Disastro Ferroviario, i giudici motivano l'assoluzione d Elena Molinaro
Il legale della funzionaria: «Plurime responsabilità vanno ricercate altrove»
giovedì 16 aprile 2020
In attesa che riprenda il processo a carico di 18 imputati per il disastro della Ferrotramviaria – prossima udienza il 3 giugno – giungono le motivazioni per cui a gennaio il giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Trani Lucia Anna Altamura ha assolto con formula piena, "per non aver commesso il fatto", il dirigente del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Elena Molinaro dalle accuse per l'incidente ferroviario della vecchia Bari Nord.
Il 12 luglio 2016 nella tratta Corato-Andria per lo scontro frontale di 2 convogli che viaggiavano su binario unico regolato dal sistema del blocco telefonico ci furono 23 morti e 51 feriti.
Venitrè pagine in cui, a conclusione del rito abbreviato, il gup motiva che alla dirigente del MIT (direttrice della quinta divisione) «non potevano esser ricondotti, poiché non spettanti, i compiti relativi alla possibilità di procedere all'adozione di provvedimenti di coordinamento dell'attività degli Uffici Speciali Trasporti ad Impianti Fissi, nonché alla possibilità di effettuare operazioni di verifica e controllo sull'operato dei gestori delle ferrovie secondarie, oltre che di analisi del rischio connesso alla circolazione in regime di blocco telefonico».
Ed ancora: «La Molinaro aveva cessato di esser competente sulla materia quantomeno dal 14 gennaio 2010, per cui non potevano ricondursi a lei normative chiaramente riferibili ad un periodo successivo. Ancorchè le diverse divisioni (del MIT) fossero chiamate ad agire in sinergia tra loro, competeva specificamente alla Divisione 1, l'attività di coordinamento degli Ustif».
La Procura aveva chiesto che la Molinaro fosse condannata a 5 anni di reclusione. Ma il gup ha evidenziato le conclusioni dell'informativa della polizia giudiziaria in cui «le specifiche condotte di cui al capo d'imputazione della Molinaro, venivano, invece, ad esser appositamente ed esplicitamente addebitate ad altro soggetto, coimputato». Chiosa del gup: «Quantunque non sia da escludersi che un diverso e più attivo comportamento della Molinaro nel periodo, cronologicamente limitato, di sua dirigenza della divisione competente in materia di ferrovie secondarie avrebbe potuto consentire una differente situazione alla data dell'incidente, tuttavia la contestazione accusatoria risulta esser stata formulata ed articolata non riferendosi in modo diretto a condotte ascrivibili all'imputata, dovendosi, per l'effetto, pervenire alla conclusione assolutoria per il principio di non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato».
Per il legale della Molinaro, l'avvocato Maurizio Sasso: «Fin dall'inizio dell'indagine l'ing. Molinaro ha fornito ogni possibile collaborazione agli organi inquirenti, chiarendo i vari aspetti della complessa normativa tecnica di settore, nonché la sua assoluta estraneità ad ogni addebito, per essersi occupata di ferrovie secondarie nel periodo compreso tra maggio 2008 e gennaio 2010: ossia 6 anni prima dell'incidente della Ferrotarmviaria. È intuibile – prosegue il difensore – che un simile processo è chiamato anche a soddisfare la sete di giustizia di tutti i familiari delle vittime del disastro che giustamente continuano a porsi domande meritevoli di trovare risposte sulle singole e plurime responsabilità di quelle morti. A loro è rivolta tutta la solidarietà ed il cordoglio per un dolore che ha investito tutta la nostra comunità. Le plurime responsabilità, esistenti, vanno ricercate altrove».
Il 12 luglio 2016 nella tratta Corato-Andria per lo scontro frontale di 2 convogli che viaggiavano su binario unico regolato dal sistema del blocco telefonico ci furono 23 morti e 51 feriti.
Venitrè pagine in cui, a conclusione del rito abbreviato, il gup motiva che alla dirigente del MIT (direttrice della quinta divisione) «non potevano esser ricondotti, poiché non spettanti, i compiti relativi alla possibilità di procedere all'adozione di provvedimenti di coordinamento dell'attività degli Uffici Speciali Trasporti ad Impianti Fissi, nonché alla possibilità di effettuare operazioni di verifica e controllo sull'operato dei gestori delle ferrovie secondarie, oltre che di analisi del rischio connesso alla circolazione in regime di blocco telefonico».
Ed ancora: «La Molinaro aveva cessato di esser competente sulla materia quantomeno dal 14 gennaio 2010, per cui non potevano ricondursi a lei normative chiaramente riferibili ad un periodo successivo. Ancorchè le diverse divisioni (del MIT) fossero chiamate ad agire in sinergia tra loro, competeva specificamente alla Divisione 1, l'attività di coordinamento degli Ustif».
La Procura aveva chiesto che la Molinaro fosse condannata a 5 anni di reclusione. Ma il gup ha evidenziato le conclusioni dell'informativa della polizia giudiziaria in cui «le specifiche condotte di cui al capo d'imputazione della Molinaro, venivano, invece, ad esser appositamente ed esplicitamente addebitate ad altro soggetto, coimputato». Chiosa del gup: «Quantunque non sia da escludersi che un diverso e più attivo comportamento della Molinaro nel periodo, cronologicamente limitato, di sua dirigenza della divisione competente in materia di ferrovie secondarie avrebbe potuto consentire una differente situazione alla data dell'incidente, tuttavia la contestazione accusatoria risulta esser stata formulata ed articolata non riferendosi in modo diretto a condotte ascrivibili all'imputata, dovendosi, per l'effetto, pervenire alla conclusione assolutoria per il principio di non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato».
Per il legale della Molinaro, l'avvocato Maurizio Sasso: «Fin dall'inizio dell'indagine l'ing. Molinaro ha fornito ogni possibile collaborazione agli organi inquirenti, chiarendo i vari aspetti della complessa normativa tecnica di settore, nonché la sua assoluta estraneità ad ogni addebito, per essersi occupata di ferrovie secondarie nel periodo compreso tra maggio 2008 e gennaio 2010: ossia 6 anni prima dell'incidente della Ferrotarmviaria. È intuibile – prosegue il difensore – che un simile processo è chiamato anche a soddisfare la sete di giustizia di tutti i familiari delle vittime del disastro che giustamente continuano a porsi domande meritevoli di trovare risposte sulle singole e plurime responsabilità di quelle morti. A loro è rivolta tutta la solidarietà ed il cordoglio per un dolore che ha investito tutta la nostra comunità. Le plurime responsabilità, esistenti, vanno ricercate altrove».