«Invisibili, privati del diritto al lavoro», il grido di allarme degli operatori di sport e danza
Una manifestazione pacifica per far valere le loro ragioni e la promessa del sindaco di farsene portavoce
domenica 1 novembre 2020
Vivono di sport, di danza, di fitness, hanno fatto della loro passione il loro lavoro e, in quanto lavoratori, rivendicano il loro sacrosanto diritto al lavoro.
Molti di loro hanno già manifestato a Roma e a Bari e ieri pomeriggio associazioni e società sportive hanno deciso di scendere anche in Piazza Cesare Battisti per manifestare contro la decisione del Governo di chiudere le strutture sportive. Una protesta pacifica e silenziosa in cui è stato impossibile non percepire il grido di allarme per le difficoltà e i sacrifici che si ritrovano ad affrontare, con le attività sospese da marzo.
Immobili, come le loro vite e le loro attività da quando il Dpcm del 25 ottobre ha bloccato il settore.
Increduli per aver visto vanificati in un attimo i sacrifici fatti per riaprire le loro strutture nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza imposte dal protocollo, affrontando anche ingenti spese.
Disarmati, sentendosi privi di tutele, sottratti del diritto al lavoro, non sentendosi considerati a tutti gli effetti dei lavoratori.
A promuovere l'iniziativa è Francesco Di Bisceglie (Buena Vista Dance & Fitness) che ha cercato di coinvolgere tutte le realtà sportive presenti a Corato. «Viviamo una situazione veramente drammatica, abbiamo già registrato ingenti perdite nel periodo del lockdown, affrontato spese per adeguarci ai rigidissimi protocolli di sicurezza imposti al nostro settore, e lavorato incessantemente per poter riaprire garantendo la totale sicurezza nello svolgimento delle attività, sia per gli operatori che per i nostri utenti. Le nostre strutture non sono luoghi di contagio, rispetto ad altre attività, le nostre sono forse le più sicure viste tutte le norme a cui ci siamo doverosamente attenuti. Siamo dei lavoratori privati del diritto al lavoro, sancito dall'articolo 4 della nostra Costituzione».
Sanificazione degli ambienti e degli attrezzi, rimodulazione degli orari delle attività, ingressi e uscite diversificati e contingentati, igienizzante a disposizione degli iscritti con registrazione delle entrate e misurazione della temperatura. A tutti gli utenti viene richiesto il cambio delle calzature nel passaggio dall'esterno all'interno e viceversa, a loro viene garantito il distanziamento evitando il contatto con una rielaborazione delle attività. Sono le principali misure di sicurezza che accomunano tutte le strutture i cui responsabili non si spiegano con quali criteri di valutazione sia stata sancita la chiusura, senza considerare le derivanti difficoltà socio economiche.
Hanno registrato tutte un calo di iscrizioni sin dall'inizio della pandemia, ma hanno anche visto tornare i frequentatori consolidati «ci hanno dato fiducia perché hanno personalmente constatato la piena sicurezza dei nostri ambienti e delle nostre attività – dicono unanimi – il problema è che si sta facendo del terrorismo mediatico e psicologico che non ha fondamento e a farne le spese non siamo solo noi, ma anche tutti coloro che beneficiano dell'attività sportiva».
Hanno riaperto in perdita perché hanno dovuto affrontare costi fissi durante i mesi di chiusura e sostenere spese per l'adeguamento. E i contributi previsti dal governo? «Inconsistenti – ci dicono tutti – sono stati erogati aiuti economici per i collaboratori ma non per le strutture, per le società e le associazioni, non per la gestione dei costi fissi (che per alcune strutture raggiungono anche i 5mila euro mensili) che abbiamo dovuto sostenere con non poche difficoltà per mesi. Ci auspichiamo che venga seriamente presa in considerazione una misura di sostegno concreto se non vogliono farci riaprire».
«La maggior parte delle nostre strutture era già adeguatamente a norma ancor prima della normativa anticontagio. – spiega Mario Roselli (Den Of Tigers Gym) – Abbiamo speso molto per ripartire e ora hanno lasciato i nostri collaboratori sportivi senza lavoro. Il mio è un grande centro fitness, abbiamo potuto gestire al meglio gli ampi spazi anche per gli sport da combattimento, andando a lavorare senza contatto solo sulla preparazione atletica, ma lavoriamo molto anche con i bambini e i genitori non ce li avrebbero mai affidati se non avessero constatato la sicurezza delle strutture. Ad oggi, lavoriamo a porte chiuse con il solo settore agonistico avendo atleti di interesse nazionale che continuano ad allenarsi per importanti competizioni, con difficoltà nel coprire le spese».
