Fa rumore la protesta silenziosa dei parrucchieri di Corato: «Lasciateci lavorare»
Attività aperte a mezza serranda per manifestare contro le chiusure imposte dal Governo
mercoledì 7 aprile 2021
13.04
Hanno protestato alla chiusura imposta dalle restrizioni riguardanti la zona rossa imposte dal Governo senza manifestazioni in piazza ma compiendo un gesto quotidiano di cui sono stati privati: riaprire le serrande e le porte dei loro saloni di bellezza.
È la protesta pacifica e silenziosa dei parrucchieri che però urlano a gran voce la loro necessità di riaprire le attività e tornare a lavorare, di vedersi rispettati nella dignità e nel loro diritto al lavoro. Anche i professionisti della bellezza di Corato hanno voluto manifestare così le loro difficoltà ed esprimere le loro ragioni, con l'iniziativa #ioapro.
"Abbandonati e uccisi dallo stato, abbiamo il diritto di lavorare come gli altri" riportano i manifesti affissi sulle loro vetrine. Fra lo stupore di alcuni passanti che si fermavano a chiedere se fossero finalmente riaperti al pubblico e la solidarietà dei clienti e del sindaco De Benedittis che ha voluto manifestare la sua vicinanza, i parrucchieri da donna e da uomo di Corato si dicono vessati e presi in giro dalle normative vigenti.
Cosa si aspettano di ottenere con questa protesta? «Il nostro è un gesto simbolico, sappiamo che non ci porterà a riaprire domani e sappiamo anche che dovremo aspettare ancora molto per ricevere risposte, anzi, chissà se ci faranno riaprire dopo il 20 aprile o se dovremo attendere maggio. Ma le nostre attività sono la nostra vita, sono essenziali per noi e sono fra le attività più sicure» - dicono all'unisono, raccontando tutte le operazioni e le spese affrontate per l'adeguamento ai protocolli.
«Migliaia gli euro spesi per riaprire in sicurezza dopo il primo lockdown, oltre a tutte le scrupolose attenzioni che abbiamo sempre avuto quotidianamente. Igienizziamo gli ambienti ogni giorno, igienizziamo tutti gli strumenti ad ogni cambio di cliente, lavoriamo bardati di mascherine, visiere, guanti. Inoltre, lavoriamo da anni su appuntamento e quindi il rischio di assembramento nei nostri saloni non sussisteva già da prima della pandemia, eppure abbiamo ridimensionato anche gli spazi e le prenotazioni. Ai clienti forniamo kit di sicurezza, igienizzante, misuriamo la temperatura e teniamo un registro dettagliato di tutti i clienti al fine di consentire un eventuale tracciamento. Le nostre attività sono sicure, non c'è alcun motivo per cui dovremmo essere penalizzati assieme ad una manciata di categorie, dalla ristorazione allo spettacolo».
Quello che non comprendono e non accettano è proprio la chiusura sancita dal Governo solo per saloni di bellezza e centri estetici, negozi di calzature e abbigliamento, ristorazione e palestre, oltre ai luoghi di cultura e spettacolo. «Se siamo in zona rossa evidentemente è perchè c'è un elevato rischio di contagio, ma allora avrebbe avuto molto più senso un lockdown totale come avvenuto per la prima ondata. Sarebbe stato pienamente comprensibile, in virtù della tutela della salute pubblica. Ma questa misura non ha senso, è un liberi tutti tranne per noi. Ci sentiamo presi in giro e totalmente ignorati».
Ricevuti dal sindaco la scorsa settimana, i disagi e le richieste dei professionisti della bellezza (parrucchieri ed estetisti) sono state poste all'attenzione da parte di De Benedittis, del Sindaco della Città Metropolitana di Bari e Presidente Anci, Antonio Decaro e del Prefetto di Bari, dott.ssa Antonia Bellomo.
Ieri se ne è discusso anche in giunta regionale con l'attenzione posta sull'argomento dal vicepresidente del Consiglio regionale e consigliere regionale Giannicola De Leonardis che ha ribadito come, sia pur considerata la gravità della situazione pandemica in Puglia, «il perdurare di determinate restrizioni appare comunque ingiustificato e penalizzante per categorie come parrucchieri e barbieri, i quali si sono adeguati alle direttive imposte per la riapertura conseguente al primo lockdown e hanno svolto per tanti mesi e continuavano a svolgere la propria attività in piena sicurezza. Non risultano, contagi o focolai in questo ambito - ribadiva De Leonardis - perché allora mettere in ginocchio tanti professionisti?». È la stessa domanda che si pongono i parrucchieri di Corato, beffati anche dall'assenza di ristori e da misure di agevolazione fiscale «inaccessibili e inadeguate».
In attesa che se ne discuta in sede di Conferenza Stato-Regioni, questi professionisti chiedono soltanto di poter lavorare, disposti ad accettare l'adeguamento a nuovi protocolli, ma «non possiamo tollerare ancora altri giorni e settimane di chiusura. Siamo in difficoltà, lavorare è un'esigenza e sappiamo di dover anche far fronte alle conseguenze di questa nuova chiusura provocate dalla diffusione del lavoro in nero che ci penalizza ulteriormente sottraendoci clienti, oltre ad aumentare il rischio potenziale di contagio».
