"Fare Sistema Oltre l'Accoglienza"
Tre esperti della solidarietà sociale in dialogo
mercoledì 1 marzo 2017
13.05
Venerdì pomeriggio nella biblioteca comunale di Corato si è tornati a parlare di "Fare Sistema Oltre l'Accoglienza".
Imprenditori, referenti di associazioni operanti sul territorio, rappresentanti delle istituzioni e famiglie sensibili al tema, hanno accolto l'invito del Rotary Club di Corato e della Fondazione Vincenzo Casillo ad approfondire il progetto pilota partito in Sicilia che, creando una rete tra famiglie ed imprese, è finalizzato alla migliore integrazione di giovani italiani e stranieri che vivono situazioni di disagio sociale.
Ad animare la serata tre esperti nell'ambito della solidarietà sociale.
Katiuscia Carnà, mediatrice culturale che collabora con l'ONG "Azioni per un Mondo Unito" in progetti di educazione allo sviluppo e intercultura, ha spiegato, dati alla mano, che la metà del milione di persone sbarcate sulle nostre coste nel 2015 sono provenienti dalla Siria. Quindi chi arriva lo fa per fuggire dalla guerra e dalle persecuzioni e non può essere rimpatriato. Ha poi illustrato come la popolazione italiana sia cambiata negli ultimi anni, e come questo abbia cambiato, arricchendola, la sua distribuzione culturale e religiosa. Ha infine osservato quanto i luoghi di culto sono e possono sempre più divenire un punto di incontro tra le diverse culture e religioni, ed ha indicato alcuni spazi nei quali si professano religioni diverse dalla fede cristiana in Puglia.
Francesco Tortorella, responsabile del settore progetti di cooperazione internazionale dell'ONG "Azione per un Mondo Unito" per la quale ha seguito sul campo progetti di cooperazioni allo sviluppo in Europa, Africa, America Latina e Medio Oriente, ha spiegato perché il progetto siciliano è nato per supportare i minori stranieri non accompagnati. Questi minori sono spediti dalle loro famiglie, spesso a costo di enormi sacrifici, perché possano avere un futuro diverso. Nel 2016 sono approdati sulle nostre coste ben 26.000 minori di cui l'80% ha tra i 16 e 18 anni e di questi il 40% è ospitato in Sicilia. Dopo lo sbarco, ben 7.000 non sono più rintracciabili ed altri 3.000 si perdono dalla nave alla questura per finire sicuramente nelle maglie delle organizzazioni criminali. Dopo i 18 anni questi ragazzi perdono tutti i diritti precedentemente acquisiti come minorenni e diventano irregolari.
Il progetto in corso in Sicilia portato avanti dall'AMU con la Coop. Fo.Co. e Afn Onlus, ha previsto per circa 50 di loro, scelti insieme a coetanei italiani che vivono ugualmente situazioni di disagio sociale ed abbandono, corsi di formazione professionale molto rapidi e la possibilità di un inserimento lavorativo. Nel 2016 questi ragazzi sono stati supportati da una rete di 20 famiglie per un'accoglienza temporanea, poiché quando un ragazzo lascia un centro d'accoglienza, non ha più alcun riferimento, e patisce ancora di più la lontananza dai suoi cari. A supporto della rete di sostegno delle famiglie, é stata creata inoltre un equipe di esperti (un avvocato esperto di diritto dell'immigrazione, una mediatrice culturale, degli psicologi e dei tutor).
Valeria Lobello si occupa del coordinamento nazionale del progetto siciliano e, dopo aver riportato l'esperienza di una famiglia che ha ospitato un giovane, ha sottolineato come sia necessario un coordinamento tra famiglie ed imprese del territorio nel quale si intende avviare il progetto per poter mappare i fabbisogni lavorativi ed individuare i giovani italiani e stranieri che maggiormente patiscono una situazione di disagio pur essendo potenzialmente un'ottima risorsa per il nostro territorio.
Certamente questo progetto non può rispondere all'enorme richiesta di aiuto dei giovani che patiscono questa situazione di emarginazione, ma la Fondazione Vincenzo Casillo ed il Rotary Club di Corato hanno individuato in questa proposta una "buona prassi" che può, insieme a quanto già fanno tante realtà operanti nel terzo settore e lo stato italiano prevede per i rifugiati arrivati in Italia, contribuire a dare un'opportunità di lavoro e d'inserimento sociale di cui questi giovani possano avvalersi restando in Europa o magari, in tempi migliori, rientrando nei loro paesi. Alla fine della serata coinvolgendo i presenti è stata espressa l'intenzione di creare una rete di imprese, famiglie e persone interessate affinché questo progetto possa essere avviato presto in Puglia. La Fondazione Vincenzo Casillo e il Rotary Club di Corato sono disponibili a qualsiasi collaborazione in tal senso, ed invitano tutti coloro che ritengano di poter dare un contributo a contattarli attraverso i loro canali.