«Anche noi, fra le varie difficoltà, continuiamo a lavorare con il solo settore agonistico – aggiunge Teresa Lacirasella (Gym Progression) – nessuno di noi è immune dal rischio di contagio, ma sappiamo di lavorare con molteplici accortezze nel rispetto non solo delle norme ma di noi stessi e delle allieve. In vista di importanti campionati nazionali nel settore olimpionico, lavoriamo con determinazione per loro perchè è assolutamente impensabile vanificare anni di sacrificio di giovanissime atlete che si allenano anche 4 ore al giorno».
«Le scuole di danza hanno completamente rielaborato le attività, puntando sul ballo singolo e sulla motricità individuale anche se purtroppo si viene a perdere il senso del ballo, il suo valore» – spiega Mariaelena Lotito (Euphoria Dance) intervenuta alla manifestazione con alcune sue giovanissime allieve. Ed è la piccola Giada che ci racconta: «Stiamo vivendo molto male questa chiusura perché ci hanno tolto la passione del tempo libero. Per molti la danza è uno sfogo, è importante, e inoltre stavamo lavorando duramente per arrivare al campionato italiano di balli latino americani e ora ci stanno impedendo il sogno. Ricominciare tutto dall'inizio non sarà facile». Non avete avuto timori a tornare a scuola di danza? «No, perché l'insegnante ci ha spiegato chiaramente tutte le regole e noi le abbiamo sempre seguite».
«Noi viviamo di questo e avremo tutta la buona volontà di attenerci ad altre disposizioni purché di permettano di riaprire e lavorare. – le parole di Annamaria Zaza (Arte e Balletto) – Un buon 50% dei nostri iscritti sono bambini e alla riapertura sono tornati con una incredibile voglia di fare e ricominciare. Quando abbiamo dovuto richiudere ci hanno chiesto "ma perché, se non abbiamo sbagliato niente?". Sono reazioni che ci hanno fatto rabbrividire ma anche dato conferma di come il nostro lavoro non si limiti alla sola attività, ma va ben oltre: la danza è passione e impartisce una disciplina che fa crescere a 360 gradi e questo è un aspetto cruciale e fondamentale del nostro lavoro. Ora loro aspettano di tornare a danzare sulle loro stelline contrassegnate sul pavimento, mentre i genitori ci chiedono: "come glielo spieghiamo?"».
Lo sport è benessere, impartisce ai bambini una disciplina aiutandoli a crescere e maturare, consente uno svago ricreativo psicofisico importante che invece viene sottovalutato e che gli operatori del settore sottolineano a gran voce.
«Lo sport, la danza, l'intero comparto è arte, cultura, è ricreazione sociale e psicologica. – ribadisce Dina Matera (Maison De La Danse) - La gente si avvicina allo sport per staccare, per ritrovare il proprio mondo, e non ci si rende conto dell'impatto psicologico che queste misure possono avere. Inoltre, la sensazione è di non essere considerati dei lavoratori e per questo privi di diritti e di attenzione. Ci trattano come giullari o animatori di oratorio. È necessaria una vera e propria riforma dello sport che ci riconosca come tali, che riconosca gli investimenti in formazione, energie, sacrifici per poter svolgere le nostre attività che sono la nostra vita, la nostra passione e il nostro lavoro».
Come vedono il futuro? «Se tutto va bene, riaprire il 24 novembre pone comunque un punto interrogativo perché il mese di dicembre è sempre stato un periodo di stop per le palestre. Se riusciremo a riaprire a gennaio, ci sarà sempre il timore che la gente non ritorni sapendo di dover interrompere con la chiusura estiva a giugno. Più a lungo si rimanderà la riapertura, forse, più a rischio di chiusura definitiva saranno i grandi centri sportivi che si ritrovano da mesi ad affrontare ingenti costi di gestione senza entrate».
Ad esprimere piena solidarietà e comprensione nella grande difficoltà in cui si trova tutto il settore dello sport e della danza in questa emergenza sanitaria è il sindaco Corrado De Benedittis che si è unito agli operatori in piazza con una promessa. «Purtroppo le disposizioni nazionali non sono risultato di capricci ma di analisi d'intesa con l'Istituto Superiore di Sanità. Dobbiamo rispettare la legge ma anche far sentire la grave situazione di disagio e rappresentarla. Per questo, ho dato disponibilità ad incontrare i rappresentati del settore per stilare insieme un documento per focalizzare tutti i problemi e me ne farò portavoce nelle sedi istituzionali competenti affinchè ricerchino soluzioni. È importante fare rete con istituzioni, territorio e interloquire col governo centrale perché è giusto che lo Stato riconosca a pieno titolo chi in questo settore lavora ed è portatore di diritti».
