Forum dei Giovani del Comune di Corato, approfondimento sulla COP28
Il punto del Forum sulla COP conclusasi a Dubai il 13 dicembre
venerdì 15 dicembre 2023
17.33
Il 13 dicembre si è conclusa la COP28 a Dubai, la ventottesima Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, tenutasi all'Expo City di Dubai sotto la presidenza degli Emirati Arabi Uniti. Questo incontro annuale, che si svolge dal 1995, è fondamentale per affrontare globalmente i problemi legati al cambiamento climatico e cercare di ridurre i potenziali effetti negativi che si fanno sempre più gravi.
Oltre alla 28ª Conferenza delle Parti dell'UNFCCC (COP28), l'evento ha incluso anche la 18ª Conferenza delle Parti del Protocollo di Kyoto (CMP18) e la 5ª Conferenza delle Parti dell'Accordo di Parigi (CMA5).
La COP è una conferenza a cui sono invitate tutte le "parti", non solo gli stati nazionali, ma anche attivisti, rappresentanti della società civile, come sindacati e associazioni di categoria. Diverse associazioni giovanili, centri di ricerca e università da tutto il mondo, così come aziende e il mondo delle imprese, in particolare quelle energetiche, partecipano attraverso i lobbisti. A questa edizione, i lobbisti collegati ai combustibili fossili hanno raggiunto la presenza record di almeno 2.456, rispetto ai 636 della COP27 del 2022.
Nonostante le preoccupazioni sulla COP, questa rappresenta l'unico momento annuale in cui queste diverse voci possono discutere insieme di un problema che mette in crisi l'intera civiltà umana e richiede uno sforzo congiunto. Per raggiungere questo obiettivo, c'è un meccanismo di rotazione del paese ospitante, che guida anche l'agenda dei lavori. Quest'anno, il paese ospitante è un importante produttore di combustibili fossili, che ha basato il suo sviluppo economico su tali risorse.
Il presidente designato è il delegato degli Emirati Arabi Uniti per il clima, Sultan Ahmed al-Jaber, che è anche ministro dell'industria e delle tecnologie avanzate e presidente di Masdar (azienda di stato sulle energie rinnovabili). Tuttavia, è anche il capo della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), la più grande e potente azienda di stato emiratina, che continua a investire per aumentare la produzione di petrolio, compresi progetti a lungo termine.
Questo contrasto di interessi è emerso prima dell'inizio dei lavori, quando un'inchiesta della BBC ha rivelato che, durante i colloqui a margine della Conferenza, Al Jaber avrebbe cercato di stringere accordi commerciali per nuove forniture di petrolio. Inoltre, The Guardian ha pubblicato la registrazione di un audio in cui il presidente negava la necessità di eliminare i combustibili fossili per affrontare la crisi climatica (frasi poi in parte ritrattate).
A sorpresa, però, il primo giorno si è aperto con una buona notizia: è stato reso operativo il Fondo perdite e danni approvato alla COP27 di Sharm el-Sheikh, volto a riparare i danni subiti dai paesi più poveri a causa del cambiamento climatico. Tuttavia, l'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente) stima che siano necessari tra i 215 e i 387 miliardi di dollari all'anno a favore dei paesi in via di sviluppo, lontani dagli attuali fondi promessi.
Date queste condizioni di partenza negative, c'erano poche speranze di raggiungere un testo finale coraggioso che impegnasse realmente nell'affrontare l'emergenza. Il dibattito sul testo si è arenato nello scontro su due espressioni simili ma dal significato politico molto diverso: "phase out" (eliminazione) o "phase down" (riduzione) dei combustibili fossili. La piccola differenza ha una rilevanza centrale, dato che il testo non è una legge o un contratto internazionale, ma segna l'indirizzo politico comune. Alla fine si è arrivati a un compromesso con il termine "transitioning away", ovvero applicare una transizione dai combustibili fossili presenti nei sistemi energetici.
L'accordo unanime, faticosamente raggiunto, getta le basi per la fine dell'era di carbone, petrolio e gas già a partire da questa decade, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica (Net Zero) nel 2050. Tutti gli stati sono chiamati a contribuire, su fasce temporali diverse, determinate dalle circostanze nazionali, per triplicare la capacità di produzione delle energie rinnovabili e duplicare gli sforzi per l'efficienza energetica.
Il testo finale della COP28 afferma inoltre che nell'ultimo decennio queste tecnologie "sono diventate sempre più disponibili" e che i costi "sono diminuiti costantemente grazie ai progressi tecnologici, alle economie di scala, all'aumento dell'efficienza e ai progressi tecnologici e alla razionalizzazione dei processi di produzione". Inoltre, a latere, è stata firmata una dichiarazione congiunta di impegno tra 22 Paesi (tra cui Stati Uniti, Giappone, Francia e Canada) per triplicare la produzione di energia nucleare entro il 2050.
Critiche sull'accordo non abbastanza vincolante sono arrivate dal gruppo delle piccole nazioni insulari (AOSIS), tra le più minacciate, e dall'Unione Europea, che si è presentata al vertice a nome di tutti e 27 i paesi. L'UE vuole essere un esempio su come fare una transizione completa dal fossile, grazie ai piani "Fit to 55" e "Green Deal".