Imprenditori, referenti di associazioni operanti sul territorio, rappresentanti delle istituzioni e famiglie sensibili al tema, hanno accolto l'invito del Rotary Club di Corato e della Fondazione Vincenzo Casillo ad approfondire il progetto pilota partito in Sicilia che, creando una rete tra famiglie ed imprese, è finalizzato alla migliore integrazione di giovani italiani e stranieri che vivono situazioni di disagio sociale.
Ad animare la serata tre esperti nell'ambito della solidarietà sociale.
Katiuscia Carnà, mediatrice culturale che collabora con l'ONG "Azioni per un Mondo Unito" in progetti di educazione allo sviluppo e intercultura, ha spiegato, dati alla mano, che la metà del milione di persone sbarcate sulle nostre coste nel 2015 sono provenienti dalla Siria. Quindi chi arriva lo fa per fuggire dalla guerra e dalle persecuzioni e non può essere rimpatriato. Ha poi illustrato come la popolazione italiana sia cambiata negli ultimi anni, e come questo abbia cambiato, arricchendola, la sua distribuzione culturale e religiosa. Ha infine osservato quanto i luoghi di culto sono e possono sempre più divenire un punto di incontro tra le diverse culture e religioni, ed ha indicato alcuni spazi nei quali si professano religioni diverse dalla fede cristiana in Puglia.
Francesco Tortorella, responsabile del settore progetti di cooperazione internazionale dell'ONG "Azione per un Mondo Unito" per la quale ha seguito sul campo progetti di cooperazioni allo sviluppo in Europa, Africa, America Latina e Medio Oriente, ha spiegato perché il progetto siciliano è nato per supportare i minori stranieri non accompagnati. Questi minori sono spediti dalle loro famiglie, spesso a costo di enormi sacrifici, perché possano avere un futuro diverso. Nel 2016 sono approdati sulle nostre coste ben 26.000 minori di cui l'80% ha tra i 16 e 18 anni e di questi il 40% è ospitato in Sicilia. Dopo lo sbarco, ben 7.000 non sono più rintracciabili ed altri 3.000 si perdono dalla nave alla questura per finire sicuramente nelle maglie delle organizzazioni criminali. Dopo i 18 anni questi ragazzi perdono tutti i diritti precedentemente acquisiti come minorenni e diventano irregolari.
Il progetto in corso in Sicilia portato avanti dall'AMU con la Coop. Fo.Co. e Afn Onlus, ha previsto per circa 50 di loro, scelti insieme a coetanei italiani che vivono ugualmente situazioni di disagio sociale ed abbandono, corsi di formazione professionale molto rapidi e la possibilità di un inserimento lavorativo. Nel 2016 questi ragazzi sono stati supportati da una rete di 20 famiglie per un'accoglienza temporanea, poiché quando un ragazzo lascia un centro d'accoglienza, non ha più alcun riferimento, e patisce ancora di più la lontananza dai suoi cari. A supporto della rete di sostegno delle famiglie, é stata creata inoltre un equipe di esperti (un avvocato esperto di diritto dell'immigrazione, una mediatrice culturale, degli psicologi e dei tutor).
Valeria Lobello si occupa del coordinamento nazionale del progetto siciliano e, dopo aver riportato l'esperienza di una famiglia che ha ospitato un giovane, ha sottolineato come sia necessario un coordinamento tra famiglie ed imprese del territorio nel quale si intende avviare il progetto per poter mappare i fabbisogni lavorativi ed individuare i giovani italiani e stranieri che maggiormente patiscono una situazione di disagio pur essendo potenzialmente un'ottima risorsa per il nostro territorio.
Certamente questo progetto non può rispondere all'enorme richiesta di aiuto dei giovani che patiscono questa situazione di emarginazione, ma la Fondazione Vincenzo Casillo ed il Rotary Club di Corato hanno individuato in questa proposta una "buona prassi" che può, insieme a quanto già fanno tante realtà operanti nel terzo settore e lo stato italiano prevede per i rifugiati arrivati in Italia, contribuire a dare un'opportunità di lavoro e d'inserimento sociale di cui questi giovani possano avvalersi restando in Europa o magari, in tempi migliori, rientrando nei loro paesi. Alla fine della serata coinvolgendo i presenti è stata espressa l'intenzione di creare una rete di imprese, famiglie e persone interessate affinché questo progetto possa essere avviato presto in Puglia. La Fondazione Vincenzo Casillo e il Rotary Club di Corato sono disponibili a qualsiasi collaborazione in tal senso, ed invitano tutti coloro che ritengano di poter dare un contributo a contattarli attraverso i loro canali.