«L'assessore Perrone rispetti chi è stato eletto dal popolo»
Il commento di un lettore al diverbio che ha visto protagonisti l'assessore Perrone e il consigliere Vito Bovino
mercoledì 11 gennaio 2017
12.07
«Gentile direttore, le chiedo: può un assessore, di nomina del sindaco, urlare all'indirizzo di un consigliere comunale, espressione del voto popolare, dicendogli "vatti a sfogare da un'altra parte?"».
Inizia così la riflessione di un nostro lettore all'indomani del consiglio comunale celebratosi lo scorso 9 gennaio. Il lettore fa riferimento ad un momento preciso del consiglio comunale in cui l'assessore Sen. Perrone e il consigliere comunale del Partito Democratico Vito Bovino sono stati protagonisti di un acceso diverbio, a microfoni spenti.
Tra i due politici sono volate parole grosse, al punto che l'assessore Perrone ha invitato il consigliere Bovino ad andare a «sfogarsi da un'altra parte» e a non considerare l'aula del Consiglio Comunale «una palestra». A seguito dell'episodio i consiglieri comunali di maggioranza e opposizione hanno invitato tutti a mantenere un clima più sereno e ad evitare commenti lontano dai microfoni.
Il consigliere Bovino, dal canto suo, ha preso la sua cartella e si è allontanato dall'aula. Perrone, chiamato in causa, ha chiarito di aver sempre onorato l'aula del consiglio comunale, il luogo deputato a «risolvere i problemi».
«Non è neanche normale che un consigliere eletto prenda le sue carte e vada via, sopraffatto dalle urla dell'assessore», continua il nostro lettore.
«È un atto politico gravissimo per il quale l'opposizione dovrebbe chiedere le dimissioni dell'assessore. Il sindaco stesso, che ha nominato l'assessore, dovrebbe sentirsi in imbarazzo. In una situazione normale si dovrebbero chiedere le dimissioni dell'assessore o del Presidente del consiglio» stigmatizza il nostro lettore.
E alla fine una domanda: «Come avrebbero reagito i consiglieri se, a rendersi protagonista di questo episodio, fosse stato un qualsiasi altro assessore?»
Inizia così la riflessione di un nostro lettore all'indomani del consiglio comunale celebratosi lo scorso 9 gennaio. Il lettore fa riferimento ad un momento preciso del consiglio comunale in cui l'assessore Sen. Perrone e il consigliere comunale del Partito Democratico Vito Bovino sono stati protagonisti di un acceso diverbio, a microfoni spenti.
Tra i due politici sono volate parole grosse, al punto che l'assessore Perrone ha invitato il consigliere Bovino ad andare a «sfogarsi da un'altra parte» e a non considerare l'aula del Consiglio Comunale «una palestra». A seguito dell'episodio i consiglieri comunali di maggioranza e opposizione hanno invitato tutti a mantenere un clima più sereno e ad evitare commenti lontano dai microfoni.
Il consigliere Bovino, dal canto suo, ha preso la sua cartella e si è allontanato dall'aula. Perrone, chiamato in causa, ha chiarito di aver sempre onorato l'aula del consiglio comunale, il luogo deputato a «risolvere i problemi».
«Non è neanche normale che un consigliere eletto prenda le sue carte e vada via, sopraffatto dalle urla dell'assessore», continua il nostro lettore.
«È un atto politico gravissimo per il quale l'opposizione dovrebbe chiedere le dimissioni dell'assessore. Il sindaco stesso, che ha nominato l'assessore, dovrebbe sentirsi in imbarazzo. In una situazione normale si dovrebbero chiedere le dimissioni dell'assessore o del Presidente del consiglio» stigmatizza il nostro lettore.
E alla fine una domanda: «Come avrebbero reagito i consiglieri se, a rendersi protagonista di questo episodio, fosse stato un qualsiasi altro assessore?»
La replica del consigliere Vito Bovino
Io sono stato eletto dal popolo, a differenza dell'assessore che è stato nominato. Sono andato via quando il presidente del Consiglio non dava dimostrazione di imparzialità e corretta gestione dell'assise consiliare, accusando soltanto me di parlare a microfoni spenti, quando in realtà chi violava i regolamenti era colui che, molte volte si erge a "maestro dell'aula".
Io sono stato eletto dal popolo, a differenza dell'assessore che è stato nominato. Sono andato via quando il presidente del Consiglio non dava dimostrazione di imparzialità e corretta gestione dell'assise consiliare, accusando soltanto me di parlare a microfoni spenti, quando in realtà chi violava i regolamenti era colui che, molte volte si erge a "maestro dell'aula".