quello del negozietto che si mette a vendere la bomboniera artigianale sul web ma i colossi della distribuzione mondiale, Amazon e Alibaba in testa, avrebbero inghiottito pure loro. Quegli ipermercati che si credevano invincibili negli anni duemila fino ad occupare letteralmente i nostri territori con gravissime ripercussioni sul piccolo commercio, oggi a causa dei giganti del commercio on-line stanno chiudendo e continueranno ad accumulare perdite e a licenziare personale tra cui moltissimi giovani. Quella concessione di aperture domenicali tutto l'anno non li ha salvati dalle dure leggi del "mercato" che li stanno disintegrando. Allora cosa fare oggi? Di sicuro vedo un Governo che si appresta comunque ad affrontare il delicato tema ma secondo me lo fa con un approccio sbagliato e rischia di fare casini» afferma duramente Montaruli.
E continua: «Pensare, come sta pensando di fare Luigi Di Maio Ministro allo Sviluppo Economico, di organizzare per "percentuali" l'apertura festiva dei negozi è un errore e rischia di rendere la situazione molto precaria, nelle mani di una gestione a livello comunale dove sempre gli stessi soggetti sarebbero chiamati di nuovo a gestire un campo che li ha già visti sconfitti nella loro inerzia rispetto a battaglie mai combattute sul campo, vedendoli rinunciatari anche per certe forme di contaminazione che spesso non delimitava in modo preciso la loro propensione alla difesa del piccolo commercio con il loro interesse verso la grande distribuzione. Stabilire percentuali di aperture può andar bene in un contesto ove tutti chiedono di aprire nei festivi ma la situazione è diametralmente opposta e i negozi, i piccoli negozi hanno continuato e continuano a restare chiusi nei festivi perché questo vogliono. Credo che Luigi Di Maio sbagli anche nel momento in cui non tiene conto che mentre la chiusura festiva può essere "imposta" lo stesso non può avvenire per "l'apertura" perché il piccolo commerciante non potrà mai essere obbligato a tenere aperto il proprio esercizio nei giorni festivi».
Come detto, il vero grande concorrente che rischia di fagocitare gli esercenti è il commercio online. La scelta di far chiudere i negozi nei festivi, secondo l'avviso del sindacalista Montaruli, metterebbe i negozi in una condizione di "discriminazione".
«Sull'altro fronte resta aperto il capitolo commercio on-line con un'importante fetta di distribuzione sul web che interessa ormai anche il settore alimentare. Si verrebbe dunque a determinare una fortissima condizione di discriminazione tra le varie forme di commercio e i ricorsi da parte di chi non condividerebbe tali scelte sarebbero facili da vincere. La proposta? Sicuramente quella di portare a compimento il progetto governativo facendolo a tappe. Si incominci con la determinazione delle giornate obbligatorie di chiusura festiva e domenicale per tutti gli esercizi in determinate festività religiose o civili salvaguardando anche la storia e le tradizioni del nostro Paese. Sarebbe già un bel segnale di fronte alla deregulation totale di oggi. Nel contempo è fondamentale comprendere in che modo ragionare sulla delicata questione relativa alle città d'Arte, alle città Turistiche ed a quelle ad Economia Prevalentemente Turistica. Trattare questo argomento in modo sommario, come vorrebbe fare, ad esempio la Lega, sarebbe un ulteriore errore e porterebbe ad ulteriori discriminazioni visto come le Regioni hanno proceduto nella classificazione di tali città, in modo scriteriato e senza elementi oggettivi di valore. Un argomento complesso che sicuramente è degenerato negli anni ma che oggi non lo si può affrontare in modo così sommario perché le conseguenze potrebbero essere seriamente peggiori del male» ha concluso Montaruli.
Sull'argomento è intervenuto anche il senatore di Forza Italia Dario Damiani che ha bollato l'iniziativa del governo pentaleghista come "anacronistica".
« Un ministro del Lavoro che sembra avere idee piuttosto antiquate sulla realtà attuale del commercio e dei consumi, se la migliore proposta che riesce ad elaborare è la chiusura domenicale delle attività imposta per legge» riferisce il senatore azzurro dopo la proposta del ministro del Lavoro Luigi Di Maio di reintrodurre l'obbligo di chiusura festiva.