Molti di loro hanno già manifestato a Roma e a Bari e ieri pomeriggio associazioni e società sportive hanno deciso di scendere anche in Piazza Cesare Battisti per manifestare contro la decisione del Governo di chiudere le strutture sportive. Una protesta pacifica e silenziosa in cui è stato impossibile non percepire il grido di allarme per le difficoltà e i sacrifici che si ritrovano ad affrontare, con le attività sospese da marzo.
Immobili, come le loro vite e le loro attività da quando il Dpcm del 25 ottobre ha bloccato il settore.
Increduli per aver visto vanificati in un attimo i sacrifici fatti per riaprire le loro strutture nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza imposte dal protocollo, affrontando anche ingenti spese.
Disarmati, sentendosi privi di tutele, sottratti del diritto al lavoro, non sentendosi considerati a tutti gli effetti dei lavoratori.
A promuovere l'iniziativa è Francesco Di Bisceglie (Buena Vista Dance & Fitness) che ha cercato di coinvolgere tutte le realtà sportive presenti a Corato. «Viviamo una situazione veramente drammatica, abbiamo già registrato ingenti perdite nel periodo del lockdown, affrontato spese per adeguarci ai rigidissimi protocolli di sicurezza imposti al nostro settore, e lavorato incessantemente per poter riaprire garantendo la totale sicurezza nello svolgimento delle attività, sia per gli operatori che per i nostri utenti. Le nostre strutture non sono luoghi di contagio, rispetto ad altre attività, le nostre sono forse le più sicure viste tutte le norme a cui ci siamo doverosamente attenuti. Siamo dei lavoratori privati del diritto al lavoro, sancito dall'articolo 4 della nostra Costituzione».
Sanificazione degli ambienti e degli attrezzi, rimodulazione degli orari delle attività, ingressi e uscite diversificati e contingentati, igienizzante a disposizione degli iscritti con registrazione delle entrate e misurazione della temperatura. A tutti gli utenti viene richiesto il cambio delle calzature nel passaggio dall'esterno all'interno e viceversa, a loro viene garantito il distanziamento evitando il contatto con una rielaborazione delle attività. Sono le principali misure di sicurezza che accomunano tutte le strutture i cui responsabili non si spiegano con quali criteri di valutazione sia stata sancita la chiusura, senza considerare le derivanti difficoltà socio economiche.
Hanno registrato tutte un calo di iscrizioni sin dall'inizio della pandemia, ma hanno anche visto tornare i frequentatori consolidati «ci hanno dato fiducia perché hanno personalmente constatato la piena sicurezza dei nostri ambienti e delle nostre attività – dicono unanimi – il problema è che si sta facendo del terrorismo mediatico e psicologico che non ha fondamento e a farne le spese non siamo solo noi, ma anche tutti coloro che beneficiano dell'attività sportiva».
Hanno riaperto in perdita perché hanno dovuto affrontare costi fissi durante i mesi di chiusura e sostenere spese per l'adeguamento. E i contributi previsti dal governo? «Inconsistenti – ci dicono tutti – sono stati erogati aiuti economici per i collaboratori ma non per le strutture, per le società e le associazioni, non per la gestione dei costi fissi (che per alcune strutture raggiungono anche i 5mila euro mensili) che abbiamo dovuto sostenere con non poche difficoltà per mesi. Ci auspichiamo che venga seriamente presa in considerazione una misura di sostegno concreto se non vogliono farci riaprire».
«La maggior parte delle nostre strutture era già adeguatamente a norma ancor prima della normativa anticontagio. – spiega Mario Roselli (Den Of Tigers Gym) – Abbiamo speso molto per ripartire e ora hanno lasciato i nostri collaboratori sportivi senza lavoro. Il mio è un grande centro fitness, abbiamo potuto gestire al meglio gli ampi spazi anche per gli sport da combattimento, andando a lavorare senza contatto solo sulla preparazione atletica, ma lavoriamo molto anche con i bambini e i genitori non ce li avrebbero mai affidati se non avessero constatato la sicurezza delle strutture. Ad oggi, lavoriamo a porte chiuse con il solo settore agonistico avendo atleti di interesse nazionale che continuano ad allenarsi per importanti competizioni, con difficoltà nel coprire le spese».
