Lotta al cancro, Maurizio Quinto di Corato un punto di riferimento per la ricerca
La nostra intervista al chimico
sabato 10 agosto 2024
7.56
Il coratino Maurizio Quinto, docente all'Università di Foggia e ricercatore delegato dalla Società Chimica Italiana in Cina, rappresenta un punto di riferimento per la lotta contro il cancro.
Attualmente è impegnato in un progetto di ricerca volto a migliorare la qualità della vita delle persone. Questo studio internazionale è frutto di un accordo di cooperazione firmato durante il 34esimo congresso della Società Chimica a Guangzhou.
Abbiamo rivolto al dottor Quinto (in foto assieme al Presidente della Società Chimica Cinese, il professor Wan Lijun) alcune domande sul suo ruolo nell'ambito di questi studi e sui passi avanti inerenti alla lotta contro determinate malattie.
Qual è il suo contributo all'interno della ricerca per la lotta contro il cancro?
Com'è stato, per lei, lavorare in team con esperti internazionali?
Pensa che, in futuro, dai vostri studi ci possano essere ancora passi decisivi per combattere questa malattia?
Attualmente è impegnato in un progetto di ricerca volto a migliorare la qualità della vita delle persone. Questo studio internazionale è frutto di un accordo di cooperazione firmato durante il 34esimo congresso della Società Chimica a Guangzhou.
Abbiamo rivolto al dottor Quinto (in foto assieme al Presidente della Società Chimica Cinese, il professor Wan Lijun) alcune domande sul suo ruolo nell'ambito di questi studi e sui passi avanti inerenti alla lotta contro determinate malattie.
Qual è il suo contributo all'interno della ricerca per la lotta contro il cancro?
«Si tratta di un lavoro di squadra che ha visto coinvolte la Yanbian University, la Lanzhou University, la Jilin University e la The Hong Kong Polytechnic University. Il gruppo di ricerca dell'Università di Foggia del quale faccio parte si è impegnato in particolare nella ideazione del prototipo e nella interpretazione dei dati sperimentali. Le Università cinesi hanno fisicamente realizzato e testato il dispositivo, incluse le prove con le cellule del sangue».
«La mia prima esperienza all'estero è stata nel 1995, durante il mio periodo di dottorato, presso l'Institut de microtechnique de Neuchâtel, in Svizzera. Da allora ad oggi ho avuto modo la possibilità di lavorare spesso all'estero o di collaborare con esperti internazionali provenienti dagli Stati Uniti, Irlanda, Turchia, Australia, Sud Corea, Germania, Pakistan, per citarne alcuni. Collaborare con colleghi delle altre nazioni, oltre a garantire un arricchimento culturale sul piano scientifico, aiuta a comprendere le differenze e a rispettarle. È un periodo difficile, questo, dilaniato da guerre ed incomprensioni, e l'unica vera arma che abbiamo per combatterle è la conoscenza dell'altro, che è un essere umano come noi, ed il rispetto delle sue usanze e abitudini».
«Lo spero. Il cammino verso la soluzione definitiva contro queste malattie è ancora lungo, e questo studio rappresenta un primo piccolo passo, sia pur innovativo, che necessita però di numerose prove e di ulteriori studi. La storia però ci insegna che il futuro riserva sempre grandi sorprese e che i progressi della scienza vanno al di là delle nostre più rosee previsioni, grazie alla ricerca scientifica che progredisce senza distinzione di razza, sesso, cultura e nazionalità».