«Pur essendo giovane anagraficamente e quasi nativo digitale, al ministro Di Maio forse sfugge che sul mercato da anni ormai esiste una realtà come il commercio elettronico che vanta numeri di tutto rispetto: oltre il 50% degli italiani, stando ai dati ISTAT relativi al 2016, acquista beni e servizi online e l'11% delle imprese vende i propri prodotti sul web. Realtà quindi che a pieno titolo fanno concorrenza al commercio tradizionale in negozio, 24 ore al giorno per 7 giorni a settimana. Chi, quindi, potrebbe avvantaggiarsi della geniale idea di tenere i negozi chiusi la domenica...? La risposta è abbastanza semplice. Come al solito i teoremi economici del M5S, basati su ipotesi traballanti, si prestano ad essere smentiti con grande facilità. Individuare sempre un nemico da abbattere, come se da ciò potesse derivare la soluzione del problema, è una pratica che non conduce mai a risultati soddisfacenti. Serve invece un serio programma di riforma della flessibilità del lavoro, che consenta di conciliare i ritmi attuali della realtà commerciale con il sacrosanto diritto dei lavoratori al riposo e alla cura degli affetti e della vita personale, senza pregiudizi nostalgici», conclude Damiani.
Al contrario, il consigliere regionale della Lega Andrea Caroppo, difende la scelta del Governo.
«Trovo giusto, sacrosanto e decisivo il proposito del Governo di chiudere i negozi la domenica, in primo luogo i centri commerciali ovvero tutte quelle attività che non hanno il carattere della essenzialità o della stagionalità. Va riaffermata la dignità del lavoro e il primato delle relazioni umane su quelle commerciali. La scellerata norma introdotta dal Governo Monti, che ha tolto ogni limite agli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e persino l'obbligo di chiusura domenicale e festiva o della mezza giornata infrasettimanale, ha sconvolto la vita di tanti italiani e delle loro famiglie. La domenica un conto è avere bisogno di un medicinale urgente o di un panino in una località turistica, un conto passeggiare in un centro commerciale anziché in riva al mare costringendo i dipendenti di quell'esercizio a non potersi dedicare al riposo, al culto, ai figli, agli amici, agli anziani e/o agli ammalati. Mi auguro che il governo non receda dal proposito di limitare questa erosione degli spazi e dei tempi di libertà e gratuità delle persone che va a danno delle stesse persone e del tessuto sociale - conclude Caroppo -: la domenica e le festività sono presidi della nostra umanità che dobbiamo difendere».
Di parere avverso è l'associazione di categoria Confesercenti. In una nota, pubblicata sul sito nazionale dell'associazione, si legge la soddisfazione per l'avvio dell'iter della nuova proposta di legge che ha come prima firmataria la deputata leghista Saltamartini.
"Apprendiamo con soddisfazione la presentazione in Commissione Attività Produttive della proposta di legge della Lega, a prima firma dell'onorevole Barbara Saltamartini, che disciplina gli orari di apertura degli esercizi commerciali. Era tempo di dare un segnale a migliaia di italiani, imprenditori e lavoratori, che aspettano un intervento correttivo sulla deregulation totale oggi in vigore".
Così Confesercenti in una nota.
"Le liberalizzazioni delle aperture delle attività commerciali, introdotte dal governo Monti a partire dal 1^ gennaio 2012, avrebbero dovuto dare una spinta ai consumi, grazie all'aumento delle opportunità di acquisto per i consumatori. Ma che non sembra essersi trasformato in acquisti reali: nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio sono state inferiori di oltre 5 miliardi di euro ai livelli del 2011, ultimo anno prima della liberalizzazione".
"È importante, a questo punto, arrivare ad una revisione dell'attuale regime con una norma condivisa e sostenibile. Noi non chiediamo di stare chiusi sempre, ma di restare aperti solo quando e dove necessario, come ad esempio nelle località turistiche", conclude Confesercenti. "Fondamentale è passare dalla deregulation totale ad un minimo di regolamentazione, ragionevole e assolutamente compatibile con le prassi europee e puntare a correggere una distorsione che ha compresso i diritti di piccoli imprenditori e di lavoratori senza alcun vero vantaggio per economia ed occupazione, visto che ha causato indirettamente la chiusura di almeno 50mila negozi. La proposta di legge di iniziativa popolare "Liberaladomenica", promossa da Confesercenti con Cei, è in Parlamento ormai dal 2013: ci auguriamo che, dopo cinque anni, i 150mila firmatari abbiano finalmente una risposta".
Un dibattito sul tema si era già aperto con l'istituzione del Decreto Salva Italia, nel 2011, con il quale la deroga all'apertura degli esercizi nei giorni festivi e domenicali veniva totalmente superata consentendo l'attività in tutti i giorni e a qualsiasi orario.
In quell'occasione le associazioni di categoria protestarono. Tale iniziativa fu vista come un "regalo" alla grande distribuzione, agli ipermercati e come un grande svantaggio per i piccoli esercenti.
