Ferito a colpi di pistola per evitare lo spaccio: «Ora sono stato lasciato solo»

Savio racconta la sua storia a distanza di 5 anni dal ferimento

venerdì 8 ottobre 2021 10.20
A cura di Giuseppe Di Bisceglie
Ridotto in fin di vita dagli spacciatori che aveva voluto cacciare via dal locale di Bisceglie per il quale lavorava come bodyguard. Una terribile esperienza, quella vissuta da Savio Caccavo, cinque anni fa e di cui ancora oggi porta i segni.

A ripercorrere quei drammatici momenti è stato lo stesso Savio, ai microfoni di Fanpage. Era il 12 agosto del 2016. Savio stava lavorando, come spesso accadeva, per uno dei locali della movida biscegliese, affollatissimo a ridosso del ferragosto. Aveva notato già da alcuni giorni un movimento sospetto di ragazzi, intenti allo spaccio e li aveva allontanati. Quella sera però, quando Savio uscì per un controllo, i ragazzi erano lì che lo aspettavano. «Non ho sentito più niente, solo i colpi d'arma da fuoco. Mi sono ritrovato in ospedale» racconta Savio ai microfoni di Daniele Balestrieri.

Le sue condizioni apparvero subito gravi. Era stato raggiunto da 4 colpi d'arma da fuoco che lo colpirono al polmone, all'intestino, al nervo della gamba sinistra e al fegato. Savio andò in coma. «Colpi che mi hanno provocato danni permanenti» racconta Savio. Per camminare indossa infatti un tutore ed ha problemi nella respirazione.

Tante le attestazioni di solidarietà al suo indirizzo, poco dopo l'agguato. Alcuni lo definirono "eroe". A distanza di cinque anni da quel drammatico episodio, però, in molti si sono dimenticati di Savio.
«Da quel giorno la mia vita è cambiata totalmente. Non ho più trovato lavoro e non riesco a trovarlo. C'è stato un processo, ci sono state delle condanne ma io non ho avuto alcun risarcimento. Nessuno mi ha aiutato» racconta molto dignitosamente Savio.
«Vivo di una rendita di 500 euro al mese derivante dall'invalidità e non posso mantenere la mia famiglia. Il mio appello alle istituzioni è quello di non dimenticarmi. Rifarei ciò che ho fatto ma vorrei che qualcuno mi dia una mano per riconquistare la mia libertà, il mio orgoglio, e per evitare che questa mia condizione si ripercuota su mio figlio» dice Savio.

L'appello è rivolto a chiunque possa offrire a Savio una collocazione lavorativa che, pur tenendo conto della sua disabilità, possa far tesoro delle sue abilità, del suo coraggio e dei suoi principi.

Foto: FanPage.it