«Hanno negato a nostro fratello, cittadino italiano, il dignitoso diritto alla sepoltura»
La complessa vicenda di un coratino deceduto in Germania e tornato in Italia in un'urna cineraria
mercoledì 6 settembre 2017
0.52
Un ritorno in Italia in un'urna cineraria. Non è ciò che avrebbe voluto Vito, partito negli anni '80 dalla Puglia alla volta della Germania, in cerca di fortuna. Una scelta comune a molti meridionali, quasi una tappa obbligata per chi cercava per sé e i suoi cari un futuro migliore.
Vito in Germania ci è rimasto per 30 anni, integrandosi perfettamente, ma con un grande sogno: tornare nella sua amata terra e rivedere il suo trullo, il luogo dove voleva essere sepolto. Vito in Italia ci è tornato, da morto, in un'urna cineraria. E chissà se mai ci sarebbe tornato se i suoi fratelli, nel giugno 2017, non lo avessero cercato per comunicargli la triste notizia della scomparsa dell'amata madre. Il telefono muto aveva fatto seriamente preoccupare i suoi familiari che si erano visti costretti ad allertare l'Ambasciata italiana e gli organi di polizia di Friedrichroda perché dessero notizie del loro congiunto, cittadino italiano e regolarmente iscritto all'anagrafe degli italiani residenti all'estero del comune di Corato, in provincia di Bari. «Dopo poche ore l'Ambasciata ci ha comunicato che nostro fratello era morto da circa un mese e mezzo, il 1 maggio, a seguito di convulsioni. Al dolore per la morte di nostra madre si aggiungeva quello provocato dall'inattesa e straziante notizia» confida la sorella Isabella.
Perché mai la famiglia non era stata messa al corrente del decesso? Questo è solo il primo di una serie di interrogativi che i fratelli di Vito si pongono e sui quali chiedono venga fatta chiarezza.
Vito, al momento della sua morte, aveva con sé tutti i documenti che potessero identificarlo. Nonostante ciò il Comune di Firedrichroda non ha comunicato all'Ambasciata il decesso del cittadino italiano, come invece è obbligo e prassi nei casi in cui la persona vive sola e non sono conosciuti i parenti. Circostanza inoltre prevista dall'articolo 37 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari.
Non solo. La morte per cause naturali del signor Vito, così come riportato negli atti in possesso della famiglia, sarebbe stata accertata a seguito di autopsia. Il cadavere dell'uomo, dopo un breve periodo, è stato cremato, senza alcuna autorizzazione da parte dei fratelli. Allo strazio per la grave perdita si aggiungono agghiaccianti interrogativi: «Veramente nostro fratello è morto per cause naturali? Non ci è stata data la possibilità di nominare un nostro consulente che presenziasse all'atto dell'autopsia» denunciano i fratelli che oggi custodiscono del loro congiunto soltanto le ceneri. Il dubbio più atroce riguarda però proprio quelle ceneri: «Sono davvero di nostro fratello?». Una domanda a cui, ormai, è pressoché impossibile dare una risposta.
«Nostro fratello non aveva mai manifestato la volontà di essere cremato, né tanto meno aveva reso delle dichiarazioni scritte in merito. Anzi, in più occasioni, dinanzi ai familiari aveva espresso la volontà di essere inumato o tumulato nella sua amata Puglia» ribadiscono i familiari che nei giorni scorsi hanno avuto un colloquio con il sindaco di Corato, unica autorità che avrebbe potuto autorizzare la cremazione.
I fratelli di Vito, oggi, chiedono che venga riconosciuta la dignità del loro congiunto, di un cittadino italiano cui è stato sottratto il diritto di essere sepolto. Chiedono che venga riconosciuto il diritto, seppure post mortem, di una madre di venire a conoscenza della perdita del proprio figlio, e quello dei fratelli di poter vedere, per l'ultima volta, il volto del loro congiunto. Al sindaco di Corato hanno chiesto che il Comune si costituisca parte civile in un eventuale procedimento giudiziario; «un legittimo obiettivo da perseguire, per contrastare fenomeni di distrazioni o abusi che possano, come nel nostro caso, creare patimento e sofferenza».