Per fare di più, è necessario essere più attivi e non perdere fiducia nei processi diplomatici. Bisogna far sentire la propria voce, chiedere un maggiore impegno per salvaguardare tutte le fasce della società umana in tutto il globo e impegnarsi su tutti i livelli, dal locale al nazionale ed europeo, fino ad arrivare alla COP. Speriamo che questo primo passo globale verso l'abbandono dei combustibili fossili porti a maggiori impegni da parte di nazioni e aziende in vista del prossimo anno a Baku, un altro paese grande esportatore di combustibili fossili.
Oltre alla 28ª Conferenza delle Parti dell'UNFCCC (COP28), l'evento ha incluso anche la 18ª Conferenza delle Parti del Protocollo di Kyoto (CMP18) e la 5ª Conferenza delle Parti dell'Accordo di Parigi (CMA5).
La COP è una conferenza a cui sono invitate tutte le "parti", non solo gli stati nazionali, ma anche attivisti, rappresentanti della società civile, come sindacati e associazioni di categoria. Diverse associazioni giovanili, centri di ricerca e università da tutto il mondo, così come aziende e il mondo delle imprese, in particolare quelle energetiche, partecipano attraverso i lobbisti. A questa edizione, i lobbisti collegati ai combustibili fossili hanno raggiunto la presenza record di almeno 2.456, rispetto ai 636 della COP27 del 2022.
Nonostante le preoccupazioni sulla COP, questa rappresenta l'unico momento annuale in cui queste diverse voci possono discutere insieme di un problema che mette in crisi l'intera civiltà umana e richiede uno sforzo congiunto. Per raggiungere questo obiettivo, c'è un meccanismo di rotazione del paese ospitante, che guida anche l'agenda dei lavori. Quest'anno, il paese ospitante è un importante produttore di combustibili fossili, che ha basato il suo sviluppo economico su tali risorse.
Il presidente designato è il delegato degli Emirati Arabi Uniti per il clima, Sultan Ahmed al-Jaber, che è anche ministro dell'industria e delle tecnologie avanzate e presidente di Masdar (azienda di stato sulle energie rinnovabili). Tuttavia, è anche il capo della Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC), la più grande e potente azienda di stato emiratina, che continua a investire per aumentare la produzione di petrolio, compresi progetti a lungo termine.
Questo contrasto di interessi è emerso prima dell'inizio dei lavori, quando un'inchiesta della BBC ha rivelato che, durante i colloqui a margine della Conferenza, Al Jaber avrebbe cercato di stringere accordi commerciali per nuove forniture di petrolio. Inoltre, The Guardian ha pubblicato la registrazione di un audio in cui il presidente negava la necessità di eliminare i combustibili fossili per affrontare la crisi climatica (frasi poi in parte ritrattate).
A sorpresa, però, il primo giorno si è aperto con una buona notizia: è stato reso operativo il Fondo perdite e danni approvato alla COP27 di Sharm el-Sheikh, volto a riparare i danni subiti dai paesi più poveri a causa del cambiamento climatico. Tuttavia, l'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente) stima che siano necessari tra i 215 e i 387 miliardi di dollari all'anno a favore dei paesi in via di sviluppo, lontani dagli attuali fondi promessi.
Date queste condizioni di partenza negative, c'erano poche speranze di raggiungere un testo finale coraggioso che impegnasse realmente nell'affrontare l'emergenza. Il dibattito sul testo si è arenato nello scontro su due espressioni simili ma dal significato politico molto diverso: "phase out" (eliminazione) o "phase down" (riduzione) dei combustibili fossili. La piccola differenza ha una rilevanza centrale, dato che il testo non è una legge o un contratto internazionale, ma segna l'indirizzo politico comune. Alla fine si è arrivati a un compromesso con il termine "transitioning away", ovvero applicare una transizione dai combustibili fossili presenti nei sistemi energetici.
L'accordo unanime, faticosamente raggiunto, getta le basi per la fine dell'era di carbone, petrolio e gas già a partire da questa decade, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica (Net Zero) nel 2050. Tutti gli stati sono chiamati a contribuire, su fasce temporali diverse, determinate dalle circostanze nazionali, per triplicare la capacità di produzione delle energie rinnovabili e duplicare gli sforzi per l'efficienza energetica.
Il testo finale della COP28 afferma inoltre che nell'ultimo decennio queste tecnologie "sono diventate sempre più disponibili" e che i costi "sono diminuiti costantemente grazie ai progressi tecnologici, alle economie di scala, all'aumento dell'efficienza e ai progressi tecnologici e alla razionalizzazione dei processi di produzione". Inoltre, a latere, è stata firmata una dichiarazione congiunta di impegno tra 22 Paesi (tra cui Stati Uniti, Giappone, Francia e Canada) per triplicare la produzione di energia nucleare entro il 2050.
Critiche sull'accordo non abbastanza vincolante sono arrivate dal gruppo delle piccole nazioni insulari (AOSIS), tra le più minacciate, e dall'Unione Europea, che si è presentata al vertice a nome di tutti e 27 i paesi. L'UE vuole essere un esempio su come fare una transizione completa dal fossile, grazie ai piani "Fit to 55" e "Green Deal".
Per fare di più, è necessario essere più attivi e non perdere fiducia nei processi diplomatici. Bisogna far sentire la propria voce, chiedere un maggiore impegno per salvaguardare tutte le fasce della società umana in tutto il globo e impegnarsi su tutti i livelli, dal locale al nazionale ed europeo, fino ad arrivare alla COP. Speriamo che questo primo passo globale verso l'abbandono dei combustibili fossili porti a maggiori impegni da parte di nazioni e aziende in vista del prossimo anno a Baku, un altro paese grande esportatore di combustibili fossili.