«Anche noi, fra le varie difficoltà, continuiamo a lavorare con il solo settore agonistico – aggiunge Teresa Lacirasella (Gym Progression) – nessuno di noi è immune dal rischio di contagio, ma sappiamo di lavorare con molteplici accortezze nel rispetto non solo delle norme ma di noi stessi e delle allieve. In vista di importanti campionati nazionali nel settore olimpionico, lavoriamo con determinazione per loro perchè è assolutamente impensabile vanificare anni di sacrificio di giovanissime atlete che si allenano anche 4 ore al giorno».
«Le scuole di danza hanno completamente rielaborato le attività, puntando sul ballo singolo e sulla motricità individuale anche se purtroppo si viene a perdere il senso del ballo, il suo valore» – spiega Mariaelena Lotito (Euphoria Dance) intervenuta alla manifestazione con alcune sue giovanissime allieve. Ed è la piccola Giada che ci racconta: «Stiamo vivendo molto male questa chiusura perché ci hanno tolto la passione del tempo libero. Per molti la danza è uno sfogo, è importante, e inoltre stavamo lavorando duramente per arrivare al campionato italiano di balli latino americani e ora ci stanno impedendo il sogno. Ricominciare tutto dall'inizio non sarà facile». Non avete avuto timori a tornare a scuola di danza? «No, perché l'insegnante ci ha spiegato chiaramente tutte le regole e noi le abbiamo sempre seguite».
«Noi viviamo di questo e avremo tutta la buona volontà di attenerci ad altre disposizioni purché di permettano di riaprire e lavorare. – le parole di Annamaria Zaza (Arte e Balletto) – Un buon 50% dei nostri iscritti sono bambini e alla riapertura sono tornati con una incredibile voglia di fare e ricominciare. Quando abbiamo dovuto richiudere ci hanno chiesto "ma perché, se non abbiamo sbagliato niente?". Sono reazioni che ci hanno fatto rabbrividire ma anche dato conferma di come il nostro lavoro non si limiti alla sola attività, ma va ben oltre: la danza è passione e impartisce una disciplina che fa crescere a 360 gradi e questo è un aspetto cruciale e fondamentale del nostro lavoro. Ora loro aspettano di tornare a danzare sulle loro stelline contrassegnate sul pavimento, mentre i genitori ci chiedono: "come glielo spieghiamo?"».
Lo sport è benessere, impartisce ai bambini una disciplina aiutandoli a crescere e maturare, consente uno svago ricreativo psicofisico importante che invece viene sottovalutato e che gli operatori del settore sottolineano a gran voce.
«Lo sport, la danza, l'intero comparto è arte, cultura, è ricreazione sociale e psicologica. – ribadisce Dina Matera (Maison De La Danse) - La gente si avvicina allo sport per staccare, per ritrovare il proprio mondo, e non ci si rende conto dell'impatto psicologico che queste misure possono avere. Inoltre, la sensazione è di non essere considerati dei lavoratori e per questo privi di diritti e di attenzione. Ci trattano come giullari o animatori di oratorio. È necessaria una vera e propria riforma dello sport che ci riconosca come tali, che riconosca gli investimenti in formazione, energie, sacrifici per poter svolgere le nostre attività che sono la nostra vita, la nostra passione e il nostro lavoro».
Come vedono il futuro? «Se tutto va bene, riaprire il 24 novembre pone comunque un punto interrogativo perché il mese di dicembre è sempre stato un periodo di stop per le palestre. Se riusciremo a riaprire a gennaio, ci sarà sempre il timore che la gente non ritorni sapendo di dover interrompere con la chiusura estiva a giugno. Più a lungo si rimanderà la riapertura, forse, più a rischio di chiusura definitiva saranno i grandi centri sportivi che si ritrovano da mesi ad affrontare ingenti costi di gestione senza entrate».
Ad esprimere piena solidarietà e comprensione nella grande difficoltà in cui si trova tutto il settore dello sport e della danza in questa emergenza sanitaria è il sindaco Corrado De Benedittis che si è unito agli operatori in piazza con una promessa. «Purtroppo le disposizioni nazionali non sono risultato di capricci ma di analisi d'intesa con l'Istituto Superiore di Sanità. Dobbiamo rispettare la legge ma anche far sentire la grave situazione di disagio e rappresentarla. Per questo, ho dato disponibilità ad incontrare i rappresentati del settore per stilare insieme un documento per focalizzare tutti i problemi e me ne farò portavoce nelle sedi istituzionali competenti affinchè ricerchino soluzioni. È importante fare rete con istituzioni, territorio e interloquire col governo centrale perché è giusto che lo Stato riconosca a pieno titolo chi in questo settore lavora ed è portatore di diritti».