Isabella, sorella di Vito, ci crede. Crede che lo Stato Italiano ed il Comune di Corato abbiano il dovere di esserle accanto per tutelare i diritti di un cittadino italiano che ha amato la sua terra e la sua famiglia.
Vito in Germania ci è rimasto per 30 anni, integrandosi perfettamente, ma con un grande sogno: tornare nella sua amata terra e rivedere il suo trullo, il luogo dove voleva essere sepolto. Vito in Italia ci è tornato, da morto, in un'urna cineraria. E chissà se mai ci sarebbe tornato se i suoi fratelli, nel giugno 2017, non lo avessero cercato per comunicargli la triste notizia della scomparsa dell'amata madre. Il telefono muto aveva fatto seriamente preoccupare i suoi familiari che si erano visti costretti ad allertare l'Ambasciata italiana e gli organi di polizia di Friedrichroda perché dessero notizie del loro congiunto, cittadino italiano e regolarmente iscritto all'anagrafe degli italiani residenti all'estero del comune di Corato, in provincia di Bari. «Dopo poche ore l'Ambasciata ci ha comunicato che nostro fratello era morto da circa un mese e mezzo, il 1 maggio, a seguito di convulsioni. Al dolore per la morte di nostra madre si aggiungeva quello provocato dall'inattesa e straziante notizia» confida la sorella Isabella.
Perché mai la famiglia non era stata messa al corrente del decesso? Questo è solo il primo di una serie di interrogativi che i fratelli di Vito si pongono e sui quali chiedono venga fatta chiarezza.
Vito, al momento della sua morte, aveva con sé tutti i documenti che potessero identificarlo. Nonostante ciò il Comune di Firedrichroda non ha comunicato all'Ambasciata il decesso del cittadino italiano, come invece è obbligo e prassi nei casi in cui la persona vive sola e non sono conosciuti i parenti. Circostanza inoltre prevista dall'articolo 37 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari.
Non solo. La morte per cause naturali del signor Vito, così come riportato negli atti in possesso della famiglia, sarebbe stata accertata a seguito di autopsia. Il cadavere dell'uomo, dopo un breve periodo, è stato cremato, senza alcuna autorizzazione da parte dei fratelli. Allo strazio per la grave perdita si aggiungono agghiaccianti interrogativi: «Veramente nostro fratello è morto per cause naturali? Non ci è stata data la possibilità di nominare un nostro consulente che presenziasse all'atto dell'autopsia» denunciano i fratelli che oggi custodiscono del loro congiunto soltanto le ceneri. Il dubbio più atroce riguarda però proprio quelle ceneri: «Sono davvero di nostro fratello?». Una domanda a cui, ormai, è pressoché impossibile dare una risposta.
«Nostro fratello non aveva mai manifestato la volontà di essere cremato, né tanto meno aveva reso delle dichiarazioni scritte in merito. Anzi, in più occasioni, dinanzi ai familiari aveva espresso la volontà di essere inumato o tumulato nella sua amata Puglia» ribadiscono i familiari che nei giorni scorsi hanno avuto un colloquio con il sindaco di Corato, unica autorità che avrebbe potuto autorizzare la cremazione.
I fratelli di Vito, oggi, chiedono che venga riconosciuta la dignità del loro congiunto, di un cittadino italiano cui è stato sottratto il diritto di essere sepolto. Chiedono che venga riconosciuto il diritto, seppure post mortem, di una madre di venire a conoscenza della perdita del proprio figlio, e quello dei fratelli di poter vedere, per l'ultima volta, il volto del loro congiunto. Al sindaco di Corato hanno chiesto che il Comune si costituisca parte civile in un eventuale procedimento giudiziario; «un legittimo obiettivo da perseguire, per contrastare fenomeni di distrazioni o abusi che possano, come nel nostro caso, creare patimento e sofferenza».
Isabella, sorella di Vito, ci crede. Crede che lo Stato Italiano ed il Comune di Corato abbiano il dovere di esserle accanto per tutelare i diritti di un cittadino italiano che ha amato la sua terra e la sua famiglia.