È la protesta pacifica e silenziosa dei parrucchieri che però urlano a gran voce la loro necessità di riaprire le attività e tornare a lavorare, di vedersi rispettati nella dignità e nel loro diritto al lavoro. Anche i professionisti della bellezza di Corato hanno voluto manifestare così le loro difficoltà ed esprimere le loro ragioni, con l'iniziativa #ioapro.
"Abbandonati e uccisi dallo stato, abbiamo il diritto di lavorare come gli altri" riportano i manifesti affissi sulle loro vetrine. Fra lo stupore di alcuni passanti che si fermavano a chiedere se fossero finalmente riaperti al pubblico e la solidarietà dei clienti e del sindaco De Benedittis che ha voluto manifestare la sua vicinanza, i parrucchieri da donna e da uomo di Corato si dicono vessati e presi in giro dalle normative vigenti.
Cosa si aspettano di ottenere con questa protesta? «Il nostro è un gesto simbolico, sappiamo che non ci porterà a riaprire domani e sappiamo anche che dovremo aspettare ancora molto per ricevere risposte, anzi, chissà se ci faranno riaprire dopo il 20 aprile o se dovremo attendere maggio. Ma le nostre attività sono la nostra vita, sono essenziali per noi e sono fra le attività più sicure» - dicono all'unisono, raccontando tutte le operazioni e le spese affrontate per l'adeguamento ai protocolli.
«Migliaia gli euro spesi per riaprire in sicurezza dopo il primo lockdown, oltre a tutte le scrupolose attenzioni che abbiamo sempre avuto quotidianamente. Igienizziamo gli ambienti ogni giorno, igienizziamo tutti gli strumenti ad ogni cambio di cliente, lavoriamo bardati di mascherine, visiere, guanti. Inoltre, lavoriamo da anni su appuntamento e quindi il rischio di assembramento nei nostri saloni non sussisteva già da prima della pandemia, eppure abbiamo ridimensionato anche gli spazi e le prenotazioni. Ai clienti forniamo kit di sicurezza, igienizzante, misuriamo la temperatura e teniamo un registro dettagliato di tutti i clienti al fine di consentire un eventuale tracciamento. Le nostre attività sono sicure, non c'è alcun motivo per cui dovremmo essere penalizzati assieme ad una manciata di categorie, dalla ristorazione allo spettacolo».
Quello che non comprendono e non accettano è proprio la chiusura sancita dal Governo solo per saloni di bellezza e centri estetici, negozi di calzature e abbigliamento, ristorazione e palestre, oltre ai luoghi di cultura e spettacolo. «Se siamo in zona rossa evidentemente è perchè c'è un elevato rischio di contagio, ma allora avrebbe avuto molto più senso un lockdown totale come avvenuto per la prima ondata. Sarebbe stato pienamente comprensibile, in virtù della tutela della salute pubblica. Ma questa misura non ha senso, è un liberi tutti tranne per noi. Ci sentiamo presi in giro e totalmente ignorati».
Ricevuti dal sindaco la scorsa settimana, i disagi e le richieste dei professionisti della bellezza (parrucchieri ed estetisti) sono state poste all'attenzione da parte di De Benedittis, del Sindaco della Città Metropolitana di Bari e Presidente Anci, Antonio Decaro e del Prefetto di Bari, dott.ssa Antonia Bellomo.
Ieri se ne è discusso anche in giunta regionale con l'attenzione posta sull'argomento dal vicepresidente del Consiglio regionale e consigliere regionale Giannicola De Leonardis che ha ribadito come, sia pur considerata la gravità della situazione pandemica in Puglia, «il perdurare di determinate restrizioni appare comunque ingiustificato e penalizzante per categorie come parrucchieri e barbieri, i quali si sono adeguati alle direttive imposte per la riapertura conseguente al primo lockdown e hanno svolto per tanti mesi e continuavano a svolgere la propria attività in piena sicurezza. Non risultano, contagi o focolai in questo ambito - ribadiva De Leonardis - perché allora mettere in ginocchio tanti professionisti?». È la stessa domanda che si pongono i parrucchieri di Corato, beffati anche dall'assenza di ristori e da misure di agevolazione fiscale «inaccessibili e inadeguate».
In attesa che se ne discuta in sede di Conferenza Stato-Regioni, questi professionisti chiedono soltanto di poter lavorare, disposti ad accettare l'adeguamento a nuovi protocolli, ma «non possiamo tollerare ancora altri giorni e settimane di chiusura. Siamo in difficoltà, lavorare è un'esigenza e sappiamo di dover anche far fronte alle conseguenze di questa nuova chiusura provocate dalla diffusione del lavoro in nero che ci penalizza ulteriormente sottraendoci clienti, oltre ad aumentare il rischio potenziale di contagio».