Oggi, invece, le posizioni sono cambiate. Così come è cambiata la posizione di Savino Montaruli, sindacalista, tra i primi oppositori al Decreto Salva Italia che oggi, invece, analizza il commercio tenendo conto della "minaccia" dello shop online.
«Era il tempo in cui gli Ipermercati, forti dei tanti regali elargiti dai loro amici politici con generosità, si credevano invincibili e pensavano di essere il tassello più alto della catena della distribuzione al dettaglio. Non immaginavano che di lì a poco il commercio on-line, non quello del negozietto che si mette a vendere la bomboniera artigianale sul web ma i colossi della distribuzione mondiale, Amazon e Alibaba in testa, avrebbero inghiottito pure loro. Quegli ipermercati che si credevano invincibili negli anni duemila fino ad occupare letteralmente i nostri territori con gravissime ripercussioni sul piccolo commercio, oggi a causa dei giganti del commercio on-line stanno chiudendo e continueranno ad accumulare perdite e a licenziare personale tra cui moltissimi giovani. Quella concessione di aperture domenicali tutto l'anno non li ha salvati dalle dure leggi del "mercato" che li stanno disintegrando. Allora cosa fare oggi? Di sicuro vedo un Governo che si appresta comunque ad affrontare il delicato tema ma secondo me lo fa con un approccio sbagliato e rischia di fare casini» afferma duramente Montaruli.
E continua: «Pensare, come sta pensando di fare Luigi Di Maio Ministro allo Sviluppo Economico, di organizzare per "percentuali" l'apertura festiva dei negozi è un errore e rischia di rendere la situazione molto precaria, nelle mani di una gestione a livello comunale dove sempre gli stessi soggetti sarebbero chiamati di nuovo a gestire un campo che li ha già visti sconfitti nella loro inerzia rispetto a battaglie mai combattute sul campo, vedendoli rinunciatari anche per certe forme di contaminazione che spesso non delimitava in modo preciso la loro propensione alla difesa del piccolo commercio con il loro interesse verso la grande distribuzione. Stabilire percentuali di aperture può andar bene in un contesto ove tutti chiedono di aprire nei festivi ma la situazione è diametralmente opposta e i negozi, i piccoli negozi hanno continuato e continuano a restare chiusi nei festivi perché questo vogliono. Credo che Luigi Di Maio sbagli anche nel momento in cui non tiene conto che mentre la chiusura festiva può essere "imposta" lo stesso non può avvenire per "l'apertura" perché il piccolo commerciante non potrà mai essere obbligato a tenere aperto il proprio esercizio nei giorni festivi».
Come detto, il vero grande concorrente che rischia di fagocitare gli esercenti è il commercio online. La scelta di far chiudere i negozi nei festivi, secondo l'avviso del sindacalista Montaruli, metterebbe i negozi in una condizione di "discriminazione".
«Sull'altro fronte resta aperto il capitolo commercio on-line con un'importante fetta di distribuzione sul web che interessa ormai anche il settore alimentare. Si verrebbe dunque a determinare una fortissima condizione di discriminazione tra le varie forme di commercio e i ricorsi da parte di chi non condividerebbe tali scelte sarebbero facili da vincere. La proposta? Sicuramente quella di portare a compimento il progetto governativo facendolo a tappe. Si incominci con la determinazione delle giornate obbligatorie di chiusura festiva e domenicale per tutti gli esercizi in determinate festività religiose o civili salvaguardando anche la storia e le tradizioni del nostro Paese. Sarebbe già un bel segnale di fronte alla deregulation totale di oggi. Nel contempo è fondamentale comprendere in che modo ragionare sulla delicata questione relativa alle città d'Arte, alle città Turistiche ed a quelle ad Economia Prevalentemente Turistica. Trattare questo argomento in modo sommario, come vorrebbe fare, ad esempio la Lega, sarebbe un ulteriore errore e porterebbe ad ulteriori discriminazioni visto come le Regioni hanno proceduto nella classificazione di tali città, in modo scriteriato e senza elementi oggettivi di valore. Un argomento complesso che sicuramente è degenerato negli anni ma che oggi non lo si può affrontare in modo così sommario perché le conseguenze potrebbero essere seriamente peggiori del male» ha concluso Montaruli.
Sull'argomento è intervenuto anche il senatore di Forza Italia Dario Damiani che ha bollato l'iniziativa del governo pentaleghista come "anacronistica".
« Un ministro del Lavoro che sembra avere idee piuttosto antiquate sulla realtà attuale del commercio e dei consumi, se la migliore proposta che riesce ad elaborare è la chiusura domenicale delle attività imposta per legge» riferisce il senatore azzurro dopo la proposta del ministro del Lavoro Luigi Di Maio di reintrodurre l'obbligo di chiusura festiva.
«Pur essendo giovane anagraficamente e quasi nativo digitale, al ministro Di Maio forse sfugge che sul mercato da anni ormai esiste una realtà come il commercio elettronico che vanta numeri di tutto rispetto: oltre il 50% degli italiani, stando ai dati ISTAT relativi al 2016, acquista beni e servizi online e l'11% delle imprese vende i propri prodotti sul web. Realtà quindi che a pieno titolo fanno concorrenza al commercio tradizionale in negozio, 24 ore al giorno per 7 giorni a settimana. Chi, quindi, potrebbe avvantaggiarsi della geniale idea di tenere i negozi chiusi la domenica...? La risposta è abbastanza semplice. Come al solito i teoremi economici del M5S, basati su ipotesi traballanti, si prestano ad essere smentiti con grande facilità. Individuare sempre un nemico da abbattere, come se da ciò potesse derivare la soluzione del problema, è una pratica che non conduce mai a risultati soddisfacenti. Serve invece un serio programma di riforma della flessibilità del lavoro, che consenta di conciliare i ritmi attuali della realtà commerciale con il sacrosanto diritto dei lavoratori al riposo e alla cura degli affetti e della vita personale, senza pregiudizi nostalgici», conclude Damiani.
Al contrario, il consigliere regionale della Lega Andrea Caroppo, difende la scelta del Governo.
«Trovo giusto, sacrosanto e decisivo il proposito del Governo di chiudere i negozi la domenica, in primo luogo i centri commerciali ovvero tutte quelle attività che non hanno il carattere della essenzialità o della stagionalità. Va riaffermata la dignità del lavoro e il primato delle relazioni umane su quelle commerciali. La scellerata norma introdotta dal Governo Monti, che ha tolto ogni limite agli orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e persino l'obbligo di chiusura domenicale e festiva o della mezza giornata infrasettimanale, ha sconvolto la vita di tanti italiani e delle loro famiglie. La domenica un conto è avere bisogno di un medicinale urgente o di un panino in una località turistica, un conto passeggiare in un centro commerciale anziché in riva al mare costringendo i dipendenti di quell'esercizio a non potersi dedicare al riposo, al culto, ai figli, agli amici, agli anziani e/o agli ammalati. Mi auguro che il governo non receda dal proposito di limitare questa erosione degli spazi e dei tempi di libertà e gratuità delle persone che va a danno delle stesse persone e del tessuto sociale - conclude Caroppo -: la domenica e le festività sono presidi della nostra umanità che dobbiamo difendere».
Di parere avverso è l'associazione di categoria Confesercenti. In una nota, pubblicata sul sito nazionale dell'associazione, si legge la soddisfazione per l'avvio dell'iter della nuova proposta di legge che ha come prima firmataria la deputata leghista Saltamartini.
"Apprendiamo con soddisfazione la presentazione in Commissione Attività Produttive della proposta di legge della Lega, a prima firma dell'onorevole Barbara Saltamartini, che disciplina gli orari di apertura degli esercizi commerciali. Era tempo di dare un segnale a migliaia di italiani, imprenditori e lavoratori, che aspettano un intervento correttivo sulla deregulation totale oggi in vigore".
Così Confesercenti in una nota.
"Le liberalizzazioni delle aperture delle attività commerciali, introdotte dal governo Monti a partire dal 1^ gennaio 2012, avrebbero dovuto dare una spinta ai consumi, grazie all'aumento delle opportunità di acquisto per i consumatori. Ma che non sembra essersi trasformato in acquisti reali: nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio sono state inferiori di oltre 5 miliardi di euro ai livelli del 2011, ultimo anno prima della liberalizzazione".
"È importante, a questo punto, arrivare ad una revisione dell'attuale regime con una norma condivisa e sostenibile. Noi non chiediamo di stare chiusi sempre, ma di restare aperti solo quando e dove necessario, come ad esempio nelle località turistiche", conclude Confesercenti. "Fondamentale è passare dalla deregulation totale ad un minimo di regolamentazione, ragionevole e assolutamente compatibile con le prassi europee e puntare a correggere una distorsione che ha compresso i diritti di piccoli imprenditori e di lavoratori senza alcun vero vantaggio per economia ed occupazione, visto che ha causato indirettamente la chiusura di almeno 50mila negozi. La proposta di legge di iniziativa popolare "Liberaladomenica", promossa da Confesercenti con Cei, è in Parlamento ormai dal 2013: ci auguriamo che, dopo cinque anni, i 150mila firmatari abbiano finalmente una risposta".